Pochi appelli e differenze fra corsisti e non frequentanti: le lamentele degli studenti

Le critiche degli studenti di Sociologia alle sessioni d’esami e all’organizzazione, in generale, non si placano. Così, dopo le firme raccolte e le riunioni con il Preside prof. Gianfranco Pecchinenda degli anni scorsi, continuano a parlare della necessità di inserimento di una sessione straordinaria d’esami ad aprile, tenuto conto, in particolare, delle esigenze dei fuoricorso ma non solo. “Tra di noi ne parliamo ma di fatto non si è arrivati ad una soluzione – afferma Filomena, iscritta al terzo anno, di Casoria – La sessione invernale si è ridotta a due settimane di febbraio, in quanto, a gennaio, le date partivano dal giorno 7, subito dopo le festività natalizie, e per me, come per tanti altri, è risultato impossibile prepararsi durante le feste”. Della stessa opinione Adele, 22 anni, di Scafati, che lavora part-time come cameriera per cerimonie: “Avrei dovuto sostenere gli esami di Storia contemporanea e Sociologia, ma vi ho rinunciato. Tra l’altro sono entrambi programmi molto corposi, soprattutto quello di Storia”. Vittoria, quasi al termine del suo percorso triennale, pensa al futuro e al lavoro che le piacerebbe. “Vorrei continuare a studiare, specializzandomi in Criminologia – interviene – ma non intendo spostarmi a Roma. Qui l’offerta formativa non è molto ampia”. Gli studenti fuoricorso sentono ancor più l’esigenza di disporre di un numero maggiore di sessioni per arrivare alla laurea in tempi accettabili. “Mi mantengo agli studi grazie al mio lavoro di assistente domiciliare che, in ogni caso, sottrae tempo allo studio – afferma Claudia, napoletana 26enne, al terzo anno di Sociologia – Mi mancano ancora cinque esami, senza dubbio l’inserimento di date utili mi agevolerebbe, mi sentirei anche più spronata a studiare”. 
Altra situazione che lamentano gli iscritti ai Corsi Triennali è quella relativa alla frequenza. Seguire le lezioni non è un obbligo, piuttosto un consiglio dei docenti, così gli studenti si dicono stanchi delle differenze tra corsisti e non corsisti in sede d’esame. “Mi sembra di essere alla scuola elementare – dice Carola, che in futuro vorrebbe diventare assistente sociale – i professori non fanno l’appello, ma premiano quasi sempre coloro che seguono, senza comprendere che una percentuale di studenti non può frequentare perché impegnato in qualche lavoretto part-time”. Le conferme arrivano subito. “Ho, di recente, sostenuto l’esame di Storia e ho svolto solo la prova scritta in quanto ho seguito il corso”, dice Paolo, al secondo anno. “Siamo all’Università, vorremmo gestirci da soli! E, invece, le uniche agevolazioni sono per chi è tutti i giorni in Facoltà. Il prof. Alberto Baldi, docente di Antropologia, per esempio, segna i nomi dei corsisti – interviene Marianna, altra studentessa al terzo anno – Non voglio fare nomi, ma ritengo inutile seguire alcuni corsi, in quanto alcuni docenti ripetono il programma riportato sui libri”. E addirittura c’è chi parla di limitazioni nei voti. “Il prof. Mauro Calise, docente di Scienza politica, adotta due programmi: uno per coloro che, per qualsiasi motivo, non seguono le lezioni, e l’altro per i corsisti. Quest’ultimo, ovviamente, è ridotto rispetto al primo – dice uno studente – In ogni caso, anche un non corsista può scegliere di portare all’esame il programma da corsista ma non avrà più di 24. È assurdo pensare a queste differenze! Siamo in grado di capire l’importanza di seguire le lezioni, non comprendiamo, invece, questa forzatura”.
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