A colloquio con il prof. Amedeo Di Maio, garante delle studentesse e degli studenti

Una figura di riferimento fondamentale per la mediazione tra le rappresentanze studentesche e gli organi di governo dell’Ateneo è quella del garante dei diritti degli studenti, settore di competenza affidato negli ultimi anni a L’Orientale al prof. Amedeo Di Maio, docente di Finanza pubblica e Governance multilivello presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali. Una nomina, ricevuta dall’ex Rettrice prof.ssa Elda Morlicchio, che – dice il docente – “ho accettato quando sono entrato a far parte del Consiglio di Amministrazione con senso di responsabilità, visto l’ottimo rapporto instaurato con la compagine studentesca, e che probabilmente dovrò lasciare nel prossimo periodo per via dei cambiamenti che seguiranno alla nuova formazione del Senato Accademico e dello stesso Consiglio”. Il mandato della figura di garante è, infatti, a sua volta interconnesso alla durata dell’incarico dei rappresentanti. “Quando le rappresentanze cambiano, si decide di solito anche se confermare o meno il garante ed è possibile quindi che nel corso del prossimo Senato succederà alla mia funzione un altro docente, come del resto è giusto quando in un Ateneo dopo alcuni anni di lavoro ci si alterni rispetto ai compiti assegnati. Sono certo che la scelta cadrà su una persona altrettanto capace e pronta ad assistere gli studenti”. A seguito dell’elezione del Rettore Tottoli, nell’ultimo mese sono cambiati i docenti che andranno a comporre la squadra del nuovo Rettorato in sede collegiale. “Dal punto di vista gestionale non saranno visibili differenze sul breve termine. Continueremo a lavorare, anzi, per garantire una prosecuzione didattica e di ricerca lineare, sebbene siamo tutti concordi sul fatto che la pandemia costituisca un evento eccezionale”. Un discorso che non ha una ricaduta sul singolo Ateneo ma abbraccia le problematiche che si stanno verificando all’interno dell’intero sistema universitario. “Guardando la situazione da economista, temo che in questa seconda ondata possano inasprirsi tutta una serie di fenomeni di cui abbiamo purtroppo già avuto una prima manifestazione durante il lockdown: lo spillover, da cui l’aumento dei prezzi, e il rischio di esternalità negative con un impatto tremendo che colpisce le attività produttive del nostro Paese e danneggia i lavoratori”. Anche l’Università fa parte di questo ciclo e “sta pagando collettivamente il prezzo dell’assenza nelle sedi. Tutti abbiamo nostalgia del vecchio modo di fare didattica o anche solo del guardare in volto gli studenti per capire se una spiegazione è stata chiara, ma non possiamo permetterci di trasformare l’Università in un pericoloso focolaio né mettere a repentaglio la salute di studenti, docenti e personale, rischio che lo spostamento tramite i trasporti pubblici potrebbe aumentare”. La didattica online, del resto, “consente – malgrado pregi e difetti – di sopperire in parte alle nostre necessità. Speriamo che sul lungo periodo possano i policy maker elaborare con un’attenta logica nuove riforme, sia per la scuola che per il comparto universitario, senza ripetere gli errori commessi in estate come è accaduto per altri luoghi di aggregazione. Immaginiamo cosa sarebbe stato se non avessimo avuto la tecnologia: saremmo rimasti fermi per un anno, o forse più. La digitalizzazione ha concesso alle Università di tutta Italia e d’Europa di minimizzare danni altrimenti enormi”. Un sacrificio che, continua il docente, pesa in particolar modo sugli studenti, i quali “si sentono privati quasi del loro diritto ad accedere ai luoghi di istruzione. Vorremmo che però passasse un altro messaggio: non stiamo togliendo l’Università agli studenti, stiamo aspettando che gli organismi di governo ci dicano quando sarà il momento di programmare le attività in sicurezza. Comprendiamo le ragioni degli studenti, anche perché la pandemia ha naturalmente messo in evidenza molte disparità relative alla disponibilità di mezzi a supporto della didattica”. L’anno accademico proseguirà come è iniziato per prevenire il rischio di contagio e “probabilmente andrà avanti così anche se la nostra Regione dovesse cambiare colore”. La preoccupazione riguarda soprattutto i costi sociali, che hanno fatto propendere verso una riduzione degli importi delle tasse universitarie, ma inizia a diventare un punto nodale anche la ricerca. “Anch’essa produrrà un effetto in negativo, poiché è difficile mandare avanti un lavoro di carattere scientifico con la sola bibliografia online, quando non si ha più la possibilità – vitale per un ricercatore – di recarsi al Cnr o alla Biblioteca nazionale o anche solo di incontrarsi in Dipartimento”. La speranza resta l’attesa di tempi migliori con l’auspicio di trovare un equilibrio in una didattica alternata e allo stesso tempo “accrescere la disponibilità di risorse a disposizione dello studente e garantire che esse vengano erogate in strutture più idonee”. Al momento “non si può pensare di dover rendere la didattica online superiore a quella tradizionale ma si può fare in modo di ottimizzarla”, il che significa ad esempio per il docente “impiegare tempo per preparare in anticipo una lezione o per rendersi sempre disponibile al ricevimento. Sono felice, però, che gli studenti abbiano riconosciuto in più occasioni di colloquio questo impegno collettivo e che possano trovare nella figura del garante una persona sempre disponibile ad ascoltarli e aiutarli anche nel prossimo futuro”. 
 
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