“Per me ogni studente è importantissimo e prezioso, un individuo con un proprio profilo a cui tengo; è per questo che provo ad andare incontro a tutti loro”. Parole al miele quelle della prof.ssa Maria Bidovec, docente di Lingua e Letteratura slovena, che si esprime in questi termini a proposito di una prassi generale adottata spesso in questo periodo dell’anno: programmare nel mese di febbraio alcune lezioni di didattica integrativa per gli studenti che non hanno potuto seguire il lettorato nel primo semestre o che comunque desiderano fare un ripasso dei temi svolti.
Il motivo ha a che fare con le iscrizioni, che per gli studenti sono possibili fino a febbraio: in quel caso il rischio è perdere tutte le lezioni avvenute nel semestre in cui qualcuno potrebbe essere alle prese con il conseguimento della Triennale. Bidovec poi aggiunge: “Non ho particolari meriti in questo. Da un lato è nostro dovere agire in questo modo, dall’altro per me è più semplice farlo perché ho meno studenti rispetto ad altri colleghi. Se la mia classe è composta da una decina di ragazzi, è molto importante che ognuno si senta coinvolto affinché possa dare il proprio contributo e, da ultimo, per evitare che si creino delle differenze”.
E in effetti lo sloveno rientra tra quegli idiomi offerti da L’Orientale che non registrano iscrizioni molto alte, ma non ci sarebbe troppo da preoccuparsi. “Lo stato di salute, al momento, non è ottimo, come quello di tutte le lingue a bassa numerosità di studenti o il cui studio è poco diffuso; tuttavia lo sloveno si difende bene, siamo costanti nel tempo”.
E a proposito dello sloveno, quanto ne sanno davvero le persone? Come riporta gov.si, il sito web centrale dell’amministrazione statale, si tratta della lingua madre di circa 2,4 milioni di persone, di cui approssimativamente 1,85 milioni vivono in Slovenia – “non tutti sanno che la Slovenia ospita una minoranza italiana e l’Italia una minoranza slovena, così come è ancora meno noto il fatto che, oltre al tedesco, anche lo sloveno è una delle lingue ufficiali dello Stato italiano, seppur limitatamente al Friuli e alcuni suoi comuni e province, dove si può anche lavorare nelle scuole con lingua d’insegnamento slovena. Abbiamo avuto studenti che, pure avendo conseguito due sole annualità, hanno avuto questa opportunità”, ha spiegato la docente.
Ma non è tutto: lo sloveno, lingua slava il cui alfabeto è composto da 25 lettere da utilizzare per formare 29 suoni, ha più di 40 dialetti ed è anche una delle 27 lingue ufficiali dell’Unione Europea – “studiare e conoscere questa lingua, tra l’altro, significa aprirsi le porte a tutte le altre lingue slave come russo, croato, polacco, ceco, serbo e via dicendo, non è un vantaggio di poco conto, ci si apre un mondo”.
Inoltre, dopo l’indipendenza, lo sloveno si è affermato “nell’ambito militare, nel servizio doganale e nell’uso protocollare; e continua a espandersi verso nuovi settori che emergono grazie allo sviluppo sociale e tecnologico”, si legge ancora sul portale. L’ultima battuta di Bidovec è una sorta di appello agli studenti, di solito orientati verso l’inglese in fase di scelta. “Da docente di lingua e cultura mi dispiace questa cattiva interpretazione dei ragazzi che credono sia quella la lingua da studiare. Lo capisco, però c’è un fraintendimento alla base: l’inglese va conosciuta certamente come lingua franca, tuttavia bisogna affiancarle la vera competenza in una seconda lingua, magari rara o diffusa che sia”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n. 3 – 2025 – Pagina 38