Francesco Amoretti

Il prof. Amoretti, che insegna all’Università di Salerno al Corso di Laurea in Scienze della comunicazione, è stato tra i fondatori della rivista Comunicazione Politica nel 2000. Nell’ambito della scienza politica, si è occupato soprattutto dei rapporti tra media e sistema politico. È al secondo mandato al CUN.
Qual è la funzione del CUN nel sistema dell’autonomia universitaria?
“Il CUN è l’unico organo rappresentativo per aree scientifiche e didattiche del sistema universitario nazionale, e il suo ruolo normativo non è mai stato messo in discussione. Ha funzioni di rappresentanza che vanno valorizzate e potenziate soprattutto nell’attuale fase di passaggio sistemico”.
Quali sono le emergenze da affrontare nel breve periodo?
“Ci sono tre problemi caldi da fronteggiare che ci terranno molto impegnati nei prossimi mesi: uno riguarda la redazione dell’anagrafe della ricerca e della docenza, che in Italia non abbiamo ancora, seppur si avverta da tempo la necessità di organizzare in maniera razionale il nostro sistema e, soprattutto, dare trasparenza ai dati. In secondo luogo, dovremo intervenire per ridefinire i criteri della scientificità delle riviste, differenti a seconda delle aree di appartenenza; infine, bisognerà rivedere le declaratorie dei settori scientifico-disciplinari, ferme alle definizioni attribuite anni addietro che non hanno tenuto conto dell’evolversi dei saperi. Spero di lavorare in un quadro politico generale che valorizzi l’Università e la ricerca che, attualmente, vivono in un evidente stato di sofferenza”.
Qual è la situazione della ricerca in Italia?
“Il sistema universitario è, in generale, in affanno e, in particolare, ci sono aree territoriali e scientifico disciplinari che lo sono ancor più. Mi riferisco al Mezzogiorno d’Italia che sembra soffrire di più, insieme al settore delle Scienze umane (area 10 – 14) che comprende anche l’area giuridica e quella economica. A ciò si aggiunge una percezione di inutilità da parte dei giovani del percorso universitario, favorito da un clima di incertezza. Anche la ricerca non è messa bene: nella classifica OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico) siamo quasi sempre agli ultimi posti”. La figura del ricercatore a tempo determinato “crea un problema in prospettiva: la precarietà. La scarsità di risorse sta spingendo a non investire sui giovani ricercatori per i quali non siamo in grado di garantire un futuro, tenuto conto anche del blocco nelle progressioni di carriera, già da cinque anni”.
Qual è il rapporto con l’ANVUR?
“C’è un rapporto di collaborazione istituzionale, anche se l’ANVUR è stato investito di poteri e prerogative che lo rendono autonomo nei processi decisionali. Su alcune politiche, come quelle relative alla definizione degli standard di valutazione, ha sottratto competenze al CUN. Ora, con le criticità messe in evidenza (riduzione dei finanziamenti, diminuzione delle immatricolazioni, ecc.), si sta anche definendo la linea di intervento da parte dell’ANVUR”.
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