Mentre il testo della riforma Gelmini va alla Camera, continua la protesta dei ricercatori. Quelli della Federico II hanno presentato il 22 novembre ad Architettura un ‘libro bianco’ che radiografa i disagi della loro astensione dalla didattica in ogni Facoltà. “Il primo semestre è partito – afferma Bruno Catalanotti, ricercatore da tredici anni a Farmacia, il quale fino allo scorso anno, almeno al secondo semestre, ha tenuto ben tre corsi per un totale di 280 studenti – ma in che modo?”. Diversi sono gli espedienti adottati dalle Facoltà. “Alcune, come Lettere, Scienze, Agraria, Veterinaria, Medicina, Ingegneria, hanno posticipato al secondo semestre i corsi tenuti dai ricercatori semplicemente nella speranza che, col passare dei mesi, la situazione cambi – continua Catalanotti – Altre Facoltà, come Sociologia, hanno soppresso i corsi non fondamentali; in altre ancora sono stati accorpati con evidente disagio per gli studenti (per esempio, tutti i corsi del primo anno di Viticoltura ed Enologia, con sede ad Avellino, sono stati accorpati con quelli di Agraria, a Portici)”. Il quadro generale in cui si innesta il DDL Gelmini è definito “inaccettabile”. I tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario per l’Università, il blocco del turn over “nel migliore dei casi al 50%”, un gran numero di professori ad un passo dalla pensione, il blocco degli scatti stipendiali per tre anni, l’assenza di concorsi già da due anni, sono i principali punti che hanno portato alla decisione di rifiutare gli incarichi di docenza. “Alla Federico II, c’è un rapporto numerico docenti/studenti di 32. E’ sconvolgente – afferma Antonio Squillace, ricercatore 40enne di Ingegneria che, confermato dal 2002, dichiara di percepire uno stipendio mensile che ammonta a poco più di 1800 euro netti – Con questi numeri, è impossibile offrire un servizio adeguato ai nostri studenti!”. “In una regione come la Campania – aggiunge – dove, spesso, un titolo di studio rappresenta l’unica possibilità di riscatto, non possiamo privare i giovani dell’Università!”. Il prof. Alberto Incoronato, ordinario di Geofisica presso la Facoltà di Scienze, fa riferimento alla retribuzione dei docenti italiani, tra le più basse d’Europa. “La situazione è difficile per tutti – dice – non abbiamo aumenti di stipendio dal 1990, eppure non stacchiamo mai la spina: non abbiamo un orario di lavoro, siamo attivi nelle ore più improbabili!”.