È un Maestro dell’Accademia con cinquantacinque anni carriera e quaranta di produzione scientifica, coronati dall’eredità di una Scuola che vanta diciannove docenti e ricercatori in diversi Dipartimenti e Atenei. La carriera di Sergio Sciarelli, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese e Professore Emerito di Governoed Etica d’Impresa, è iniziata nel 1962, anno della laurea. Nel ’68 diventa libero docente per meriti speciali, nel ’70 vince il concorso a cattedra e ricopre l’incarico di professore straordinario a Salerno fino al ’75, quando torna a Napoli doveresterà fino alla pensione, raggiunta
nel 2010. Un’attività che vede la sua summa nel volume Economia e Gestione delle Imprese, giunto alla sua decima edizione. Un lavoro ispirato
a una visione: applicare i princìpi della gestione a settori diversi: industria, cultura, istituzioni, turismo. “Figure come la nostra sono diventate molto versatili perché tutte le organizzazioni sono aziende e queste sono mutate nel tempo, assumendo un ruolo sociale che richiede etica e sostenibilità ambientale. Una sfida, ma attuare un’economia sostenibile significa vivere bene nel presente e preparare il futuro”. Ricorda gli anni ’60 in cui gli enti pubblici finanziavano formazione e ricerca e promuovevano l’incontro fra i diversi soggetti. Le cose, però, sono cambiate. Elemento scatenante dell’involuzione, il terremoto del 1980: “ha fatto piovere una tale quantità di soldi da degradare la classe politica e imprenditoriale, trasformando una tragedia in uno
sconvolgimento dei valori. Napoli era un centro d’affari in cui operavano realtà come Cirio, SME, Banco di Napoli, Olivetti, Italsider. Oggi, invece, viviamo in un mondo di consorterie, in cui pochissimi hanno rapporti con la Regione Campania, la Camera di Commercio è commissariata da anni e impera la sindrome della firma, il timore di assumersi delle responsabilità”. Una decadenza che ha investito anche l’accademia: “siamo passati dall’autonomia mal gestita, che ha sprecato tantissime risorse, alle ristrettezze estreme. Per chi vuole fare carriera, c’è davvero da penare e sarebbe impossibile avere, come ho fatto io agli inizi, otto assistenti”. Ha una propria idea del precariato: “suonerà scioccante, ma sono favorevole, ha consentito l’ingresso di tanti giovani nel mondo del lavoro, attraverso stage e tirocini. Il problema è lo sfruttamento, che non dovrebbe essere consentito e che, paradossalmente, nelle aziende è meno diffuso”. Ricorda i suoi Maestri, primo fra tutti Carlo Fabrizi, una persona di grande valore ma molto umile e disponibile, e Domenico Amodeo, con il quale svolse la tesi di laurea all’Olivetti di Ivrea: “fu un motivo di discussione con il prof. Fabrizi, il quale decise di avviarmi alla carriera universitaria solo dopo aver visto che era un buon lavoro”. Tra i ricordi del passato, Salvatore D’Amato, fondatore del gruppo di imballaggi SEDA di Arzano, scomparso nel 1990, occupa un posto speciale: “insieme abbiamo girato il mondo, da lui ho imparato che un grande imprenditore deve saper valorizzare le persone”. Si dichiara un democristiano di sinistra e, sebbene mai iscritto a un partito, è sempre stato molto attento alla vita politica e pubblica, ricoprendo numerosi incarichi: sub commissario alla Mobilità al Comune di Napoli – “un’ esperienza di grande soddisfazione che mi ha dato modo di conoscere la macchina amministrativa” -, presidente di istituzioni come il Teatro Stabile, l’Accademia di Belle Arti, la Fondazione musicale Franco Michele Napolitano
e la Fondazione In Nome della Vita, promossa dal Cardinale Crescenzio Sepe. L’ultima esperienza è stata con il movimento Napoli per Napoli, durante le elezioni comunali del 2011: “mancano l’amministrazione quotidiana e la strategia. Ci crogioliamo per le presenze turistiche, ma abbiamo appena tre milioni di turisti l’anno, contro i diciassette di Venezia e i ventitre di Roma”, dice ancora Sciarelli che rivendica la fondazione del Corso di Laurea in Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale, un’avanguardia nata dalla collaborazione fra le due ex Facoltà di Economia e Lettere. Si sofferma a lungo sul suo rapporto con gli studenti: “è sempre stato ottimo, difficilmente qualcuno ha tradito le speranze. Per loro la mia porta è sempre stata aperta, lo è anche ora che vado all’Università una volta la settimana”. Proprio i ragazzi, afferma, hanno pagato il prezzo più alto della riforma universitaria: “l’errore più grave è stato quello di impostare il Triennio senza la Magistrale, ne è derivato un fiorire di discipline che ha sbandato completamente gli studenti. Adesso, però, sono favorevole alla riforma e all’organizzazione con un triennio metodologico, che qui a Napoli è ottimo, e un biennio professionalizzante sul quale si deve lavorare di più. Un altro aspetto, da non trascurare, è il contributo fornito da discipline come Filosofia, Antropologia e Psicologia. Il tecnicismo economico da solo non basta”, sottolinea ricordando i nomi dei manager usciti dalla Federico II, come Fabrizio Freda all’Estee Lauder, Alfredo Maria De Falco all’UniCredit Americhe e Aurelio Fedele alla Pricewaterhouse Coopers. Dopo aver vinto il concorso a cattedra, ebbe l’occasione di andare a Roma: “invece scelsi di restare. Forse avrei dovuto averepiù coraggio, Napoli è una provincia, ma ero troppo innamorato della città e non mi pento. Sono contento di quello che ho fatto”.
Simona Pasquale
nel 2010. Un’attività che vede la sua summa nel volume Economia e Gestione delle Imprese, giunto alla sua decima edizione. Un lavoro ispirato
a una visione: applicare i princìpi della gestione a settori diversi: industria, cultura, istituzioni, turismo. “Figure come la nostra sono diventate molto versatili perché tutte le organizzazioni sono aziende e queste sono mutate nel tempo, assumendo un ruolo sociale che richiede etica e sostenibilità ambientale. Una sfida, ma attuare un’economia sostenibile significa vivere bene nel presente e preparare il futuro”. Ricorda gli anni ’60 in cui gli enti pubblici finanziavano formazione e ricerca e promuovevano l’incontro fra i diversi soggetti. Le cose, però, sono cambiate. Elemento scatenante dell’involuzione, il terremoto del 1980: “ha fatto piovere una tale quantità di soldi da degradare la classe politica e imprenditoriale, trasformando una tragedia in uno
sconvolgimento dei valori. Napoli era un centro d’affari in cui operavano realtà come Cirio, SME, Banco di Napoli, Olivetti, Italsider. Oggi, invece, viviamo in un mondo di consorterie, in cui pochissimi hanno rapporti con la Regione Campania, la Camera di Commercio è commissariata da anni e impera la sindrome della firma, il timore di assumersi delle responsabilità”. Una decadenza che ha investito anche l’accademia: “siamo passati dall’autonomia mal gestita, che ha sprecato tantissime risorse, alle ristrettezze estreme. Per chi vuole fare carriera, c’è davvero da penare e sarebbe impossibile avere, come ho fatto io agli inizi, otto assistenti”. Ha una propria idea del precariato: “suonerà scioccante, ma sono favorevole, ha consentito l’ingresso di tanti giovani nel mondo del lavoro, attraverso stage e tirocini. Il problema è lo sfruttamento, che non dovrebbe essere consentito e che, paradossalmente, nelle aziende è meno diffuso”. Ricorda i suoi Maestri, primo fra tutti Carlo Fabrizi, una persona di grande valore ma molto umile e disponibile, e Domenico Amodeo, con il quale svolse la tesi di laurea all’Olivetti di Ivrea: “fu un motivo di discussione con il prof. Fabrizi, il quale decise di avviarmi alla carriera universitaria solo dopo aver visto che era un buon lavoro”. Tra i ricordi del passato, Salvatore D’Amato, fondatore del gruppo di imballaggi SEDA di Arzano, scomparso nel 1990, occupa un posto speciale: “insieme abbiamo girato il mondo, da lui ho imparato che un grande imprenditore deve saper valorizzare le persone”. Si dichiara un democristiano di sinistra e, sebbene mai iscritto a un partito, è sempre stato molto attento alla vita politica e pubblica, ricoprendo numerosi incarichi: sub commissario alla Mobilità al Comune di Napoli – “un’ esperienza di grande soddisfazione che mi ha dato modo di conoscere la macchina amministrativa” -, presidente di istituzioni come il Teatro Stabile, l’Accademia di Belle Arti, la Fondazione musicale Franco Michele Napolitano
e la Fondazione In Nome della Vita, promossa dal Cardinale Crescenzio Sepe. L’ultima esperienza è stata con il movimento Napoli per Napoli, durante le elezioni comunali del 2011: “mancano l’amministrazione quotidiana e la strategia. Ci crogioliamo per le presenze turistiche, ma abbiamo appena tre milioni di turisti l’anno, contro i diciassette di Venezia e i ventitre di Roma”, dice ancora Sciarelli che rivendica la fondazione del Corso di Laurea in Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale, un’avanguardia nata dalla collaborazione fra le due ex Facoltà di Economia e Lettere. Si sofferma a lungo sul suo rapporto con gli studenti: “è sempre stato ottimo, difficilmente qualcuno ha tradito le speranze. Per loro la mia porta è sempre stata aperta, lo è anche ora che vado all’Università una volta la settimana”. Proprio i ragazzi, afferma, hanno pagato il prezzo più alto della riforma universitaria: “l’errore più grave è stato quello di impostare il Triennio senza la Magistrale, ne è derivato un fiorire di discipline che ha sbandato completamente gli studenti. Adesso, però, sono favorevole alla riforma e all’organizzazione con un triennio metodologico, che qui a Napoli è ottimo, e un biennio professionalizzante sul quale si deve lavorare di più. Un altro aspetto, da non trascurare, è il contributo fornito da discipline come Filosofia, Antropologia e Psicologia. Il tecnicismo economico da solo non basta”, sottolinea ricordando i nomi dei manager usciti dalla Federico II, come Fabrizio Freda all’Estee Lauder, Alfredo Maria De Falco all’UniCredit Americhe e Aurelio Fedele alla Pricewaterhouse Coopers. Dopo aver vinto il concorso a cattedra, ebbe l’occasione di andare a Roma: “invece scelsi di restare. Forse avrei dovuto averepiù coraggio, Napoli è una provincia, ma ero troppo innamorato della città e non mi pento. Sono contento di quello che ho fatto”.
Simona Pasquale