Un progetto ecosostenibile per Casamicciola nel post- terremoto

Un progetto per Casamicciola che, a quasi un anno dal terremoto di agosto, imprima una svolta all’insegna della ecosostenibilità e della valorizzazione delle risorse storiche e culturali di quel territorio. Lo propone il professore Sergio Vellante, ordinario in Ingegneria per la Gestione Ambientale al Dipartimento di Ingegneria dell’Università Vanvitelli, frequentatore appassionato dell’isola. Ne ha parlato la prima volta a pochi giorni dal sisma, a settembre, in un contributo inviato all’associazione ambientalista Italia Nostra. Rilancia ora l’idea dalle pagine di Ateneapoli. “Il terremoto – sottolinea – ha distrutto la zona collinare, quella degli insediamenti urbano-rurali del Maio, la Rita, Santa Barbara (epicentro) e del Fango su cui si stava ipotizzando, in base a ricerche in ingegneria per la gestione ambientale, una riconversione ecologica e socio-culturale. Va ripresa e rilanciata”. Si tratta, sostiene, “di trasformare la collina, ora squarciata, alle falde del monte Epomeo, ricco di alberi e di biodiversità, in un luogo di compensazione socio-ecologica”. Spiega: “La Marina di Casamicciola ha un’altissima impronta ecologica, assorbe risorse naturali in misura nettamente superiore rispetto alla capacità dell’ecosistema di rigenerarle. Ebbene, questa impronta ecologica andrebbe fortemente ridotta e compensata dalla biocapacità, la capacità di erogare servizi naturali, che i boschi dell’Epomeo ancora detengono insieme a una non estinta cultura identitaria dei luoghi”. L’area più fortemente compiuta dal sisma della scorsa estate, dunque, secondo il prof. Vellante potrebbe diventare un laboratorio di buone pratiche, capaci di tenere insieme rispetto per l’ambiente, attrattività verso i turisti, economia. Sottolinea: “La bassa collina di Casamicciola si prefigurerebbe come un territorio di passaggio dall’insostenibile al sostenibile e luogo di sedimentazione di un nuovo modo di  concepire le attività economiche e socioculturali, imperniandole sull’uso pieno delle risorse locali e promuovendo una locale bio-reintegrazione energetica”. Prosegue: “Un luogo ideale dove ripristinare con tecnologie compatibili la peculiare polifunzionalità del bosco mediterraneo oramai prossimo all’abbandono e preda di incendi devastanti, ed il termalismo di alta qualità naturale per le sue acque e i suoi fanghi. Questi ultimi sono stati, nella quasi totalità, sostituiti da quelli esogeni prodotti artificialmente dall’industria”. Tra le proposte inserisce anche la riattivazione dell’Osservatorio di Geofisica e Vulcanologia: “Istituito dopo il terremoto del 1883, generò una svolta negli studi della sismologia italiana e internazionale. Ora giace nel più completo abbandono”.
La sfida da vincere, sottolinea, è quella di attirare un turismo di qualità. Non necessariamente ricco, perché la disponibilità economica non corrisponde automaticamente alla sensibilità ed al rispetto verso la storia e la natura dei luoghi, ma alternativo a quello rappresentato da chi vive Ischia come lo scenario banale di una movida fatta di discoteche, locali notturni e magari corse in gommone lungo la costa. “Oggi – dice il docente – il cliente, spesso dotato di digestivi e antidepressivi, compra e consuma – in ecomostri ritenuti sostenibili perché progettati da architetti noti e a norma per anti-sismicità e osservanza del piano regolatore – servizi per il benessere del corpo a base di fanghi artificiali e un cibo proposto da declamati ‘grandi chef’ incapaci di utilizzare e valorizzare i residui ecologici prodotti dall’agricoltura locale”. Lancia un appello: “Casamicciola va ecologicamente ricostruita. La domanda da porsi è se gli isolani possono avviare un percorso di contrasto alla speculazione, proprio mentre finanziamenti per ricostruire Casamicciola sono in arrivo insieme alle cavallette depredatrici. Penso di sì. Sarebbe necessario, però, da parte degli ischitani un innovativo ritorno all’orto mediterraneo, al termalismo naturale e alle risorse dell’isola”.
- Advertisement -




Articoli Correlati