Si avvicina il tempo per i giovani diplomati di iscriversi ad uno dei Corsi di Laurea proposti dagli Atenei campani. Non per tutti l’iscrizione è automatica, al contrario sono sempre di più i Corsi per i quali è previsto il numero programmato. Ogni anno, così, ad ottobre si inizia a parlare di ricorsi e cresce il malumore tra gli studenti che vedono gli sbarramenti come uno strumento iniquo. “Anche da noi, lo scorso anno, molti ragazzi hanno fatto ricorso – spiega il prof. Francesco Palumbo, Coordinatore dei Corsi di studio Triennale e Magistrale in Psicologia della Federico II – In quel caso si trattò di un grave errore della società a cui ci affidammo per la gestione dei test, la quale pubblicò una lista dei nomi di ammessi, risultata essere completamente errata. Fu corretta appena ci accorgemmo dell’errore, ma ormai il danno era fatto. I ragazzi esclusi hanno poi presentato ricorso e siamo in attesa della sentenza”. Questioni come questa non fanno che mettere carne su un fuoco che già brucia ardentemente e per il quale il prof. Palumbo vorrebbe fare da pompiere: le istituzioni universitarie non vogliono, infatti, che si crei una frattura tra studenti e docenti. “In un’ottica di trasparenza e serenità è bene fare più luce possibile sulla questione e spiegare ai ragazzi le motivazioni legislative e pratiche che stanno dietro queste programmazioni di ingressi”. “L’accesso programmato ai Corsi di studio universitari, com’è noto, – continua a spiegare il docente – è regolato dalla legge 2 agosto 1999, n. 264. La norma impone e disciplina la così detta programmazione nazionale per alcuni Corsi (Medicina, Medicina Veterinaria, Professioni sanitarie e Architettura) e lascia agli Atenei la possibilità di fissare una programmazione, così detta locale, per quei Corsi che prevedono alcune particolari specificità nell’erogazione della didattica”.
1.000 domande per 250 posti
Così, anche per la Triennale di Scienze e Tecniche psicologiche verrà presto pubblicato il bando, che dovrebbe prevedere 250 posti come lo scorso anno per i quali arrivano circa 1.000 domande. “Negli anni passati la questione del ‘numero chiuso’, che sarebbe più opportuno chiamare numero programmato, per sottolineare che si tratta di una scelta frutto di una programmazione, ha sollevato non poche proteste da parte degli aspiranti. Gli studenti, appellandosi all’art. 34 della Costituzione della Repubblica, rivendicano che il numero programmato rappresenta
una limitazione ‘grave’ del diritto allo studio. Va chiarito, però, che la formulazione dell’art. 34 distingue fra l’obbligo all’istruzione e il diritto allo studio specificando che la Repubblica ha il compito di rendere obbligatoria per tutti, e per almeno otto anni, la prima, e favorire i ‘capaci e meritevoli’, benché privi di mezzi, perché possano accedere ai gradi più alti dell’istruzione. Il confine fra istruzione e studio – aggiunge Palumbo – è vexata quaestio e non
sarà certo questa la sede per affrontarla. Tuttavia, autorevoli e numerosi costituzionalisti sono intervenuti
nel dibattito fornendo un’interpretazione del dettato costituzionale che legittima pienamente gli Atenei nella programmazione degli accessi”. Accanto alla interpretazione del dettato costituzionale, si aggiunge la necessità di fornire agli iscritti i giusti strumenti di studio. “La già richiamata legge 264/99 – ricorda il prof. Palumbo – stabilisce che l’accesso a numero programmato su base locale può essere adottato se l’ordinamento del Corso di studio
prevede alcune specificità, fra cui l’utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati”. Il Corso di studio in Scienze e Tecniche prevede, in effetti, affianca alla didattica tradizionale, anche una didattica laboratoriale, finalizzata a promuovere pratiche partecipative e di co-costruzione del sapere che valorizzano l’apprendimento dello studente e la sua operatività attraverso l’acquisizione di tecniche. “Questo processo richiede una partecipazione attiva dello studente e una funzione del docente in termini non di relatore frontale ma di mediatore delle conoscenze co-costruite dal gruppo di allievi, attraverso un’interazione comunicativa che coinvolga tutti gli iscritti al laboratorio. Appare evidente che una
tale interazione fra docente e allievi si può realizzare solo se il numero di partecipanti è un ‘piccolo gruppo’. laboratori didattici, in altri termini, sono stati pensati per fornire ai futuri psicologi strumenti scientificamente
fondati di revisione del proprio ‘agire spontaneo’ piuttosto che fornire quadri teorico-pratici prescrittivi e direttivi. Le azioni professionali vengono, infatti, modellizzate da prospettive di significato, ovvero quella serie di presupposti a partire dai quali l’esperienza pregressa assimila e trasforma una nuova esperienza”. Scienze e Tecniche Psicologiche offre ai sui studenti diverse possibilità di attività laboratoriali che i ragazzi possono scegliere in base alle loro preferenze, e senza alcuno sbarramento, considerando le mille domande di immatricolazioneche arrivano ogni anno, sarebbe impossibile offrire l’attuale livello di servizi e formazione. Accanto alle già citate, sottolinea inoltre il prof. Palumbo, “esistono molte altre ragioni che contribuiscono a rinforzare il convincimento che la scelta a favore del numero programmato è una scelta di responsabilità da parte dei docenti che insegnano nei Corsi di Psicologia e da parte dell’Ateneo”. È importante che i ragazzi si convincano che si tratta di una scelta fatta non solo nell’interesse degli studenti stessi, ma anche per rispettare quelli che sono i parametri imposti dalla Riforma
Universitaria, e che anche se possono essere contestati vanno però rispettati. Insomma, ‘dura lex, sed lex’. “Il sistema di accreditamento dei Corsi di studio, introdotto con la legge 240/2010, fissa precisi criteri di qualità dei Corsi di studio, stabilendo (in base all’area disciplinare) il numero massimo degli studenti ammissibili per un singolo Corso in funzione dei docenti che v’insegnano e delle strutture disponibili. Un accesso non programmato rischierebbe di compromettere il soddisfacimento dei requisiti di accreditamento. Non meno complesso è il discorso che riguarda la disponibilità degli spazi fisici, che devono essere tali da permettere agli studenti di fruire della didattica nel migliore dei modi – continua – La necessità di un’offerta didattica a numero programmato nell’ambito delle discipline psicologiche evidentemente non è un’esigenza sentita solo dalla Federico II. Praticamente tutti i Corsi della classe delle Scienze e Tecniche Psicologiche (L-24) sono a numero programmato.
A livello nazionale, inoltre, l’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) e la Consulta della Psicologia Accademica, anche recentemente, hanno rappresentato al Ministro la necessità di regolamentare l’accesso ai Corsi di Laurea
in Psicologia su base nazionale, motivando che solo garantendo numeri ragionevoli è possibile assicurare obiettivi didattici e formazione professionalizzante”. In ultimo, ci sono le considerazioni relative all’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. Sebbene il prof. Palumbo tenga a sottolineare come “il nostro dovere è guardare la didattica a 360 gradi, e tutti i relativi campi d’inserimento, dall’intelligenza artificiale all’accoglienza dei migranti”, da parte dell’Ordine professionale degli psicologi c’è, invece, un più specifico interesse in quello che è l’inserimento nella clinica, e così proprio l’Ordine “si è espresso in molte occasioni, affidando dichiarazioni alla stampa nazionale e in occasione di eventi ufficiali, in favore della programmazione degli accessi come strumento per la tutela della qualità della formazione dei futuri psicologici”.
1.000 domande per 250 posti
Così, anche per la Triennale di Scienze e Tecniche psicologiche verrà presto pubblicato il bando, che dovrebbe prevedere 250 posti come lo scorso anno per i quali arrivano circa 1.000 domande. “Negli anni passati la questione del ‘numero chiuso’, che sarebbe più opportuno chiamare numero programmato, per sottolineare che si tratta di una scelta frutto di una programmazione, ha sollevato non poche proteste da parte degli aspiranti. Gli studenti, appellandosi all’art. 34 della Costituzione della Repubblica, rivendicano che il numero programmato rappresenta
una limitazione ‘grave’ del diritto allo studio. Va chiarito, però, che la formulazione dell’art. 34 distingue fra l’obbligo all’istruzione e il diritto allo studio specificando che la Repubblica ha il compito di rendere obbligatoria per tutti, e per almeno otto anni, la prima, e favorire i ‘capaci e meritevoli’, benché privi di mezzi, perché possano accedere ai gradi più alti dell’istruzione. Il confine fra istruzione e studio – aggiunge Palumbo – è vexata quaestio e non
sarà certo questa la sede per affrontarla. Tuttavia, autorevoli e numerosi costituzionalisti sono intervenuti
nel dibattito fornendo un’interpretazione del dettato costituzionale che legittima pienamente gli Atenei nella programmazione degli accessi”. Accanto alla interpretazione del dettato costituzionale, si aggiunge la necessità di fornire agli iscritti i giusti strumenti di studio. “La già richiamata legge 264/99 – ricorda il prof. Palumbo – stabilisce che l’accesso a numero programmato su base locale può essere adottato se l’ordinamento del Corso di studio
prevede alcune specificità, fra cui l’utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati”. Il Corso di studio in Scienze e Tecniche prevede, in effetti, affianca alla didattica tradizionale, anche una didattica laboratoriale, finalizzata a promuovere pratiche partecipative e di co-costruzione del sapere che valorizzano l’apprendimento dello studente e la sua operatività attraverso l’acquisizione di tecniche. “Questo processo richiede una partecipazione attiva dello studente e una funzione del docente in termini non di relatore frontale ma di mediatore delle conoscenze co-costruite dal gruppo di allievi, attraverso un’interazione comunicativa che coinvolga tutti gli iscritti al laboratorio. Appare evidente che una
tale interazione fra docente e allievi si può realizzare solo se il numero di partecipanti è un ‘piccolo gruppo’. laboratori didattici, in altri termini, sono stati pensati per fornire ai futuri psicologi strumenti scientificamente
fondati di revisione del proprio ‘agire spontaneo’ piuttosto che fornire quadri teorico-pratici prescrittivi e direttivi. Le azioni professionali vengono, infatti, modellizzate da prospettive di significato, ovvero quella serie di presupposti a partire dai quali l’esperienza pregressa assimila e trasforma una nuova esperienza”. Scienze e Tecniche Psicologiche offre ai sui studenti diverse possibilità di attività laboratoriali che i ragazzi possono scegliere in base alle loro preferenze, e senza alcuno sbarramento, considerando le mille domande di immatricolazioneche arrivano ogni anno, sarebbe impossibile offrire l’attuale livello di servizi e formazione. Accanto alle già citate, sottolinea inoltre il prof. Palumbo, “esistono molte altre ragioni che contribuiscono a rinforzare il convincimento che la scelta a favore del numero programmato è una scelta di responsabilità da parte dei docenti che insegnano nei Corsi di Psicologia e da parte dell’Ateneo”. È importante che i ragazzi si convincano che si tratta di una scelta fatta non solo nell’interesse degli studenti stessi, ma anche per rispettare quelli che sono i parametri imposti dalla Riforma
Universitaria, e che anche se possono essere contestati vanno però rispettati. Insomma, ‘dura lex, sed lex’. “Il sistema di accreditamento dei Corsi di studio, introdotto con la legge 240/2010, fissa precisi criteri di qualità dei Corsi di studio, stabilendo (in base all’area disciplinare) il numero massimo degli studenti ammissibili per un singolo Corso in funzione dei docenti che v’insegnano e delle strutture disponibili. Un accesso non programmato rischierebbe di compromettere il soddisfacimento dei requisiti di accreditamento. Non meno complesso è il discorso che riguarda la disponibilità degli spazi fisici, che devono essere tali da permettere agli studenti di fruire della didattica nel migliore dei modi – continua – La necessità di un’offerta didattica a numero programmato nell’ambito delle discipline psicologiche evidentemente non è un’esigenza sentita solo dalla Federico II. Praticamente tutti i Corsi della classe delle Scienze e Tecniche Psicologiche (L-24) sono a numero programmato.
A livello nazionale, inoltre, l’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) e la Consulta della Psicologia Accademica, anche recentemente, hanno rappresentato al Ministro la necessità di regolamentare l’accesso ai Corsi di Laurea
in Psicologia su base nazionale, motivando che solo garantendo numeri ragionevoli è possibile assicurare obiettivi didattici e formazione professionalizzante”. In ultimo, ci sono le considerazioni relative all’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. Sebbene il prof. Palumbo tenga a sottolineare come “il nostro dovere è guardare la didattica a 360 gradi, e tutti i relativi campi d’inserimento, dall’intelligenza artificiale all’accoglienza dei migranti”, da parte dell’Ordine professionale degli psicologi c’è, invece, un più specifico interesse in quello che è l’inserimento nella clinica, e così proprio l’Ordine “si è espresso in molte occasioni, affidando dichiarazioni alla stampa nazionale e in occasione di eventi ufficiali, in favore della programmazione degli accessi come strumento per la tutela della qualità della formazione dei futuri psicologici”.







