Lutto ad Architettura per la scomparsa del prof. Gravagnuolo

Si è spento il primo luglio, all’età di 63 anni a causa di una lunga malattia, Benedetto Gravagnuolo, professore ordinario di Storia dell’Architettura ed ex-Preside della Facoltà della Federico II. “Se n’è andato un carissimo amico, uomo fine, di grande cultura e di straordinaria intelligenza. Con lui Napoli perde una delle menti più raffinate”, ricorda con dolore il Vicepresidente e Assessore all’Università e alla Ricerca della Giunta Regionale Campana Guido Trombetti, Rettore quando il prof. Gravagnuolo era Preside. Insignito del premio Sebetia-ter con medaglia conferitagli dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2005, il prof. Gravagnuolo era stato nello stesso anno nominato membro del comitato scientifico del Palazzo delle Arti di Napoli e rivestiva la carica di Consulente del MIUR. “La notizia è arrivata come una stilettata lacerante. Sapevo che stava male e che le sue condizioni di salute erano molto serie, ma non è bastato ad attutire il colpo e a lenire il grande dolore”. I funerali si sono svolti nella chiesa di piazza San Pasquale, di cui si era occupato direttamente in qualità d’architetto. “Avevamo molti gusti in comune, mi piaceva ascoltarlo commentare gli ultimi eventi universitari, politici, letterari, cinematografici. Una critica realistica e costruttiva la sua, sempre intriso della capacità di sdrammatizzare e guardare le cose nella giusta dimensione. Incline all’ironia più sofisticata”. Una sola serata l’Assessore lo ricorda ascoltare, più che parlare: “quando il suo maestro, Renato De Fusco, spiegava al pubblico ammaliato quali dovessero essere le scelte giuste per il rilancio di Bagnoli”. Gravagnuolo stesso era un conferenziere brillante: “catturava gli ascoltatori come fossero calamite, allo stesso tempo ostentava una certa indolenza, che lo portava ad arrivare in ritardo alle riunioni”. Aveva una grande passione per il cinema: “ricordo che con entusiasmo propose di organizzare un incontro con Francesco Rosi, dove proiettammo il capolavoro “Le mani sulla città”. Da un po’ di tempo non lo incontravo più al Filangieri, cinema a pochi passi dalla sua abitazione, dove commentavamo insieme i film. La cosa era un segnale che mi sforzavo di non accettare”. 
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