Progetti Prin: è possibile premiare l’eccellenza se le valutazioni non sono eccellenti?

Intervento della prof.ssa Agnese Secondo.

Sono una ricercatrice di 50 anni, ho lavorato con passione tutta la vita nell’ambito della ricerca biomedica, ho sacrificato tempo, affetti e cura personale. FINO ALLO SPASMO….. Sono un’inguaribile ottimista e, chi mi conosce, mi definisce una “figlia dei fiori” perché, nonostante tutto, sorrido e non mi arrendo mai. A volte avrei voluto, ma poi il senso di giustizia e il rispetto per me stessa me lo hanno impedito.

Nel tempo, vivendo nel mondo della ricerca, sono diventata un po’ diffidente ma non ho mai perso il senno né il senso delle cose. Stamane, come molti altri, mi sono svegliata triste e delusa perché ieri ho ricevuto i giudizi con i quali è stato, a dir poco, liquidato il mio PRIN, un progetto che sto portando avanti da anni con altrettanti scienziati di fama internazionale. Il nostro è un vero progetto scientifico, uno di quelli in cui credi e che rientra, tra l’altro, nelle tematiche finanziate dall’attuale PNRR, avendo ad oggetto il problema delle ricadute dell’inquinamento ambientale sulla salute umana.

E’ irritante, ma forse è meglio dire sconcertante, leggere giudizi di mancata originalità per un progetto assolutamente originale, di mediocrità del team per ricercatori riconosciuti a livello internazionale proprio in quello specifico ambito e di incapacità di apportare nuove conoscenze a chi le apporta da circa 30 anni in maniera assolutamente trasparente e tracciabile. Il tutto scritto in una sorta di pseudolinguaggio anglofono da una persona, certamente, non competente (e.g. la costruzione delle frasi è senza dubbio d’impronta italiana).

A chi legge e sta pensando che qualcuno doveva pur essere bocciato, date le modeste risorse che l’Italia spende ogni anno nel sistema ricerca, risponderei che la questione nasce spontanea; aggiungerei però che, per valorizzare il capitale umano che lavora nell’ambito della ricerca scientifica e in onore della stessa, il MUR dovrebbe servirsi di un panel di Revisori altamente qualificato il cui curriculum vitae attesti la competenza nello specifico ambito del progetto revisionato e che, in mancanza di tali figure, si ricorra a revisori esterni di fama internazionale, magari presenti nell’editorial board di riviste accreditate nel settore d’interesse (e.g. i tempi di attesa per la pubblicazione degli atti approvati dal Ministero sono comunque biblici, eufemisticamente parlando). Ma cosa più importante è che, nel caso dell’accertamento di errori grossolani o perpetrati in mala fede e ad personam per ragioni politiche, di denunce e quant’ altro, questi stessi revisori ne paghino le conseguenze. Basterebbe semplicemente non reingaggiarli l’anno successivo. Questo per vari motivi, alcuni dei quali razionalissimi: innanzitutto perché ricevere critiche costruttive e competenti è un momento essenziale per la crescita dei ricercatori, anche a 50 anni, in quanto i progressi umani nascono dall’interdisciplinarietà e dall’incontro di diversità e poi, lasciatemelo dire, perché essere liquidati in malo modo e con arrogante incompetenza non è piacevole né fa bene alla RICERCA!

Agnese Secondo
Professoressa di Farmacologia
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche
Scuola di Medicina
Università degli Studi di Napoli “Federico II”

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