“Non sono i titoli, professionali o familiari, a fare di un uomo quello che è, ma le sue azioni e la sua passione”. Si apre con questa frase la pagina Twitter di Maurizio Barracco, classe ’43, dirigente d’azienda e banchiere italiano. Dal 2012 è Presidente del Banco di Napoli ma ha in attivo altre importanti cariche amministrative in Istituzioni pubbliche e private, tra cui Banca d’Italia, Banca San Paolo, Bank of Alexandria, RCS MediaGroup e ARIN. É Presidente onorario di Federculture e nel 1984, con la moglie Mirella Stampa, ha istituito la Fondazione Napoli Novantanove, promotrice di iniziative come Maggio dei Monumenti, che rilanciò l’immagine del centro storico di Napoli in tutto il mondo, e “la Scuola adotta un monumento”, altro progetto della Fondazione. Il dott. Barracco è un ottimista, ha una personalità forte, per lavoro i suoi interlocutori sono grandi aziende ed autorità, ma segue con particolare attenzione i giovani: “le nuove generazioni hanno una mente più elastica, fanno contemporaneamente più cose anche se quasi esclusivamente on-line, ma sono anche molto distratti. Di recente ho letto un libro di Michele Serra, dal titolo ‘Gli sdraiati’ che illustra proprio la quotidianità di una nuova generazione che alimenta il proprio sapere attraverso un tablet o uno smartphone”.
Secondo Lei il livello di preparazione offerto da Scuole ed Università è sufficientemente adeguato ai nostri tempi? “Credo che bisogna intervenire sulla formazione. Oggi il mondo corre e per essere competitivi dobbiamo avere un approccio diverso con metodi moderni che forniscono strumenti adeguati. In un sistema universitario che non può permettersi di dare tutto a tutti andrebbero scovati e sostenuti soprattutto i tanti studenti talentuosi. Naturalmente lo stesso criterio varrebbe anche per quei docenti che hanno contribuito ad una mediocre qualità di insegnamento”.
Lei ha sicuramente una visione ampia ed attendibile su settori produttivi e sulle esigenze di mercato. Per avere maggiori possibilità occupazionali o soddisfazioni professionali su quali percorsi universitari consiglia di puntare? “Non si tratta di un indirizzo specifico, basta analizzare le evoluzioni degli ultimi anni e le esigenze attuali. Per esempio, credo che a breve ci sarà un rilancio dell’agricoltura di qualità, avrà un grande successo. Fino ad ora siamo riusciti a decrescere a livelli insostenibili. Siamo diventati debitori verso l’estero di tutto quello che mangiamo. Abbiamo un paese fertilissimo ma importiamo quasi tutto, anche l’olio d’oliva per la cui produzione e qualità siamo i migliori. In generale, comunque, punterei su tutti i settori competitivi, anche quello artigianale”.
Quali caratteristiche occorrono per avere successo nel mondo del lavoro? “Ci vuole quella curiosità che porta a stimolare ricerca e innovazione, due componenti fondamentali per essere competitivi in un mercato in continua evoluzione e globale. Gran parte degli studenti universitari hanno gli strumenti per poterlo fare. Vanno formati adeguatamente, motivati e soprattutto devono imparare a investire su se stessi. Le grandi aziende con il monopolio del mercato del lavoro non ci sono più, l’Italia, e soprattutto il Sud, ha bisogno di nuova linfa e imprese formate da giovani. Negli ultimi 5 anni, hanno raggiunto il 25% di tutti nuovi occupati e sono quelle che, nonostante la crisi, perdono meno posti di lavoro”.
Il futuro è quindi delle piccole imprese? “Il normale business tradizionale è legato troppo al consumo locale ed interno, con rischi elevati. Per competere sono necessarie idee innovative utilizzabili anche per un mercato di nicchia e soprattutto valide per l’export”.
Ci indica qualche esempio di aziende di successo con prodotti specifici? “Esistono piccolissimi settori che rappresentano un mercato interessante. Ad Afragola, per esempio, la De Nigris è leader mondiale per la produzione di aceto balsamico, il suo prodotto è presente in tutto il mondo ed è in continua innovazione. Ho saputo che di recente stanno lavorando su un ketchup all’aceto balsamico proprio perché piace in Cina e Giappone. Altra bella realtà è l’azienda Caputo di San Giovanni a Teduccio. Si sono specializzati nella produzione della farina per pizze e sono diventati i maggiori produttori, la si trova anche in Cina ed India. Ma si può puntare su qualsiasi cosa, come software particolari, un chip o altro. Basta innovare”.
Fare impresa, però, soprattutto nel Mezzogiorno, non è facile per i giovani.
“In piena crisi economica è tutt’altro che semplice, soprattutto nel nostro territorio. Per questo motivo sono importanti iniziative come quella di TechHub, promossa dalla Camera di Commercio, con l’Università Federico II e il Banco di Napoli. L’idea è quella di sostenere le ‘start up’ selezionate, finanziando direttamente l’idea con un contributo a fondo perduto fino a 50.000 euro. Conosciamo le difficoltà dei giovani, crediamo in loro e ci stiamo puntando”.
Spesso il rapporto con le banche non risulta idilliaco, sta cambiando qualcosa? “Il sistema bancario è un sistema rigido ma stiamo migliorando, soprattutto nel rapporto con i giovani che vogliono mettersi in gioco con nuove iniziative di carattere imprenditoriale, ma anche per i servizi. Il Banco di Napoli ha aperto una filiale in via Merliani, al Vomero, studiata proprio per le loro esigenze, ma anche tanti servizi a zero costi. La nostra carta prepagata Superflash, per esempio, consente, a titolo gratuito, tutti i servizi bancari, ed a breve, grazie ad un accordo stipulato con l’Università Federico II, sarà personalizzabile e diventerà una chiave di accesso anche per tutti i servizi universitari”. Una card unica per tutto il Sistema Universitario campano? “Ce lo auguriamo. Per adesso abbiamo la disponibilità delle prime ventimila card per l’Ateneo Federiciano poi passeremo a centomila, dopodiché saremo pronti per tutti gli altri Atenei che volessero associarsi”.
Gennaro Varriale
Secondo Lei il livello di preparazione offerto da Scuole ed Università è sufficientemente adeguato ai nostri tempi? “Credo che bisogna intervenire sulla formazione. Oggi il mondo corre e per essere competitivi dobbiamo avere un approccio diverso con metodi moderni che forniscono strumenti adeguati. In un sistema universitario che non può permettersi di dare tutto a tutti andrebbero scovati e sostenuti soprattutto i tanti studenti talentuosi. Naturalmente lo stesso criterio varrebbe anche per quei docenti che hanno contribuito ad una mediocre qualità di insegnamento”.
Lei ha sicuramente una visione ampia ed attendibile su settori produttivi e sulle esigenze di mercato. Per avere maggiori possibilità occupazionali o soddisfazioni professionali su quali percorsi universitari consiglia di puntare? “Non si tratta di un indirizzo specifico, basta analizzare le evoluzioni degli ultimi anni e le esigenze attuali. Per esempio, credo che a breve ci sarà un rilancio dell’agricoltura di qualità, avrà un grande successo. Fino ad ora siamo riusciti a decrescere a livelli insostenibili. Siamo diventati debitori verso l’estero di tutto quello che mangiamo. Abbiamo un paese fertilissimo ma importiamo quasi tutto, anche l’olio d’oliva per la cui produzione e qualità siamo i migliori. In generale, comunque, punterei su tutti i settori competitivi, anche quello artigianale”.
Quali caratteristiche occorrono per avere successo nel mondo del lavoro? “Ci vuole quella curiosità che porta a stimolare ricerca e innovazione, due componenti fondamentali per essere competitivi in un mercato in continua evoluzione e globale. Gran parte degli studenti universitari hanno gli strumenti per poterlo fare. Vanno formati adeguatamente, motivati e soprattutto devono imparare a investire su se stessi. Le grandi aziende con il monopolio del mercato del lavoro non ci sono più, l’Italia, e soprattutto il Sud, ha bisogno di nuova linfa e imprese formate da giovani. Negli ultimi 5 anni, hanno raggiunto il 25% di tutti nuovi occupati e sono quelle che, nonostante la crisi, perdono meno posti di lavoro”.
Il futuro è quindi delle piccole imprese? “Il normale business tradizionale è legato troppo al consumo locale ed interno, con rischi elevati. Per competere sono necessarie idee innovative utilizzabili anche per un mercato di nicchia e soprattutto valide per l’export”.
Ci indica qualche esempio di aziende di successo con prodotti specifici? “Esistono piccolissimi settori che rappresentano un mercato interessante. Ad Afragola, per esempio, la De Nigris è leader mondiale per la produzione di aceto balsamico, il suo prodotto è presente in tutto il mondo ed è in continua innovazione. Ho saputo che di recente stanno lavorando su un ketchup all’aceto balsamico proprio perché piace in Cina e Giappone. Altra bella realtà è l’azienda Caputo di San Giovanni a Teduccio. Si sono specializzati nella produzione della farina per pizze e sono diventati i maggiori produttori, la si trova anche in Cina ed India. Ma si può puntare su qualsiasi cosa, come software particolari, un chip o altro. Basta innovare”.
Fare impresa, però, soprattutto nel Mezzogiorno, non è facile per i giovani.
“In piena crisi economica è tutt’altro che semplice, soprattutto nel nostro territorio. Per questo motivo sono importanti iniziative come quella di TechHub, promossa dalla Camera di Commercio, con l’Università Federico II e il Banco di Napoli. L’idea è quella di sostenere le ‘start up’ selezionate, finanziando direttamente l’idea con un contributo a fondo perduto fino a 50.000 euro. Conosciamo le difficoltà dei giovani, crediamo in loro e ci stiamo puntando”.
Spesso il rapporto con le banche non risulta idilliaco, sta cambiando qualcosa? “Il sistema bancario è un sistema rigido ma stiamo migliorando, soprattutto nel rapporto con i giovani che vogliono mettersi in gioco con nuove iniziative di carattere imprenditoriale, ma anche per i servizi. Il Banco di Napoli ha aperto una filiale in via Merliani, al Vomero, studiata proprio per le loro esigenze, ma anche tanti servizi a zero costi. La nostra carta prepagata Superflash, per esempio, consente, a titolo gratuito, tutti i servizi bancari, ed a breve, grazie ad un accordo stipulato con l’Università Federico II, sarà personalizzabile e diventerà una chiave di accesso anche per tutti i servizi universitari”. Una card unica per tutto il Sistema Universitario campano? “Ce lo auguriamo. Per adesso abbiamo la disponibilità delle prime ventimila card per l’Ateneo Federiciano poi passeremo a centomila, dopodiché saremo pronti per tutti gli altri Atenei che volessero associarsi”.
Gennaro Varriale