Ingegneria alle Olimpiadi con il dottorando-marciatore Teodorico Caporaso

Ingegneria va alle Olimpiadi. Grazie a Teodorico Caporaso, ventotto anni, originario di Benevento, dottorando in Ingegneria Industriale presso il Laboratorio IDEAS, Interactive Design and Simulation, sotto la guida dei professori Antonio Lanzotti e Giuseppe Di Gironimo, il vessillo della Federico II sventolerà ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro il prossimo agosto. Con un primato personale sulla 50 km di marcia di tre ore, quarantotto minuti e ventinove secondi, che rappresenta la dodicesima migliore prestazione italiana di sempre e il quinto posto conquistato ai Campionati Mondiali a Squadre disputato a Roma agli inizi di maggio, Caporasosi è aggiudicato il biglietto per il Brasile. Una grande passione, quella per l’Atletica Leggera, in particolare per la Marcia, coltivata fin dai tempi
della scuola, insieme a quella per la scienza, la Fisica e la Matematica in special modo. Il giovane ricercatore
si è avvicinato a questa disciplina frequentando il campo di atletica della Libertas Benevento quando ancora andava al liceo – “Servivano persone per una cinque chilometri di marcia Under 18 e, per dare una mano alla mia società, partecipai. In seguito, il mio allenatore mi propose di dedicarmici in maniera specifica. Ormai sono passati dodici anni”. Inizia così una strada che lo porta rapidamente alla Nazionale Under 20 e, nel 2011, alla Nazionale Assoluta con la quale partecipa a due Campionati del Mondo, al Campionato Europeo e ora alle Olimpiadi dove lo aspetta una vera impresa: “sarà molto dura, per la gara olimpica è previsto il rientro della squadra russa, che era stata squalificata per doping, e di tanti specialisti importanti. Un piazzamento nei primi venti, magari a ridosso dei primi sedici, sarebbe davvero eccezionale. Confermerebbe il risultato della gara di maggio, per la quale mi ci sono voluti sei mesi di preparazione. Fare due prestazioni di questo livello in tre mesi non è semplice”. Attraverso gli studi, ha trovato il modo di coniugare le sue passioni. Finita la scuola, sceglie Ingegneria per seguire un percorso formativo dal taglio applicativo e svolge la tesi di laurea magistrale nel campo della progettazione e sviluppo
di prodotto industriale, per la realizzazione di dispositivi elettronici a supporto dello sport. Lavoro chesta proseguendo con il Dottorato di Ricerca nell’ambito dello Sport Engineering, in particolare per lo studio di un’adeguata sensoristica per strumenti in grado di rilevare correttamente l’infrazione di passo nella marcia: “una decisione che, allo stato attuale, è affidata completamente alla sensibilità dei giudici. Ma mi sto occupando anche di device per il canottaggio e altri sport. Si tratta di due attività che impegnano parallelamente le mie giornate, e ho pensato di farle convergere. In fondo, la gestione di una gara non è così lontana da quella di una macchina e la Biomeccanica mi ha sempre affascinato. Mi piace personalizzare gli strumenti sulla base del gesto e, finito il Dottorato, se non fosse possibile restare all’università, potrei cercare lavoro in un’azienda che si occupa di attrezzature per lo sport, o presso un centro di ricerca e sviluppo della Federazione di Atletica o del CONI”. Come è facile immaginare, le sue giornate sono piene. Cominciano la mattina presto, finiscono la sera tardi e ogni momento è scrupolosamente organizzato: “tutto questo non sarebbe possibile senza il sostegno della mia famiglia e la pazienza della mia ragazza. Col tempo, mano mano che cresceva il livello, ho cercato di ottimizzare sempre più i diversi aspetti della mia vita. Paradossalmente, quando sai di avere poco tempo a disposizione, cerchi di organizzarti al meglio e, soprattutto nei primi anni di università, lo sport mi ha aiutato a migliorare la qualità dello studio. In più, occuparti di cose che ti piacciono fa la differenza”. Marcia, sembra sinonimo di
sofferenza. Ma a cosa pensa un atleta durante tutta la gara? “Ci sono diverse fasi. La più difficile, dal punto di vista psicologico, è la prima, durante la quale devi portare la macchina a regime, ascoltando il tuo corpo per non sprecare energie e seguire la gara”. Intorno al trentesimo chilometro si comprende se la preparazione e le condizioni sono adeguate: “anche se è il momento in cui cominci a sentire la fatica, è il più entusiasmante, perché cominci a scalare posizioni”. E come si fa a controllare il passo senza commettere infrazioni? “Si tratta di un
gesto in gran parte automatizzato, non ci stai a pensare continuamente. Attraverso gli allenamenti sviluppi l’auto feedback e la sensibilità necessaria per capire se stai marciando correttamente o meno. Poi
ognuno ha una propria esecuzione del gesto”.
Simona Pasquale
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