Un laureato in Ingegneria Civile chiedeva ad Ateneapoli se la sua laurea conseguita qualche anno fa, dopo l’entrata in vigore della riforma degli studi universitari secondo il cosiddetto “modello 3+2”, sarebbe stata equiparata alla laurea di primo livello (triennale) o di secondo livello (quinquennale).
Rispondevo sinteticamente al giornalista che mi aveva girato la domanda che la questione non era ancora definita ma che l’orientamento degli ordini professionali era quello di prevedere due elenchi distinti, uno per i laureati con corso quinquennale ed uno per i laureati con corso triennale. Concludevo quindi rassicurando il giovane ingegnere sul valore del titolo faticosamente conseguito.
Il giovane ingegnere ha potuto leggere la mia breve risposta sul n. 18 del giornale. Se avesse anche letto il successivo numero, in particolare l’articolo dal titolo “Ingegneria e Albi Professionali, scenari possibili” (un intervento del prof. Paolo Corona, Presidente del Comitato Ordinatore della Facoltà di Ingegneria al Navale, n.d.r.) avrebbe raccolto una opinione differente: d’ora in poi l’ingegnere laureatosi dopo un corso triennale è un ingegnere a tutti gli effetti e anche nei concorsi sarà difficile far valere la laurea quinquennale.
Immagino che questa opinione possa far piombare nello sconforto lui e tanti altri giovani ingegneri come lui, ma sinceramente mi sento di ribadire quanto avevo sinteticamente espresso.
In un Paese dove giustamente si chiede che per diventare docenti di scuola elementare bisogna conseguire una laurea specialistica e poi seguire un master (3+2+1), non è concepibile che “ingegnere”, si possa diventare dopo soli tre anni di studio universitario.
Vista così la professione dell’ingegnere ne uscirebbe mortificata e la capacità del Paese di progredire in tutti i settori dell’economia e del lavoro, ne sarebbe gravemente compromessa.
D’altro canto tutti quelli che, come me, stanno stilando ipotesi di curricola formativi in varie classi dell’ingegneria secondo il nuovo ordinamento, si rendono conto che il percorso triennale di ingegneria può solo preparare un tecnico di livello intermedio che non potrà mai sostituire l’attuale figura di ingegnere.
Penso che tutti noi che operiamo nelle Facoltà di Ingegneria e che ci prepariamo ad adottare il modello formativo del 3+2, siamo obbligati ad essere chiari con i nostri studenti su questi punti per non creare allarmismi o false aspettative.
Di questi e di altri problemi collegati si dibatterà in un Convegno dal titolo “L’Ingegnere Italiano nel Contesto” organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli e dalla Università degli Studi di Napoli Federico II che si terrà presso la Facoltà di Ingegneria il prossimo 15 dicembre.
Rispondevo sinteticamente al giornalista che mi aveva girato la domanda che la questione non era ancora definita ma che l’orientamento degli ordini professionali era quello di prevedere due elenchi distinti, uno per i laureati con corso quinquennale ed uno per i laureati con corso triennale. Concludevo quindi rassicurando il giovane ingegnere sul valore del titolo faticosamente conseguito.
Il giovane ingegnere ha potuto leggere la mia breve risposta sul n. 18 del giornale. Se avesse anche letto il successivo numero, in particolare l’articolo dal titolo “Ingegneria e Albi Professionali, scenari possibili” (un intervento del prof. Paolo Corona, Presidente del Comitato Ordinatore della Facoltà di Ingegneria al Navale, n.d.r.) avrebbe raccolto una opinione differente: d’ora in poi l’ingegnere laureatosi dopo un corso triennale è un ingegnere a tutti gli effetti e anche nei concorsi sarà difficile far valere la laurea quinquennale.
Immagino che questa opinione possa far piombare nello sconforto lui e tanti altri giovani ingegneri come lui, ma sinceramente mi sento di ribadire quanto avevo sinteticamente espresso.
In un Paese dove giustamente si chiede che per diventare docenti di scuola elementare bisogna conseguire una laurea specialistica e poi seguire un master (3+2+1), non è concepibile che “ingegnere”, si possa diventare dopo soli tre anni di studio universitario.
Vista così la professione dell’ingegnere ne uscirebbe mortificata e la capacità del Paese di progredire in tutti i settori dell’economia e del lavoro, ne sarebbe gravemente compromessa.
D’altro canto tutti quelli che, come me, stanno stilando ipotesi di curricola formativi in varie classi dell’ingegneria secondo il nuovo ordinamento, si rendono conto che il percorso triennale di ingegneria può solo preparare un tecnico di livello intermedio che non potrà mai sostituire l’attuale figura di ingegnere.
Penso che tutti noi che operiamo nelle Facoltà di Ingegneria e che ci prepariamo ad adottare il modello formativo del 3+2, siamo obbligati ad essere chiari con i nostri studenti su questi punti per non creare allarmismi o false aspettative.
Di questi e di altri problemi collegati si dibatterà in un Convegno dal titolo “L’Ingegnere Italiano nel Contesto” organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli e dalla Università degli Studi di Napoli Federico II che si terrà presso la Facoltà di Ingegneria il prossimo 15 dicembre.
Prof. Francesco Garofalo
Giunta di Presidenza
di Ingegneria
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