Pini di Posillipo: i progetti di recupero degli studenti

Gli studenti di Architettura scendono in campo per riqualificare il Parco Virgiliano, viale Virgilio, via Tito Lucrezio Caro, via Boccaccio, via Manzoni e le altre strade di Posillipo nelle quali sono stati abbattuti centinaia di pini – in molti punti i tronchi sono ancora abbandonati sull’asfalto – e nelle quali non è stata neppure realizzata la rimozione delle ceppaie e la sostituzione delle piante eliminate. Una decina di giorni fa all’ingresso del Parco, tuttora chiuso al pubblico per il rischio di caduta degli alberi innescato dalle bufere di libeccio, scirocco e grecale dei mesi scorsi e propiziato a sua volta da una generalizzata trascuratezza della manutenzione del verde in città, hanno esposto ed illustrato i progetti di ripiantumazione e di recupero del decoro dell’area realizzati nell’ambito del corso di Laboratorio di Composizio ne Architettonica 3 e di Architettura del Paesaggio della professoressa Emma Buondonno con le architette Alessia Criscuolo e Lucia Sichenz. “Gli studenti – dice Buondonno – hanno elaborato proposte che prevedono ovunque il ripristino dei pini, ma con un sesto d’impianto molto diverso da quello realizzato nel passato. Non vanno messi ravvicinati come si è fatto un secolo fa, ma devono avere una distanza di una decina di metri l’uno dall’altro. Il motivo è semplice: per ciascun albero occorre prevedere un’aiuola che sia ampia almeno un metro e mezzo e che permetta alle radici di svilupparsi adeguatamente. Questo eviterà il fenomeno del sollevamento del suolo provocato dalle radici e preverrà l’indebolimento dei pini, che se non hanno sufficiente terreno per ancorare il tronco diventano instabili e rischiano di essere abbattuti dal vento”. Bisogna voltare pagina, insomma – è uno dei punti comuni ai diversi progetti – rispetto alla scriteriata cementificazione fino alla base che ha contribuito non poco nel corso dei decenni a decretare la morte di tante piante posillipine. “Laddove i viali sono più ampi – prosegue la docente – può esserci una integrazione dei pini con i lecci e con gli oleandri. Anche questi alberi, naturalmente, devono disporre di adeguate aiuole”. Ciascun gruppo di studenti si è occupato di una strada. Una squadra ha esaminato anche la situazione della piazza antistante la discesa di Marechiaro. “Lì i ragazzi non modificano l’area dove sono i dondoli ed i tavolini, ma liberano le aiuole. C’è a Napoli la pessima abitudine di cementificarle con le fondazioni dei pannelli della pubblicità. Penso a Corso Europa, ma non è certamente l’unico caso. Abbattiamo gli alberi perché diciamo che sono pericolosi, ma pure i cartelloni lo sono e non ci danno neppure ossigeno. È il segnale di un imbarbarimento della gestione del verde”. Tra gli studenti che hanno elaborato proposte ci sono Marco Treviso, Ilaria Russo e Sabrina Masullo. “Ci siamo occupati specificamente – raccontano – del viale Virgilio. Il nostro progetto, ovviamente, punta molto ad una decisa ripresa del verde. Pini, lecci, oleandri. La sistemazione a verde occuperebbe il trentadue per cento del viale. Abbiamo immaginato anche di installare un sistema autopulente della strada, utilizzato attualmente per esempio in Corea del sud. Prevede spruzzatori di acqua e particelle di titanio per abbattere gli inquinanti e portarli nelle fogne. Lì sarebbero filtrati e l’acqua ripulita sarebbe di nuovo impiegata per lavare il manto stradale”. Chiara Scarcelli, un’altra studentessa, ha elaborato con alcuni suoi colleghi un progetto relativo al recupero di via Manzoni, un’altra delle strade limitrofe al Parco Virgiliano che, negli ultimi anni, ha subito pesanti contraccolpi dalla moria di alberi, dagli abbattimenti a raffi ca necessari per eliminare le chiome ormai instabili e dal dissesto del manto stradale determinato a sua volta dall’emergere in superficie delle radici dei pini assediate dall’asfalto. “Anche per via Manzoni – illustra – il progetto prevede di ripiantumare i pini in aiuole sufficientemente ampie da garantirne la crescita senza che si ripetano i problemi di instabilità e pericolo determinati dalla cementificazione fino alla base del tronco. Sul lato interno della strada immaginiamo filari di lecci che garantirebbero anch’essi ombra ed ossigeno”. Dal punto di vista didattico, prosegue la studentessa, l’esperienza del Laboratorio di progettazione è stata interessante “perché ha permesso di confrontarci e di misurarci su un tema di grande attualità che sta cuore a tutta la città. Abbiamo effettuato vari sopralluoghi, seguito le cronache dei quotidiani, provato a parlare con le persone che frequentano la zona per capire quale idea avessero e come avrebbero voluto che fosse progettata la riqualificazione dell’area. Insomma, è stato un lavoro molto impegnativo ma certamente interessantissimo”. La rinascita del Parco Virgiliano e delle strade limitrofe, che oggi offrono lo spettacolo penoso di una sequela di ceppi alti circa mezzo metro laddove prima c’erano gli alberi e che sono la rappresentazione della trascuratezza nella cura del verde pubblico innescata in parte anche da mancanza di risorse adeguate, è affidata agli interventi che il Comune dovrebbe finanziare attraverso i contributi stanziati alcuni mesi fa dalla Città Metropolitana. Complessivamente venti milioni di euro, 5 per le strade e 15 per i parchi, nell’intera città. Piace immaginare e sperare che, nello studio del modo migliore di impiegare queste risorse, si possa tener conto anche del lavoro, dei progetti e delle idee messi in campo dagli studenti di Architettura. A distanza di diciotto anni, l’auspicio è che la storia possa ripetersi. Nel 2002, infatti, quando Antonio Bassolino, Rosa Russo Iervolino e Casimiro Monti – assessore comunale all’Ambiente – tagliarono il nastro per riaprirla al pubblico, l’area verde era stata da poco riqualificata su progetto della Facoltà di Architettura dell’Ateneo federiciano.
Fabrizio Geremicca
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