Studenti in formazione, traduttori in divenire

Porte aperte di sabato per parlare di orientamento al mondo delle professioni nell’industria linguistica. Un appetibile richiamo per più di 100 studenti che si sono avvicendati nella mattina del 25 novembre presso l’Aula T1 di Palazzo del Mediterraneo. Obiettivo primario: “avvicinare gradualmente gli studenti a un mercato del lavoro in continuo divenire con lo scopo di prepararli al meglio ma anche di facilitarli nella ricerca di un impiego arricchendo i nostri percorsi attraverso gli spunti forniti da chi guarda alle lingue quotidianamente come strumenti reali della comunicazione”. È quanto afferma in apertura del convegno la prof.ssa Liliana Landolfi, Presidente del Collegio di Area didattica. Linguistica, Traduzione e Mediazione i tre nuclei tematici intorno ai quali gravitano gli interventi dei numerosi relatori. Questo perché di lavori dopo L’Orientale se ne possono fare tanti. Ma tutto dipende dalla scelta del Corso di Laurea. A ognuno corrisponde un profilo ben preciso. Tra quelli di maggiore ‘successo’, Mediazione Linguistica e Culturale non ha concorrenti. “Una fortuna che avete, perché non c’era ai miei tempi”, esordisce Patrizia Petrucci, mediatrice presso il Centro di prima accoglienza Aics, attivo sul territorio napoletano. Se la figura del mediatore è passata alla ribalta negli ultimi anni, è pur vero che ha contribuito a questa svolta l’emergenza migranti, sebbene – precisa il prof. Alberto Manco, Coordinatore per il Corso di Mediazione – “l’etichetta di questo mestiere sia entrata a pieno titolo nella legislazione già negli anni ‘90”. Mediazione e accoglienza solidale sono necessità all’ordine del giorno delle società multiculturali alle prese col fenomeno migratorio. “Siamo impegnati in un progetto che a partire dal 2015 ha aiutato centinaia di richiedenti asilo e rifugiati nel difficile percorso per l’inclusione sociale in virtù di un aiuto personalizzato”, spiega Manuela Papaccio, coordinatrice delle attività di Aics Napoli. 
Il ruolo del mediatore
sullo sfondo della crisi
migratoria
In questi casi, cosa fa un mediatore? “Fa da ponte tra il migrante e il Paese ospitante, rimuove le barriere culturali e linguistiche tra l’individuo e il contesto, favorendo l’accesso dell’utente ai servizi, pubblici e privati, dalla questura alle strutture sanitarie, fino all’inserimento integrato nel tessuto locale”, continua la Petrucci. Compito di un bravo mediatore è “accompagnare il cittadino immigrato per far sì che dopo possa farcela anche da solo”. Per svolgere questa professione sono indispensabili competenze linguistiche di un certo livello, ma da sole non bastano. “Perché non siamo soltanto dei traduttori. Servono anche competenze socioculturali e pragmatiche”. A partire da un semplice saluto. “Ci sono etnie che per esempio evitano il contatto fisico, compresa la stretta di mano”. Esiste, infatti, un vero e proprio codice di comportamento anche nel linguaggio non verbale. Per esempio, “dobbiamo considerare il cosiddetto ‘uovo prossemico’, una sorta di comfort-zone personale in cui l’interlocutore si trova e che non può essere invasa senza il suo consenso”. Questo vale per ognuno di noi e in maniera speciale “per chi ha subito uno shock culturale, il trauma del viaggio e lo sradicamento dalla propria terra”. Perciò, “fate tesoro delle opportunità di tirocini formativi per modellare sul campo le informazioni che finora avete acquisito a livello teorico”. Non a caso, “L’Orientale ha da tempo stipulato un Protocollo d’Intesa con l’Aics per attività di stage”, informa il prof. Manco. Così come emerge dalla testimonianza diretta di Luca Salernitano, neolaureato in Mediazione: “Durante il tirocinio, ho svolto il ruolo di interprete-mediatore presso il Centro, in tutte le fasi previste dall’iter dei migranti sul suolo italiano. Non parlano la nostra lingua, non conoscono la città e non sanno spesso come comunicare, dato che non sempre coloro con cui s’interfacciano conoscono l’inglese o il francese”. Dunque, bisogna agire su tre fronti: “le lezioni di lingua italiana, le attività sportive e culturali”. Altro step d’obbligo è l’orientamento legale: “Dopo il fotosegnalamento, ossia il controllo  cui è sottoposto chi entra nel Paese privo di documento, si procede con la richiesta di asilo politico alla Questura. Purtroppo, le pratiche burocratiche sono molto lente ed è altrettanto complicato interagire con gli Uffici”. Ed è per questa ragione che interviene allora l’operatore legale, chiarisce Nicoletta Salernitano dell’Aics. “Non è necessaria una laurea in Legge, tuttavia è bene avere le idee chiare in fatto di politiche dell’immigrazione”, prende la parola la prof.ssa Katherine Russo, docente di Lingua Inglese, ricordando che a Mediazione è possibile sostenere anche esami di Diritto.
Interpreti, linguisti e
freelance dell’UE
A metà mattinata gli speaker cambiano. In aula ci sono molti studenti di Linguistica e Traduzione Specialistica. “Una Laurea Magistrale di fresca realizzazione ma anche in piena sperimentazione”, annuncia la prof.ssa Eleonora Federici, anglista. Questo perché “il mondo della traduzione va ben oltre ciò che pensiamo. I pensieri sono eterei, impalpabili, eppure il traduttore deve tramutarli in parole”. Ulteriore novità: “abbiamo di recente acquistato dei software di supporto al processo traduttivo”. Insomma, tante le questioni sul tavolo, d’interesse per gli aspiranti traduttori specialistici. Un mestiere prismatico in cui la specializzazione, però, non pregiudica l’approfondimento della lingua ad ampio spettro. Un esempio? “A Traduzione Specialistica non si studia Letteratura, ma il traduttore deve conoscerla”. Tuttavia, requisito numero uno di un esperto in lingue è “la padronanza dell’italiano”, sottolinea Katia Castellani, traduttrice della Commissione Europea. Come si diventa traduttore istituzionale? “Innanzitutto, ciascuna Istituzione ha un servizio proprio di traduzione e interpretariato”. In particolare, “la Direzione generale della Traduzione traduce i testi prodotti dalla Commissione da e verso le lingue ufficiali (in tutto 24 lingue per 28 Paesi membri)”. Ciononostante, “oltre l’80% dei documenti è in inglese. Senza un’ottima conoscenza dell’inglese parlato e scritto, dunque, non ci sono possibilità di essere assunti”. Nella cassetta degli attrezzi di un futuro traduttore rientrano, però, anche le competenze informatiche, in particolare “l’uso del Pacchetto Office e dei Cat-Tools, gli strumenti per la traduzione automatica, e qualche nozione di formattazione”. Sommati alla capacità di saper fare ricerche terminologiche efficaci. “I machine translation software non sono a vostra disposizione adesso, ma saranno una carta imprescindibile sul lavoro”. Infine, le ‘soft skills’: “organizzazione, lavoro in gruppo, gestione dei rapporti interpersonali e gestione dello stress”. Diverse le opportunità di lavoro, dai tirocini non retribuiti ai contatti con i freelance sino ai concorsi aperti ai linguisti (in genere, escono a luglio e basta la Laurea Triennale per accedervi). ‘Teamworking’ è la parola chiave anche per Francesco Esposito, agente di traduzione. “Il traduttore non vive chiuso in ufficio, ma collabora con un team al quale è costantemente connesso. Saper fare networking è la cifra distintiva di un freelance”, ossia un professionista autonomo che stabilisce la propria tariffa e al quale il cliente può rivolgersi direttamente. Sapere le lingue e poi? “Cura dei dettagli, amore per la lettura, flessibilità e curiosità, scrittura scorrevole, informazione continua: ciò che fa la differenza”. Ma prevedere in anticipo chi la spunterà è un argomento annoso. “Spesso si apre una diatriba su chi assumere: il candidato con la laurea specifica in 110 e lode o quello che senza un’esperienza di studio attinente ha però maturato sul campo una formazione ad hoc? Dilemma, perché vogliamo entrambe le cose”, dice Manuela Chiarolanza, Direttrice dell’Agenzia di Traduzione e Localizzazione Babylon nel Settore Enogastronomico. “L’enoturismo è un campo in via rapida di sviluppo che, malgrado le eccellenze italiane, paga lo scotto di essere più indietro rispetto agli altri Paesi europei, a causa della mancanza di infrastrutture adeguate”. In ambito di traduzione, “vi conviene già da adesso attrezzare un portfolio con i vostri lavori, che dia una certa visibilità al curriculum”. Al momento due sono i grandi problemi che affliggono il settore: “tutti conoscono l’inglese e tutti perciò si sentono in diritto di poter tradurre e lo fanno anche a prezzi stracciati. Questo rende la competizione spietata e dannosa per chi ha studiato davvero”. L’altro è la traduzione automatica: “Molti dei miei clienti usano software per tradurre, ma non sanno che questi funzionano solo per testi molto tecnici e che in rarissimi casi possono sostituirsi a un traduttore in carne e ossa che ha consapevolezza di ciò che scrive”. Chiude in bellezza la giornata l’intervento di Federica Casassa in collegamento da Bruxelles. A lei che è una ex studentessa de L’Orientale vanno quasi tutte le domande, riassumibili in: che Corso di Laurea (o che specializzazione) scegliere per lavorare al Parlamento Europeo? “Ho studiato Relazioni Internazionali. Da più di 10 anni mi occupo di campagne di Informazione e Comunicazione nell’ambito delle Relazioni col cittadino. Vanno bene tutte le lauree, perché ciascuna Istituzione ha bisogno di diverse figure specialistiche, dagli interpreti ai vari funzionari. Avere le idee chiare in itinere potrebbe sembrare prematuro, ma bisogna fare progetti a lunga scadenza”. Ovvero, sapere oggi cosa si vuole essere domani.
Sabrina Sabatino
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