Studenti di Giurisprudenza a confronto con le detenute della Casa Circondariale di Pozzuoli sul tema dell’affettività

Un evento straordinariamente poetico, quello che si è tenuto nella mattinata di martedì 21 maggio presso la Casa Circondariale di Pozzuoli e che ha visto coinvolti gli studenti del Dipartimento di Giurisprudenza, impegnati nello stage di Diritto penitenziario e Giurisdizione di sorveglianza. Gli studenti hanno incontrato le detenute della sezione femminile nel corso della lezione itinerante sul tema: “Affettività e carcere: un binomio (im)possibile?”. Gli accompagnatori sono stati la professoressa Mena Minafra, dottore di ricerca alla Vanvitelli in Sistema penale e processo, e il professor Mariano Menna,  docente di Diritto processuale penale e titolare dello stage di cui questa iniziativa è parte. La visita alla Casa Circondariale rientra tra le iniziative di un progetto molto più ampio, di cui questo non è che l’ultimo evento, dal nome “Guardami oltre”. La prof.ssa Minafra, non nuova sulla scena dei diritti sociali, ha moderato l’incontro tra gli studenti e le detenute, focalizzato sulla restituzione dei diritti essenziali della persona che le misure restrittive, purtroppo, talvolta negano. Intervistata, la prof.ssa Minafra si è detta estremamente soddisfatta dell’incontro “cui hanno partecipato più di centoventi studenti, tutti interessatissimi”. Non diversa è la posizione del prof. Menna, che riguardo all’importanza dell’incontro sostiene: “queste lezioni itineranti ‘servono’ affinché vi possa essere una interazione concreta tra i ‘diversamente liberi’ dei vari Istituti penitenziari coinvolti nel progetto e gli studenti che hanno interesse a conoscere la reale portata del diritto penitenziario e della giurisdizione di sorveglianza”, e ancora: “la fase dell’esecuzione sembra assumere oggi un rilievo decisivo, rappresentando una prospettiva privilegiata da cui osservare il fenomeno dell’accertamento penale nel suo complesso. Il senso della pena, le alternative alla detenzione, il rispetto dei diritti delle persone recluse: tutte questioni che sono al centro di un vivace dibattito”. Un tema dunque, quello affrontato, che sembra costituire una combinazione ossimorica tra due concetti: carcere e libertà. Ed è proprio questo aspetto, forse, che rende così avanguardista la nuova concezione del  penitenziario a cui si auspica; un luogo non più meramente punitivo, ma riabilitativo, dove le qualità della persona non vengono deteriorate, bensì conservate. 
“Carcere è l’anagramma 
di cercare”
Gli studenti si sono espressi in toni molto entusiastici, sia per quanto concerne la componente puramente didattica, che andrà a costituire parte della formazione professionale, che l’attitudine degli accompagnatori. Giulia Di Vincenzo, studentessa del Corso Magistrale in Giurisprudenza, si dice “entusiasta e motivata, specialmente grazie alla prof.ssa Minafra che, con il suo lavoro, rende accessibile ai più questo argomento così delicato; è stata davvero il mio faro”. E aggiunge: “frequentare lo stage di Diritto penitenziario e Giurisdizione di Sorveglianza del prof. Menna è stata un’esperienza unica, poiché per la prima volta ci è stato permesso di toccare con mano un ambito a noi totalmente sconosciuto dal punto di vista pratico, quello dell’esecuzione penale. Personalmente, sono sempre stata dell’avviso che un Dipartimento come Giurisprudenza necessiti di un approccio pratico e questo noi lo abbiamo avuto grazie al prof. Menna, ma soprattutto alla sua collaboratrice, la prof.ssa Minafra, appunto. La docente (per noi studenti storico punto di riferimento per la cattedra di Diritto processuale penale) ci ha supportato con dedizione, accompagnandoci ad ogni incontro sia in Dipartimento che fuori; ad alcuni eventi hanno preso parte personalità anche molto note del mondo della Giustizia, direttori, educatori, comandanti, magistrati ed avvocati”. Gli studenti dovrebbero estrapolare due concetti chiave: formazione e sensibilizzazione. “Siamo venuti in contatto con realtà lavorative mai neanche ipotizzate, come Direttore del carcere, educatore, criminologo o membro dell’organico penitenziario. Ma la cosa più importante in questo evento è stato il contatto diretto con i detenuti; parlare delle loro esperienze pre e post detenzione ci ha posto importanti interrogativi riguardo alla tutela e al rispetto dei diritti. Sono contenta che la materia del Diritto penitenziario, oltre ad essere trattata nello stage obbligatorio, sia divenuta anche esame complementare dall’anno accademico 2019/2020”, conclude Giulia. Un ringraziamento va anche al prof. Lorenzo Chieffi, Direttore del Dipartimento, per aver accolto con sensibilità le istanze degli studenti, e al Garante regionale per i detenuti, Samuele Ciambriello, per la sua costante presenza alle lezioni itineranti. Stessa impostazione emotiva anche nel commento della collega Antonella Veneziano, che dice: “c’è un’espressione che durante gli incontri ho sentito spesso, e cioè che ‘carcere è l’anagramma di cercare’ ed io credo che noi studenti, nessuno escluso, abbiamo cercato e trovato qualcosa da cui partire. Incontrare lo sguardo e la sofferenza, ma anche il pentimento di alcuni dei ‘diversamente liberi’, ha fatto sì che in noi si sviluppasse una particolare sensibilità, un’attenzione nei confronti delle tematiche che, a noi futuri giuristi, erano finora sconosciute. La risocializzazione del reo, il sovraffollamento delle carceri ed altri aspetti della vita del detenuto sono problematiche da affrontarsi primariamente con l’educazione della società attraverso i valori dell’affettività, della pari dignità e della coscienza del sé, dopodiché con la rieducazione all’interno dei penitenziari, quindi con l’introduzione dei nuovi valori acquisiti”. Anche Antonella ringrazia i docenti e in particolar modo la prof.ssa Minafra “per l’esempio che mi ha fornito, anche attraverso i dialoghi e i confronti, mai banali e costruttivi. È un bagaglio culturale prezioso e un’impostazione mentale giusta, qualcosa che porterò sempre con me!”. 
Un evento, quindi, che senza dubbio ha segnato gli studenti di Giurisprudenza, i quali hanno appreso l’esistenza di storie ai margini, favole particolari dal finale a volte incerto, a volte oscuro, ma mai certamente lieto. Ma un evento, anche, che ha fornito rinomanza all’Ateneo Vanvitelli, costituendo parte di un progetto encomiato a livello nazionale, trasmesso in Rai e immortalato nei meravigliosi scatti del fotoreporter Giovanni Izzo. 
Nicola Di Nardo
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