La parola ai docenti del Corso di Laurea in Viticoltura
ed Enologia della Federico II
L’Irlanda – è notizia di alcune settimane fa – vuole adottare una etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze tipo ‘il consumo di alcool provoca malattie del fegato’ e ‘alcool e tumori mortali sono direttamente collegati’. La norma è stata notificata a giugno da Dublino a Bruxelles che ha confermato: le autorità nazionali possono adottare la legge. Il via libera arriva nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati UE, che considerano la misura una barriera al mercato interno. La stessa Commissione europea ha annunciato iniziative comuni sulla etichettatura degli alcolici nell’ambito del piano per battere il cancro. Questioni e temi che naturalmente sono seguiti con attenzione particolare dai docenti del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia (Dipartimento di Agraria) della Federico II. “Il problema dell’abuso di alcool esiste – commenta la prof.ssa Angelita Gambuti, Coordinatrice del Corso di Laurea – ma va detto che certo il vino non è una bevanda particolarmente alcolica. Chi oggi vi si avvicina è spesso una persona che ha una cultura del vino, che è curiosa nei confronti del territorio dal quale esso proviene. Non cerca il vino per la semplice bevuta, come accade più frequentemente per chi consuma i superalcolici. Certamente non è il caso di mettere queste etichette, ma va fatto un discorso più articolato”. Prosegue la docente: “Il vino non va oltre i 14 gradi e contiene sostanze che possono anche far bene, purché il consumo avvenga con moderazione ed intelligenza. È una questione di educazione”. Queste considerazioni, sottolinea la prof.ssa Gambuti, non vanno peraltro lette come una sottovalutazione del problema della dipendenza da alcool e dell’abuso: “Il dato dei giovani che bevono perché cercano lo sballo è reale e drammatico. Non credo, però, vadano a cercare il vino per sballarsi. C’è un grande tema culturale e sociale, ma il vino ha poco a vedere con questo. Può svolgere, anzi, un ruolo importante nel propagandare la diffusione di una cultura dello stare insieme e del socializzare all’insegna dei piaceri della vita e della convivialità. L’esatto opposto dello sballo”.
“Il veleno è nella dose”
Sulla questione delle etichettature che mettono in relazione alcool e cancro da apporre sulle bottiglie interviene anche il prof. Riccardo Vecchio che insegna Marketing e normative per il settore vitivinicolo: “C’è una forte pressione a livello internazionale ad andare in direzioni più drastiche e dirette nel collegare il prodotto alcolico a potenziali danni alla salute. C’è un po’ questa direzione generale. Anche il mercato degli Usa, il più grande del mondo, ha una forte propensione a stabilire correlazione tra bevande alcoliche e danni alla salute. Insomma, l’iniziativa irlandese non mi ha sorpreso perché è l’esito di un percorso lungo. Detto ciò, sarebbe uno strappo immaginare che l’Irlanda proceda, perché la proposta va in contrasto con le direttive europee attualmente vigenti e c’è stata una certa compattezza europea per bloccare gli interventi più estremi. Il dibattito è aperto”. Altra cosa è la discussione sulla efficacia di tali interventi, sottolinea il prof. Vecchio: “Nel caso delle sigarette, studi scientifici hanno dimostrato che c’è stato un impatto abbastanza sensibile nel breve periodo delle avvertenze sui gravissimi danni che il tabagismo causa alla salute. Nel lungo periodo l’effetto tende a scemare, un po’ ci si abitua. Gli studi delle avvertenze sugli alcolici sono ancora limitati. Tendenzialmente un impatto nel breve periodo ci può stare, ma è abbastanza probabile che vada a scemare nel lungo periodo”. Va avanti Vecchio: “Che l’alcool faccia male è scientificamente provato, ma il veleno è nella dose. Anche la carne processata, il salame, contiene sostanze cancerogene. Sicuramente il vino non è come la sigaretta. Per quest’ultima il veleno non è nella dose, ma è la sigaretta stessa. Non vale il discorso della modica quantità, che invece è centrale nel vino”. Come Gambuti, Vecchio è convinto che il ‘binge drinking’, espressione inglese che indica la ricerca dello sballo attraverso il consumo di varie bevande alcoliche in poco tempo, sia legato più che al vino ai superalcolici. “È interessante – riflette – notare che in generale i giovani dei Paesi sviluppati associano sempre più il vino con qualcosa di poco salutare, ma che lo stesso stigma non colpisce i superalcolici o la birra. Così come è curioso che molti ritengano che il vino abbia un contenuto calorico più alto dei superalcolici, nonostante sia vero esattamente il contrario. Un bicchierino di vodka ha un residuo zuccherino pari a circa il doppio di un bicchiere di vino bianco”. Il prof. Luigi Moio, che è professore di Enologia, produttore di vini e presidente dell’Organizzazione Internazionale del Vino e della Vigna, ritiene che l’apposizione di avvertenze sui rischi per la salute sulle bottiglie di vino sarebbe sbagliata perché la bevanda finirebbe con il pagare colpe non sue. Riflette: “La sensibilizzazione promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è verso l’alcool etilico in generale ed il vino è intrappolato in questo discorso. Non si discute che l’età media nella quale ci si avvicina all’alcool si è molto abbassata, che aumenta il consumo al di fuori dei pasti e che si esagera spesso. L’alcool è una importante causa di morte a livello planetario. Tutto ciò, però, con il vino, la cultura del bere bene, il consumo intelligente e moderato ha poco a che vedere”. Incalza: “Tra l’altro, il vino è completamente diverso dalle altre bevande alcoliche perché monoingrediente. Tutti i suoi componenti esistono già nel grappolo d’uva e l’alcool si produce durante la fermentazione. Ci sono componenti utili come i polifenoli e c’è il legame con i territori, con gli uomini. Il vino quasi sempre o generalmente è consumato in abbinamento al cibo, diventa un complemento e si beve in piccoli sorsi. Gli enzimi deputati possono operare la degradazione dell’alcool, in questo modo si riducono gli effetti psicotropici sul cervello”.
Fabrizio Geremicca







