42 studenti, un gruppo di professori e tutor e… un castello

Un castello, una chiave ed una torre crollata. Non si tratta di una fiaba medievale, ma del summer workshop “Idee per la ri-costruzione della torre campanaria della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo”, che si è svolto nel Comune di Morra De Sanctis dal 28 al 31 luglio e a cui hanno preso parte 42 studenti del V anno del Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile-Architettura. “L’idea – spiega il prof. Francesco Polverino, docente di Architettura Tecnica III e coordinatore del Corso di Laurea – è nata da una convergenza di interessi tra quello che è il Corso, in quanto i ragazzi devono svolgere delle attività didattiche integrative per 3 crediti (75 ore), e il Comune di Morra De Sanctis (AV). Nel Comune irpino sorge un’antica torre situata tra la Chiesa Madre ed il Castello Principi Biondi Morra, crollata durante il terremoto del 1980. Le operazioni di scavo per la ristrutturazione della torre, riconosciuta quale campanile della Chiesa, però, hanno portato alla luce un altro livello interrato, che non faceva pensare solo ad una banale torre campanaria, ma alla preesistenza in quel luogo di una torre di guardia del castello”. Ecco che entrano in gioco gli studenti: “Ai ragazzi – spiega il professore – è spettata la ‘ri-progettazione’ della torre”. Il coordinamento del CdL ha coinvolto nel progetto tutti i docenti delle varie cattedre interessate (Storia dell’Architettura, Architettura e Composizione Architettonica, Progetti di Recupero Edilizio, Restauro Architettonico) e ha portato i ragazzi a Morra De Sanctis, dove il Comune ha messo a disposizione “il castello come sede del workshop, consentendone addirittura l’uso notturno (al professore sono state lasciate anche le chiavi!), ha offerto a tutti i partecipanti vitto e alloggio. Per tre giorni e tre notti, e parlo anche di notti perché disegnavano effettivamente anche di notte, i ragazzi hanno dato un prezioso contributo alla ricostruzione di questa torre. È importante sottolineare che tutto ciò è stato svolto grazie anche alla partecipazione attiva della Soprintendenza per i Beni Architettonici delle Province di Salerno e Avellino; quest’ultima ha affiancato gli allievi condividendo il loro lavoro e sostenendone le idee progettuali che, pertanto, possono considerarsi dalla stessa condivise a tutti gli effetti”. Gli studenti sono stati divisi in gruppi da tre, per un totale di 14 gruppi. Ogni squadra ha presentato la propria idea realizzando un poster, mostrato, poi, alla popolazione di Morra De Sanctis l’ultimo giorno. Alla fine, gli stessi allievi hanno decretato il progetto più interessante (“Cristallizzazione di quell’attimo”, di N. Bosco, M. De Simone, A. Viggiano). È, inoltre, in programma a breve la realizzazione di una mostra con tutti i progetti nati da questa esperienza e la loro pubblicazione in un catalogo. 
Nell’agenda degli studenti di Ingegneria Edile–Architettura c’è un secondo workshop con analoghe finalità didattiche: “A fine settembre – conclude il coordinatore del CdL – altri 30-40 allievi verranno ospitati a Presenzano, Comune dell’Alto Casertano che presenta un interessante centro storico con problemi di recupero urbano e con parti quasi del tutto abbandonate. Compito degli studenti sarà quello di individuare le criticità dell’abitato e proporre idee per la risoluzione dei problemi della città, la riqualificazione e il rilancio attraverso progetti pluridisciplinari. A tal proposito, il Comune ha sottoscritto un accordo di collaborazione col CdL in Ingegneria Edile-Architettura che prevede il massimo supporto al lavoro di tesi di laurea su problematiche di interesse del territorio e il riconoscimento di quest’ultimo impegno quale elemento preferenziale in concorsi per l’assunzione di personale tecnico”. 
La parola
agli studenti
“Per me è stata la prima esperienza di questo tipo – spiega Michele De Simone – Quando sono partito sapevo di dover consegnare un’idea di progetto in meno di quattro giorni, considerando che la prima giornata è stata interamente dedicata al saluto da parte delle istituzioni e agli interventi dei vari professori. È stato difficile, ma non ho mai avuto paura di non farcela. L’unico pensiero persistente, soprattutto l’ultima sera, era ‘non andiamo a dormire finché non stampiamo il poster’. Così è stato: l’ultimo giorno abbiamo lavorato no stop fino alle nove del mattino. Ritengo che questa esperienza sia stata molto formativa, seppur impegnativa. Tra noi studenti non vi è mai stato agonismo, anzi nei momenti di difficoltà ci siamo aiutati a vicenda”. Il suo è il progetto vincitore: “Il titolo del nostro progetto è “Cristallizzazione di quell’attimo”. Ci siamo proposti di congelare l’istante del terremoto che ha causato il crollo della torre, immaginando quest’ultima come un volume semplice (un parallelepipedo) dove due delle quattro facce laterali si ribaltano cadendo (come appunto durante il terremoto), ma questa volta rigidamente”. Michele illustra: “Per comprendere la nostra idea basta pensare ad un foglio di carta che cadendo incontra un ostacolo e si piega. Gli altri due lati della torre, invece, restano in piedi”. Una vittoria inaspettata: “l’obiettivo era quello di realizzare un progetto che ritenevamo valido. Fondamentale è stato l’aiuto del prof. Polverino, degli altri docenti, dello storico del paese e del nostro tutor Paolo Liguori, che ha trascorso l’ultima nottata al castello con noi studenti. Altrettanto indispensabile il lavoro di gruppo. Nella fase di ultimazione ognuno di noi ha ricoperto un compito, facendo sì che il progetto fosse completato nel minor tempo possibile”.
Anche per Michele Musella un’esperienza positiva: “Il workshop è stato molto formativo. Non ci eravamo mai trovati prima ad affrontare un progetto e doverlo presentare completo in soli tre giorni. Mi hanno colpito la perfetta organizzazione, la sinergia creatasi tra gruppi di progettazione e tutor, i quali ci hanno fornito il loro contributo per gli aspetti architettonici, e la totale disponibilità del curatore del castello. L’esperienza di lavorare in un castello è stata fantastica per la qualità degli spazi, il comfort e il piacere di lavorare in un luogo circondato dal paesaggio e carico di storia”. Poi lo studente parla del progetto: “puntava a non ledere la sensibilità degli abitanti del piccolo paese. Ci siamo focalizzati su un’architettura nuova che si innesta nella precedente ed è segno di rinascita, che ne acquisisce gli aspetti architettonici formali, come la scansione degli ordini, la presenza di bucature, la funzione di campanile. Ripristinando la vecchia campana abbiamo così restituito un simbolo per il paese. Il tutto realizzato con materiali umili e comuni, che ricordano simbolicamente quelli della croce (legno e acciaio ossidato)”.
Iolanda Silvestri si dice molto soddisfatta: “È stata una bellissima esperienza organizzata nel minimo dettaglio, dal vitto al pernottamento, dagli interventi dei professori a quelli degli storici del luogo. Nonostante fossimo divisi in gruppi da tre, non sono mai mancati collaborazione, supporto e sostegno tra tutti. Così come non è mai mancata la disponibilità dei tutor. Essendo abituati a lavorare sotto pressione con scadenze e ritmi incalzanti, non ci sono mai stati momenti di sconforto. Ansia e paura di non riuscire a finire in tempo sono nostre compagne ma, alla fine del lavoro, prevalgono una leggerezza ed una soddisfazione quasi indescrivibili”. Si passa al progetto: “Attraverso un’ossatura reticolare in acciaio, rivestita da una pelle costituita da un lamierino, secondo dei moduli sfalsati, abbiamo cercato di ricreare il suono della melodia dell’orologio posto in cima alla torre”. 
Esperienza talmente intensa per Francesca Improta, membro dello stesso gruppo di Iolanda, da “perdere la cognizione del tempo. Terminare un progetto in così poco tempo è stata una soddisfazione. Pensavamo di continuo di non farcela, ma la collaborazione e il sostegno morale tra i vari gruppi ci ha aiutato tanto. Eravamo in ‘competizione’ ma non mancava istante in cui si condividevano pareri e suggerimenti”. Una influenza ha decimato i gruppi: “Era una situazione comica: ogni tanto si perdeva un componente. Però, invece di abbatterci, si rideva sempre di più. Indimenticabile sono le sensazioni provate quando i professori, preoccupati per la nostra salute, si sono svestiti del ruolo facendoci un po’ da genitori. Era diventata una grande famiglia e la nostra casa era un castello. Rifarei questa esperienza altre mille volte. La porterò per sempre con me”.
Fabiana Carcatella
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