Riforma del mercato del lavoro: un dibattito a più voci

Dove va il nostro mercato del lavoro? Qual è la posizione dell’Italia in Europa? Sono i temi al centro del seminario interdisciplinare dedicato alla Riforma Fornero, promosso dal prof. Mariorosario Lamberti, associato di Diritto del Lavoro ad Economia, e moderato dal prof. Giuseppe Ferraro, ordinario della stessa disciplina alla Facoltà di Giurisprudenza, che si è svolto venerdì 18 maggio presso l’Aula Congressi Azzurra di Monte Sant’Angelo. A confrontarsi sugli effetti e le prospettive della riforma, mentre è in corso la discussione al Senato, quattro studiose: due giuriste, un’economista ed una sociologa. La prof.ssa Lilia Costabile, ordinario di Economia Politica ad Economia, illustra i punti cruciali della proposta di legge, dalle tipologie contrattatali, che restano sostanzialmente immutate, alla flessibilità, in uscita, per la quale viene abolito il reintegro immediato nei casi di licenziamento per ingiusta causa: “alcune forme lavorative, come quello a chiamata, sono state facilitate, mentre l’apprendistato diventerà la forma preferenziale di ingresso nel mondo del lavoro”. Il modello di riferimento è quello della flex-security di stampo scandinavo, basato su un mercato del lavoro fluido, con lavoratori, al tempo stesso, molto mobili e molto protetti. È il sistema verso cui vorrebbe tendere la Comunità Europea che prevede fortissimi investimenti pubblici, in termini di sussidio e formazione continua. Per sostenerlo, la Danimarca investe in politiche attive per il mercato del lavoro il 6% del Prodotto Interno Lordo, contro l’1% della Germania e lo 0,4% dell’Italia dove, fra il ’96 e il 2010, si è registrata un’occupazione senza crescita. Un effetto amplificato dalle fallimentari decisioni perseguite, in termini di Politica Economica, a partire dai primi anni ’70 che hanno indotto il nostro paese ad abbandonare i settori avanzati, come l’aeronautica e l’elettronica, a favore di quelli tradizionali. Risultato, nel Belpaese solo il 56,8% delle persone fra i 15 ed i 65 anni ha un’occupazione, fra questi il 19,5% dei ragazzi fra i 15 ed i 24 anni ed il 46,6% delle donne partecipa al mondo del lavoro. Lontano dal 64,9% medio dei paesi OCSE e dai relativi tassi di occupazione giovanile e femminile pari, rispettivamente, al 39,5% ed al 56,9%. A queste persone bisogna aggiungerne almeno altri sei milioni che, in Italia, non studiano e non cercano lavoro, anche perché non è radicato un sistema di Lifelong Learning, di formazione continua degli adulti. Una volta usciti dal mercato del lavoro, non si rientra. Tutto questo incide sui sistemi di prevenzione e tutela della salute, sulla stabilità delle unioni, sull’età a cui si arriva al matrimonio e al primo figlio. “Lo Stato Nazionale contribuisce alla nascita del capitalismo come strumento di regolazione di un sistema sociale, adeguato all’economia, perché senza diritto la terra, o la forza lavoro, non possono diventare uno strumento commerciale – sottolinea la prof.ssa Maria Carmela Agodi, ordinario di Sociologia Generale alla Facoltà di Sociologia – Dopo aver liberato il denaro dal riferimento dell’oro, ci si rivolge a beni come l’acqua, le fonti energetiche, la conoscenza”. “Nella riforma sono presenti alcuni elementi di compensazione, minore flessibilità in entrata e maggiore in uscita. C’è il tentativo di attenuare i dualismi nel mercato del lavoro e nelle tutele interne ma, allo stesso tempo, riaffiorano nuovi dualismi, come l’indennità di mobilità a favore di un sistema di ammortizzatori autofinanziati – spiega la prof.ssa Lucia Venditti, associato di Diritto del Lavoro alla Facoltà di Scienze Politiche – Anche il primo contratto a termine passa da sei mesi a un anno ma il divieto di proroga è un’iniziativa a favore delle imprese. Un salario minimo per i lavoratori a progetto sarebbe una misura davvero protettiva”. La dott.ssa Carla Musella, Presidente della Sezione lavoro del Tribunale di Napoli, apre una finestra sull’uso demagogico che si fa dell’articolo 18, su cui la riforma interverrebbe: “solo in una percentuale esigua di casi ne è prevista l’applicazione. Nella riforma il contratto dominante è quello a progetto, che pone un freno alla precarietà, la vera tragedia. Si poteva, però, cogliere l’occasione di semplificare le procedure d’ingresso, che sono quelle che attirano o meno gli investitori stranieri dei quali si parla tanto”. 
Simona Pasquale
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