Valutazione, finanziamenti, modelli

“Il sistema universitario: è già buona università?”: l’interrogativo che è stato posto al centro del convegno tenutosi a dicembre presso la Seconda Università. A tenere le redini del dibattito, animato da esperti di economia, rappresentanti di diverse istituzioni e accademici provenienti da diverse università italiane, il prof. Francesco Pastore, docente di Economia politica presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Sun. Impegnato da anni su temi come università e lavoro (tra le sue ultime pubblicazioni “I giovani e la crisi economica. Capire per ricostruire la speranza”), il docente tira con noi le somme dell’incontro. Il periodo non è dei migliori per l’università italiana. Ma per il prof. Pastore c’è una tendenza molto positiva che sta prendendo piede. Si tratta della valutazione. “Credo che l’università debba essere il luogo della valutazione. Però facciamola bene, cerchiamo gli indicatori giusti”, ammonisce il professore. “Quelli che attualmente vengono adottati necessitano di essere perfezionati. Un esempio concreto: il Governo ha chiesto di determinare le carriere dei docenti tenendo conto degli indicatori dei fuoricorso. Questo ha penalizzato alcune università del Sud e delle isole. Durante il convegno l’argomento è stato affrontato dal prof. Francesco Ferrante dell’Università di Cassino, che ha sottolineato che il punto di partenza dei nostri studenti è più basso rispetto a quello degli studenti delle università del Nord. Se i ragazzi vengono dalla scuola con un background più debole avranno chiaramente risultati peggiori. Dunque, invece che al risultato finale, ovvero il numero dei fuoricorso, guardiamo al valore aggiunto che le università riescono a dare”. Ma a danneggiare pesantemente il sistema universitario della penisola è più di ogni altra cosa il sottofinanziamento, che colpisce tutti: docenti, ricercatori e studenti. “Le nostre università non garantiscono carriere adeguate al loro personale, noi docenti non abbiamo neanche il denaro necessario per prendere parte ai convegni, occasioni di confronto indispensabili. Capisco, quindi, i miei colleghi contrari all’autovalutazione che chiedono di essere messi nelle condizioni di lavorare bene, di avere le giuste risorse per essere valutati. La stessa ricerca è fatta…
 
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 1/2016)
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