Studenti di Medicina atipici. Così amano definirsi alcuni ragazzi della Facoltà di Medicina della Federico II. Si trovano all’uscita dell’Edificio 6, dove si seguono i corsi del primo anno. Futuri medici per vocazione, riescono a concedersi una breve pausa tra un corso e l’altro, a differenza della maggior parte dei loro colleghi che utilizzano le soste per ripassare quanto spiegato a lezione. “Penso che per diventare medico devi avere una vocazione, come per fare il prete, altrimenti rischi di essere un mediocre nell’esercizio della professione”, afferma con convinzione Emanuela Asunis, posizionatasi sessantaquattresima nella graduatoria del test d’ingresso. La ragazza spiega cosa vuol dire realmente fare il medico. “Ti impegna 24 ore su 24. Se arrivando a casa c’è un incidente, hai il dovere morale di soccorrere, anche se è finito il tuo turno lavorativo”. Gli studenti si definiscono atipici, anche perché: “siamo figli di nessuno”, fa presente Edoardo Auriemma, ovvero “nessuno di noi ha i genitori medici, cosa molto comune tra gli iscritti. Ho scelto per conto mio e ho perseguito questa scelta con costanza e determinazione, infatti provengo da un anno di studio a Scienze Biotecnologiche, ed è il secondo anno che tento di entrare. Finalmente ci sono riuscito”. Quasi tutti provengono da Biotecnologie con l’unico obiettivo di farsi convalidare gli esami in comune. Apprezzamenti positivi sui corsi. “Stiamo seguendo dal 24 settembre: Chimica, Fisica, Statistica e preferiamo quest’ultima perché il prof. Giani interagisce molto con gli studenti. Fa addirittura preparare a noi slide e tenere una lezione. Il che è molto stimolante”, commenta Giovanni D’Agostino. Una piccola critica riguarda invece le aule. Ne parlano Rosa D’Alverio ed Emanuela. “Siamo in 400 del primo anno a seguire nell’aula A dell’edificio 6, e non abbiamo neanche dei banchetti. Dobbiamo utilizzare le tavolette estraibili per scrivere, che spesso sono rotte”. Nonostante le difficoltà che creano le strutture, c’è un risvolto della medaglia. “Qui al Policlinico sei sulla scena, cioè vedi passare ambulanze e pazienti, quindi ti fai immediatamente un’idea di quello che sarà il tuo lavoro. Ci è concesso addirittura assistere ad un’autopsia, se ne facciamo richiesta”, spiega Rosa. La differenza con la Facoltà di Scienze Biotecnologiche si fa sentire: “lì eravamo più coccolati, sia riguardo le strutture, che i docenti, perché in numero inferiore. Qui i professori non possono seguirti singolarmente”, aggiunge Emanuela. Un po’ difficile sfatare il mito dello studente di Medicina secchione e competitivo. “Riscontro che gli argomenti di conversazione più frequenti qui sono ‘di che tratta l’esame’, o ‘cosa è stato detto al corso’. È difficile parlare dei tuoi interessi e c’è molta competizione, infatti la maggior parte dei frequentanti è composta da ragazzi poco aperti al dialogo, più attenti a primeggiare”, lamenta Francesca Boccellino. Non si cambia opinione riguardo l’ambiente, neanche al sesto anno, come argomenta Francesca Pagliuca. “Sono stata ammessa al primo colpo, perché ritengo la medicina appassionante. Se non fossi entrata, però, non avrei riprovato. Qui c’è troppa competizione insana. Ricordo che i miei primi giorni sono stati tragici”. Francesca non era soddisfatta dei colleghi in particolare: “Ti avvicinavano solo per chiederti il voto della maturità o la posizione in graduatoria”. Ora la situazione è leggermente cambiata. “Diciamo che sei anni trascorsi insieme ci hanno uniti maggiormente, ma comunque è impossibile parlare di argomenti non inerenti al corso di studi con i colleghi”. S’iscriverà alla Specializzazione in Anatomia Patologica. “Purtroppo siamo in tanti a laurearci e le Specializzazioni hanno pochi posti a disposizione. Infatti, per la mia scelta ce ne sono solo quattro e spero di rientrare, perché m’interessa molto studiare gli organi per formulare diagnosi, anche se non c’è il contatto diretto con il paziente”. La collega di corso, Monica Sicuranza, parla di altre difficoltà, chiamate blocchi. “Tra il secondo e il terzo anno e tra il quarto e il quinto, c’è una soglia minima di esami da superare, altrimenti non puoi avere accesso all’anno successivo. Inoltre i docenti sono preparati, ma troppo pretenziosi all’esame. Io mi sono iscritta sei anni fa, proprio perché mi piacciono le sfide”.
Allegra Taglialatela
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