Luigi Caramiello: un docente cantautore

Musica e sociologia, riflessione attenta e divertimento spensierato, testi originali e rivisitazione di brani che hanno fatto la storia della musica italiana e straniera. Questi sono solo alcuni degli elementi messi a confronto sul palco del teatro Trianon dal prof. Luigi Caramiello, docente di Sociologia dell’Arte e della Letteratura al Dipartimento di Scienze Sociali della Federico II, che, senza mai svestire i panni dell’intellettuale impegnato, si è messo in gioco mostrando al pubblico le sue doti di cantautore. “Un anima(le) nel vento. Canto di un sociologo errante del Sud” è il titolo dello spettacolo che, la sera del 9 maggio, ha visto il docente abbandonare definitivamente l’idea di musicista per hobby per sposare quella della musica come strumento di comunicazione di pensieri e di sentimenti. In questa occasione, spettacolo e impegno universitario camminano a braccetto. Lo si capisce già poco dopo l’ingresso, lungo le scale che conducono alla platea. Qui un piccolo stand esibisce una delle ultime pubblicazioni del docente, “Frontiere culturali”, una raccolta di 14 saggi che il professore ha scritto in collaborazione con diversi suoi allievi. A mostrarlo a quanti si apprestano a scendere in sala sono Salvatore, Maria e Virginia, tre studenti di Sociologia che, con entusiasmo per nulla nascosto, dichiarano: “è il professore di tutti. È un genio. Siamo felici di collaborare con lui. Partecipiamo con gioia alle sue iniziative, in questo libro ci siamo anche noi, dentro e fuori!”. Pochi sono i dubbi dei tre giovani su come andrà la serata: “lui è un grande pure come cantante”.
Alle 21.30 il protagonista della serata sale sul palco, accolto da un caloroso applauso. Lo accompagnano tre giovanissimi musicisti: Aldo Capasso al basso, Federico Luongo alla chitarra e Luca Mignano alla batteria. La band presenta subito una delle canzoni partorite da Caramiello in circa venti giorni di ritiro ad Acciaroli, dove di getto sono state scritte musiche e testi raccolti poi nell’album “Un anima(le) nel vento”. Nel corso della serata si susseguono pezzi spesso orecchiabili e dal ritmo gradevole, come “Tamburriata in 3D”, “Basta che funzioni”, “Sole rovente”, “Un anima(le) nel vento” (il singolo che dà il nome all’album), capaci di tracciare un cammino di riflessione individuale su se stessi e sulla collettività.
Parole e pensieri personali si accompagnano subito a grandi pezzi d’autore. Il pubblico – studenti, docenti, amici – diventa un coro unico che accompagna gli artisti quando vengono intonate canzoni come “La prima cosa bella” di Nicola di Bari e “Il mare d’inverno” di Ruggeri (definito da Caramiello “un grande cantante e un grande amico”). La partecipazione è totale anche quando il professore, non senza affanni, prova a vestire i panni del rocker prendendo in prestito “Un senso” di Vasco Rossi, o quando si concentra sui profondi significati delle canzoni “Un giorno credi” di Bennato e “Il mio canto libero” di Lucio Battisti.
A ravvivare ulteriormente la serata, ospiti di notevole spessore musicale, come Piero de Asmundis, Ciccio Merolla, Gennaro Romano, Marco Zurzolo, Franco Del Prete. Ma non c’è stata solo buona musica. Gli spunti di riflessione hanno preso corpo anche nei brani recitati da Marina Cioppa, Milena Flaminio e Mariachiara Golia.
Canzoni, poesie, citazioni, brani presentati a un pubblico che, in linea con le abitudini del protagonista, è stato coinvolto attivamente. Quasi come se il teatro fosse un’aula universitaria, in diversi frangenti il prof. Caramiello non ha esitato a chiarire agli spettatori i punti che potevano sembrare più oscuri. Così, quando lo staff tecnico palesa difficoltà evidenti nel far partire una colonna sonora, lui, senza perdersi di coraggio, confessa: “questo è uno di quei momenti in cui uno si chiede cosa inventarsi prima che parta la base”. Non gli crea imbarazzo nemmeno il guasto tecnico che fa saltare la corrente durante una delle ultime esecuzioni: “va bene, la facciamo a cappella”. La chiusura è di quelle che ci si aspetta quando la scena è in mano a personaggi tanto versatili. Giunti al momento dei saluti, quando nel teatro regnava ancora il buio e ormai metà degli spettatori aveva già guadagnato l’uscita, uno studente dalla platea grida: “Prof, facci Un anima(le) nel vento”.
Di fronte a una richiesta del genere qualcuno ha deciso di ritornare in teatro. Anche la corrente.
(C. B.)
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