Esami falsificati all’Università L’Orientale. 16 anni di cause, due sentenze ed a dicembre l’archiviazione in Senato Accademico, con l’incarico di avviare l’azione risarcitoria, in sede civile, nei confronti degli ex studenti condannati.
I fatti. 10 maggio 1991, il Rettore Domenico Silvestri, su input del Preside di Lettere Adriano Rossi, avvia una indagine interna e poi la denuncia alla Magistratura. Il caso nato dal prof. Francesco Abbate, docente di Storia del Teatro, che, recandosi in Segreteria, aveva notato una sua firma su una camicia d’esame, riconoscendola come falsa, non sua. Partì l’indagine interna e, successivamente, il Rettore denunciò tutto alla Procura della Repubblica. Colpevoli del falso, un bidello del Dipartimento di Filosofia e Politica, Orazio Antonio, che in combutta con un dipendente della Segreteria, Lucio Giustiniani, entrambi rei confessi, falsificavano le camicie. “Unici colpevoli della falsificazione in cambio di denaro”, pare neanche grandi cifre.
Come funzionava l’azione criminosa: uno o più studenti avvicinavano a loro volta altri studenti che avevano bisogno di superare esami al Dipartimento di Filosofia e Politica, facendo da tramite con i due inquisiti. I due impiegati si occupavano poi di aggiungere i nominativi fasulli alla camicia con gli esami invece regolari. Altre volte, non essendoci lo spazio per aggiungere nominativi, strappavano la camicia e la riscrivevano unendo nomi regolari ed irregolari, falsificando il tutto con le firme, false, dei docenti. Quattordici gli studenti indagati.
Il processo ha avuto inizio nel 1993. Pubblico Ministero il giudice Nunzio Fragliasso. Nel 2003 la sentenza di primo grado (dopo 12 anni). Sentenza che, di fatto, fu di prescrizione (per gli studenti), mentre Giustiniani aveva patteggiato già ad inizio 2002: ebbe una piccola condanna e uscì dal processo prima della sentenza. Per gli studenti, però, fu dichiarata la falsità, il che fece scaturire adempimenti amministrativi da L’Orientale, finalizzati all’annullamento di esami e lauree false. Antonio Orazio, invece, fu condannato a 4 anni e 4 mesi in primo grado, sentenza praticamente confermata a 4 anni e 3 mesi in secondo grado. Ed anche la Cassazione ha confermato la sentenza nell’estate 2007.
I procedimenti amministrativi, invece, da parte de L’Orientale, sono partiti solo nel 2007: dopo 4 anni. Affidati dall’ateneo, per competenza, al capo dell’Ufficio Segreteria, hanno subito lentezze anche a seguito degli avvicendamenti al vertice della Segreteria: prima la dott.ssa Ammendola, poi il successore dott. Catalano, quindi il dott. Carpentiero, che ha chiuso il procedimento de L’Orientale.
La sentenza d’appello. Nel 2005 la sentenza d’appello confermò la falsità di alcuni esami, però con formula dubitativa relativamente a quali degli studenti inquisiti veramente avessero commesso l’abuso; essendoci in alcune camicie, insieme, esami falsi ed esami regolari. “La declatoria di falsità” non dava insomma la certezza di quali fossero i nominativi degli studenti i cui esami andavano annullati. E tale linea è stata recepita anche dalla Corte di Cassazione. Dunque L’Orientale ha potuto solo parzialmente adottare le norme sulla autotutela amministrativa. Alla luce di questa successione di eventi, la soluzione adottata dal Senato Accademico dell’11 dicembre scorso: a) archiviazione dei procedimenti amministrativi contro gli studenti (molti dei quali ormai lavorano, alcuni insegnano al Nord Italia da anni) per i quali l’annullamento degli esami avrebbe prodotto conseguenze devastanti sul lavoro, con conseguente messa in discussione di tutta l’attività di valutazione degli allievi nelle scuole in cui hanno lavorato, etc; archiviazione perché con questa tipologia di sentenza non si è potuto procedere; b) è stata attivata l’azione civile risarcitoria (economica) da parte de L’Orientale, nei confronti degli studenti.
Risultato. I due dipendenti falsificatori sono ancora alle dipendenze dell’ateneo. Orazio, da contratto collettivo di lavoro, con sentenza andata in giudicato, per casi del genere, avrebbe dovuto essere “licenziato senza preavviso”. Ma anche qui ci sono ostacoli. Una vasta giurisprudenza in merito, visto che il dipendente ha continuato ad “avere contatto con gli studenti” ed addirittura ha ricevuto “premi di qualità”, come altri dipendenti dell’ateneo, perché “hanno ben operato”, fa maturare dubbi su un eventuale licenziamento. Di fatto è come se il dipendente si fosse redento. Inoltre ha in parte già pagato: quando scoppiò il caso, nel ’91, Orazio è stato in detenzione per alcune settimane nel carcere di Poggioreale e poi, per alcuni anni, agli arresti domiciliari. Solo a seguito di una specie di indulto è poi tornato in servizio. Mentre Giustiniani, come dicevamo all’inizio, ha già pagato, patteggiando la pena nel 2002. Ora si apre la causa risarcitoria da parte de L’Orientale contro i 14 laureati con esami falsi, comprati, per il danno grave arrecato all’immagine dell’Ateneo.
Riflessione finale. Come rispondono in ateneo? “Rimane molto amaro in bocca” dopo 16 anni di vicende giudiziarie, per non poter perseguire gli studenti che si sono macchiati di reati gravi. “I furbi, di fatto, l’hanno quasi fatta franca”, affermano. “E questo non è bello”. Ateneapoli seguirà il prosieguo della vicenda.
Paolo Iannotti
I fatti. 10 maggio 1991, il Rettore Domenico Silvestri, su input del Preside di Lettere Adriano Rossi, avvia una indagine interna e poi la denuncia alla Magistratura. Il caso nato dal prof. Francesco Abbate, docente di Storia del Teatro, che, recandosi in Segreteria, aveva notato una sua firma su una camicia d’esame, riconoscendola come falsa, non sua. Partì l’indagine interna e, successivamente, il Rettore denunciò tutto alla Procura della Repubblica. Colpevoli del falso, un bidello del Dipartimento di Filosofia e Politica, Orazio Antonio, che in combutta con un dipendente della Segreteria, Lucio Giustiniani, entrambi rei confessi, falsificavano le camicie. “Unici colpevoli della falsificazione in cambio di denaro”, pare neanche grandi cifre.
Come funzionava l’azione criminosa: uno o più studenti avvicinavano a loro volta altri studenti che avevano bisogno di superare esami al Dipartimento di Filosofia e Politica, facendo da tramite con i due inquisiti. I due impiegati si occupavano poi di aggiungere i nominativi fasulli alla camicia con gli esami invece regolari. Altre volte, non essendoci lo spazio per aggiungere nominativi, strappavano la camicia e la riscrivevano unendo nomi regolari ed irregolari, falsificando il tutto con le firme, false, dei docenti. Quattordici gli studenti indagati.
Il processo ha avuto inizio nel 1993. Pubblico Ministero il giudice Nunzio Fragliasso. Nel 2003 la sentenza di primo grado (dopo 12 anni). Sentenza che, di fatto, fu di prescrizione (per gli studenti), mentre Giustiniani aveva patteggiato già ad inizio 2002: ebbe una piccola condanna e uscì dal processo prima della sentenza. Per gli studenti, però, fu dichiarata la falsità, il che fece scaturire adempimenti amministrativi da L’Orientale, finalizzati all’annullamento di esami e lauree false. Antonio Orazio, invece, fu condannato a 4 anni e 4 mesi in primo grado, sentenza praticamente confermata a 4 anni e 3 mesi in secondo grado. Ed anche la Cassazione ha confermato la sentenza nell’estate 2007.
I procedimenti amministrativi, invece, da parte de L’Orientale, sono partiti solo nel 2007: dopo 4 anni. Affidati dall’ateneo, per competenza, al capo dell’Ufficio Segreteria, hanno subito lentezze anche a seguito degli avvicendamenti al vertice della Segreteria: prima la dott.ssa Ammendola, poi il successore dott. Catalano, quindi il dott. Carpentiero, che ha chiuso il procedimento de L’Orientale.
La sentenza d’appello. Nel 2005 la sentenza d’appello confermò la falsità di alcuni esami, però con formula dubitativa relativamente a quali degli studenti inquisiti veramente avessero commesso l’abuso; essendoci in alcune camicie, insieme, esami falsi ed esami regolari. “La declatoria di falsità” non dava insomma la certezza di quali fossero i nominativi degli studenti i cui esami andavano annullati. E tale linea è stata recepita anche dalla Corte di Cassazione. Dunque L’Orientale ha potuto solo parzialmente adottare le norme sulla autotutela amministrativa. Alla luce di questa successione di eventi, la soluzione adottata dal Senato Accademico dell’11 dicembre scorso: a) archiviazione dei procedimenti amministrativi contro gli studenti (molti dei quali ormai lavorano, alcuni insegnano al Nord Italia da anni) per i quali l’annullamento degli esami avrebbe prodotto conseguenze devastanti sul lavoro, con conseguente messa in discussione di tutta l’attività di valutazione degli allievi nelle scuole in cui hanno lavorato, etc; archiviazione perché con questa tipologia di sentenza non si è potuto procedere; b) è stata attivata l’azione civile risarcitoria (economica) da parte de L’Orientale, nei confronti degli studenti.
Risultato. I due dipendenti falsificatori sono ancora alle dipendenze dell’ateneo. Orazio, da contratto collettivo di lavoro, con sentenza andata in giudicato, per casi del genere, avrebbe dovuto essere “licenziato senza preavviso”. Ma anche qui ci sono ostacoli. Una vasta giurisprudenza in merito, visto che il dipendente ha continuato ad “avere contatto con gli studenti” ed addirittura ha ricevuto “premi di qualità”, come altri dipendenti dell’ateneo, perché “hanno ben operato”, fa maturare dubbi su un eventuale licenziamento. Di fatto è come se il dipendente si fosse redento. Inoltre ha in parte già pagato: quando scoppiò il caso, nel ’91, Orazio è stato in detenzione per alcune settimane nel carcere di Poggioreale e poi, per alcuni anni, agli arresti domiciliari. Solo a seguito di una specie di indulto è poi tornato in servizio. Mentre Giustiniani, come dicevamo all’inizio, ha già pagato, patteggiando la pena nel 2002. Ora si apre la causa risarcitoria da parte de L’Orientale contro i 14 laureati con esami falsi, comprati, per il danno grave arrecato all’immagine dell’Ateneo.
Riflessione finale. Come rispondono in ateneo? “Rimane molto amaro in bocca” dopo 16 anni di vicende giudiziarie, per non poter perseguire gli studenti che si sono macchiati di reati gravi. “I furbi, di fatto, l’hanno quasi fatta franca”, affermano. “E questo non è bello”. Ateneapoli seguirà il prosieguo della vicenda.
Paolo Iannotti