“Spero che tutti voi possiate essere napoletani di scoglio”

Per chi si fosse trovato a passare fuori l’Aula Magna del Suor Orsola Benincasa nella mattinata di giovedì 26 settembre, aspettandosi la giornata di accoglienza delle matricole di Economia e Giurisprudenza, nel sentire scroscianti applausi e fragorose risate provenire dal piano più alto della sede centrale potrebbe aver pensato di aver sbagliato location. Ma il posto è quello giusto e questa frizzantina allegria è dovuta alla presenza del carismatico attore Gino Rivieccio, invitato dal Dipartimento diretto dal prof. Tommaso Frosini e alla presenza del Rettore Lucio d’Alessandro, del Manager Didattico Natascia Villani e delle associazioni studentesche, per dare il benvenuto a futuri giuristi ed economisti che, a partire da questo giorno, entrano ufficialmente a far parte della comunità orsolina.

Gli studi giuridici “mi hanno insegnato un metodo”

Da Canale Cinque alla Rai, ha calcato in oltre quarant’anni di carriera i più famosi studi televisivi senza mai dimenticare da dove provenisse: il Teatro Sannazaro e i banchi di Giurisprudenza. “So che non si direbbe – racconta alle matricole già affascinate dall’incipit di questa curiosa storia – ma mi sono laureato con 110 e lode e con una tesi in Diritto Internazionale”. All’epoca, ricorda, i laureati con il massimo dei voti venivano subito chiamati dalle banche, e infatti “fui chiamato dall’attuale Unicredit e andai a sostenere il colloquio. Avevano letto che facevo l’attore e mi chiesero se lo consideravo un hobby. Io risposi che era un lavoro, che era ciò che avrei voluto fare nella vita, e allora mi chiesero perché fossi lì e io risposi che era per accontentare mamma e papà”.
Il mito del posto fisso, ai tempi, “si portava assai. Non ho mai avuto il coraggio a casa di dire che avevo rifiutato un posto fisso perché quello che sentivo dentro mi aveva già portato a scegliere la vita da attore”. Qualcuno allora potrebbe chiedere: perché comunque studiare Giurisprudenza? “Anche se la mia strada è stata tutt’altra, gli studi giuridici mi hanno dato il passaporto per entrare in certi salotti ma, soprattutto, mi hanno insegnato un metodo: il nostro lavoro è studio, ricerca, e in questo senso gli studi giuridici, fatti di grande memoria e grande applicazione, me li sono ritrovati”.
Ai tempi dell’università, i suoi primi esami furono quelli riguardanti il Diritto Romano: “me li levai subito da mezzo perché avevo il trauma del latino dall’esame di maturità, dove arrivai quasi alla fine della prova che non avevo ancora svolto la versione e con Cicerone che manteneva una mucca in mezzo al mare”.

L’importanza di chiamarsi ‘Gino’

Un po’ di tensione davanti al professore c’era sempre, ma ricorda di come riuscisse puntualmente a stemperarla grazie al fatto di chiamarsi proprio “Gino” e non “Luigi”, per cui gli veniva regolarmente chiesto se fosse un diminutivo e, con la storiella sull’origine del nome, intratteneva un po’ la commissione che, confessa, “sicuramente pensava che fossi un esaurito”.
In ogni caso, la laurea è stata conseguita, anche se con tempi lunghi, perché conciliare studio e lavoro non era affatto facile: “All’epoca ero al Teatro Sannazaro. La grande Luisa Conte mi chiamava ‘avvocato’, perché ero un giovane esordiente, ma sostenevo gli esami contemporaneamente. Dunque studiavo e, intanto, mi divertivo a fare quello che sarebbe poi diventato il mio vero lavoro”.
Una storia di grande dedizione e passione e di non pochi sacrifici ma, come afferma un celebre aforisma che lui stesso ci tiene a lasciare ai ragazzi: “fa ciò che ami e non lavorerai neanche un giorno”. “Qualsiasi cosa vogliate fare, dovrete avere passione. Altrimenti, potrete pure essere bravissimi, ma avrete solo un’unica ricchezza: il denaro”.
In ultimo, la speranza che i tanti ragazzi e ragazze che oggi varcano la soglia non solo dell’Ateneo, ma di un nuovo capitolo della loro vita, possano trovare una propria dimensione e un futuro soddisfacente nella terra da cui provengono, senza che quest’ultima li rigetti. “Per me ci sono i napoletani di alto mare, che se ne vanno e non tornano più, e quelli di scoglio, che rimangono attaccati come una cozza. Spero che tutti voi possiate essere napoletani di scoglio. Si dice che sono sempre i migliori che se ne vanno: se ve ne andrete voi questa città rimarrà senza anticorpi”.
Giulia Cioffi
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Ateneapoli – n.15 – 2024 – Pagina 34

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