Master in Medicina Estetica: occorre una regolamentazione

“È necessario che i Ministeri dell’Università e della Salute dettino regole precise riguardo ai requisiti indispensabili ad attivare un Master di area medica. Nell’interesse di chi li frequenta e dei cittadini che si sottopongono poi ai trattamenti di medici i quali espongono tra i loro titoli la frequentazione dei Master”. Il prof. Francesco D’Andrea, chirurgo plastico e docente alla Federico II, dove dirige anche il Master in medicina estetica, lancia un appello ai Ministri Manfredi e Speranza affinché pongano fine alla mancanza di norme che impera attualmente in questo particolare segmento dell’offerta formativa. Spiega: “Con riferimento alla medicina estetica, la realtà che meglio conosco, la situazione è questa. Ci sono corsi privati, generalmente molto costosi e non necessariamente qualificati, che non sono proposti dagli Atenei. Non rilasciano un titolo che abbia un valore legale. Ci sono, poi, vari Master universitari. Alcuni di essi sono stati attivati da Atenei che non hanno Corsi di Laurea in Medicina. Università con sedi reali oppure addirittura Atenei telematici.  Ebbene, propongono Master in Medicina estetica pur non avendo in organico neppure un professore di Medicina e non essendo dotate di Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia. Reclutano il personale con contratti e mettono su questi Master. Li improvvisano”. Master i quali – qui sta il nocciolo della questione che solleva il prof. D’Andrea – dal punto di vista legale hanno esattamente lo stesso valore di quelli conseguiti presso Atenei come la Federico II, dove il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia c’è e nel quale sono strutturati centinaia di professori universitari di area medica. “Si crea così – incalza D’Andrea – una situazione di grande confusione che alla fine penalizza il cittadino. Il titolo legale rischia di non corrispondere alla effettività delle competenze ed è un problema perché anche trattamenti mini-invasivi quali quelli della medicina estetica – si pensi al botulino o al filler – se eseguiti da persone non preparate possono provocare danni notevoli al paziente”. È una battaglia, quella che conduce il prof. D’Andrea contro i Master improvvisati, che va avanti ormai da qualche anno. “Sono stato anche due o tre volte al Ministero dell’Università ed ho parlato della questione con la dirigente che sovrintende al settore della formazione. Lei mi ha detto che effettivamente il tema era reale e che si sarebbe dovuto affrontare. Ha aggiunto che i Ministeri dell’Università e della Salute avrebbero dovuto lavorare insieme per arrivare ad una sorta di statuto, una regolamentazione dei requisiti indispensabili ad un ateneo affinché possa attivare un Master di area medica ed in particolare in Medicina estetica. Finora, però, non ci sono stati passi concreti. Mi riprometto di tornare alla carica e di sottoporre appena sarà possibile il problema all’attenzione dell’attuale Ministro dell’Università, il prof. Gaetano Manfredi, che come noto è un docente dell’Ateneo Federico II. Confido che si attiverà per trovare soluzioni”. Almeno due, secondo D’Andrea, dovrebbero essere i requisiti che un Ateneo dovrebbe possedere per attivare un Master di area medica: la presenza di un Corso di Laurea in Medicina e l’impiego nel Master di una percentuale minima (per esempio almeno il 50%) di professori incardinati in quel Corso di Laurea.
Profonde differenze tra chirurgia plastica e medicina estetica
È un settore, quello della Medicina estetica, che attira sempre più camici bianchi per diversi motivi. Uno di essi è che promette discrete opportunità di lavoro perché è molto alta la richiesta di trattamenti finalizzati al miglioramento dell’aspetto fisico. Un altro: l’accesso è relativamente facile per qualunque medico abilitato. Non esiste, infatti, una Scuola di specializzazione che faccia da barriera di ingresso. “Il Master biennale che dirigo alla Federico II e che è frequentato mediamente da almeno venti laureati – racconta il docente – è nato proprio per dare competenze e professionalità a chi voglia lavorare nell’ambito della medicina estetica. Non è ammissibile che chi consegue il titolo presso di noi o presso altri Atenei che hanno Corsi di Laurea in Medicina e per il Master impiegano i loro docenti in organico sia equiparato, dal punto di vista legale, a quello di chi ha frequentato un corso improvvisato da una qualche Università che non ha Medicina”. L’occasione dell’appello al Ministro Manfredi consente anche al prof. D’Andrea di chiarire le profonde differenze che intercorrono tra la chirurgia plastica e la medicina estetica. “Io sono – dice – un chirurgo plastico e come tutti i miei colleghi dopo la laurea ho frequentato la Scuola di Specializzazione in chirurgia plastica. Il nostro lavoro è di operare, sia che si tratti di interventi ricostruttivi, sia che si tratti di interventi di natura estetica”. Il chirurgo plastico, in sostanza, è un medico che impiega il bisturi per esempio per ingrandire un seno, rimodellare un naso, innestare tessuto cutaneo in una zona del corpo gravemente compromessa da una ustione. La medicina estetica, invece, “non esiste come specializzazione e si basa su trattamenti per nulla o pochissimo invasivi. Naturalmente, non mi stancherò mai di ripeterlo, va praticata con competenza e professionalità. Anche per questo noi abbiamo inserito un insegnamento di Medicina estetica pure nel percorso di Specializzazione in Chirurgia plastica”.
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