“Trentaduemila biologi sono oggi al lavoro, in attività e con remunerazioni diversificate, e 11 mila sono disoccupati. Il pianeta dei laureati in Biologia in Italia, letto attraverso i numeri, è in chiaroscuro. È, dunque, più che mai importante che i giovani i quali hanno il desiderio di studiare biologia, al momento della scelta del percorso formativo, dei curricula e dell’eventuale Scuola di Specializzazione, siano informati circa i settori che offrono migliori prospettive di lavorare, quelli saturi e quelli potenzialmente in espansione. Passione ed attitudini, ovviamente, svolgeranno comunque un ruolo nell’indirizzare la scelta, ma è fondamentale che questa scelta sia corroborata anche dalla consapevolezza della realtà”. Parole di Vincenzo Cosimato, rappresentante dell’Ordine Nazionale dei Biologi, che il 14 marzo ha partecipato all’incontro ‘Prospettive occupazionali nell’ambito della professione di Biologo’. La manifestazione si è svolta nella sala Azzurra del complesso universitario di Monte Sant’Angelo. Tra i presenti: il professore Piero Salatino, Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base, che ha fatto gli onori di casa e poi si è allontanato per altri impegni; Ezio Ricca, Direttore del Dipartimento di Biologia; Laura Fucci, docente di Biologia Molecolare; Gianni Zocchi, biologo nutrizionista e delegato al settore. L’evento è stato organizzato da Giuseppe De Carlo, docente del Corso di Perfezionamento in ‘La nutrizione ottimale’.
Numerose le domande che gli studenti hanno rivolto ai relatori a conclusione della conferenza. Eccone alcune.
Una ragazza ha rotto il ghiaccio: “Che consiglio dareste a chi, laureandosi in Biologia, voglia svolgere attività di ricerca?”. Ha risposto la professoressa Fucci: “Il passo obbligatorio è il dottorato. Poi credo che oggi sia fondamentale una esperienza all’estero. Quello della ricerca è sempre un percorso complesso, ma c’è una buona notizia: in questo momento le Università stanno aprendo molti bandi per la ricerca post-dottorato. Sottolineo, inoltre, che ai fini della ricerca non è indispensabile la frequenza dopo la laurea di una Scuola di Specializzazione. Lo dico perché è un quesito che mi pongono spesso i giovani laureati, i quali, proprio come lei, ambiscono a svolgere attività di ricerca”.
Un ragazzo ha interpellato i biologi ed i docenti circa le differenze, ai fini dell’inserimento professionale, tra la Laurea Triennale e quella di secondo livello. Tranchant la risposta di Cosimato: “Il biologo triennale è stato il più grande errore che sia stato commesso dal nostro Stato. Certo, chi ha la laurea di primo livello può iscriversi alla sezione junior dell’Ordine, ma la sua unica prospettiva sarà quella di lavorare come tecnico di laboratorio in campo ambientale. Nulla di più. Non è che ci siano particolari opportunità, insomma, con la laurea di primo livello”.
Numerose le domande che gli studenti hanno rivolto ai relatori a conclusione della conferenza. Eccone alcune.
Una ragazza ha rotto il ghiaccio: “Che consiglio dareste a chi, laureandosi in Biologia, voglia svolgere attività di ricerca?”. Ha risposto la professoressa Fucci: “Il passo obbligatorio è il dottorato. Poi credo che oggi sia fondamentale una esperienza all’estero. Quello della ricerca è sempre un percorso complesso, ma c’è una buona notizia: in questo momento le Università stanno aprendo molti bandi per la ricerca post-dottorato. Sottolineo, inoltre, che ai fini della ricerca non è indispensabile la frequenza dopo la laurea di una Scuola di Specializzazione. Lo dico perché è un quesito che mi pongono spesso i giovani laureati, i quali, proprio come lei, ambiscono a svolgere attività di ricerca”.
Un ragazzo ha interpellato i biologi ed i docenti circa le differenze, ai fini dell’inserimento professionale, tra la Laurea Triennale e quella di secondo livello. Tranchant la risposta di Cosimato: “Il biologo triennale è stato il più grande errore che sia stato commesso dal nostro Stato. Certo, chi ha la laurea di primo livello può iscriversi alla sezione junior dell’Ordine, ma la sua unica prospettiva sarà quella di lavorare come tecnico di laboratorio in campo ambientale. Nulla di più. Non è che ci siano particolari opportunità, insomma, con la laurea di primo livello”.
Nutrizione e sport
Una studentessa ha chiesto se ci siano prospettive, per un biologo nutrizionista, di lavorare nel campo dello sport. Ecco la risposta di Zocchi: “Potenzialmente è un settore molto promettente. Oggi in alcune società sportive, anche di primo piano, la nutrizione è in mano a persone che non hanno assolutamente le competenze adeguate. Per esempio ai preparatori atletici, che svolgono un mestiere completamente diverso dal mio. Se e quando finalmente si diffonderà la consapevolezza e la cultura che certi aspetti vanno curati dal biologo nutrizionista, si apriranno buone prospettive. Alcune realtà lo hanno già capito, peraltro, ed infatti ho lavorato con squadre piuttosto importanti in vari sport. Spero che altri team seguano l’esempio. Proprio in funzione delle future prospettive, come delegato dell’Ordine al settore della nutrizione, ho già preso contatti con alcuni atenei per verificare la possibilità di curare un percorso formativo specificamente destinato alla formazione dei biologi nutrizionisti dello sport”.
Un’altra domanda, da parte di un ragazzo: “Oggi avete parlato dei vari possibili percorsi formativi. Ebbene, potreste indicarci anche quali siano gli sbocchi più promettenti dal punto di vista dell’inserimento professionale?”.
Un’altra domanda, da parte di un ragazzo: “Oggi avete parlato dei vari possibili percorsi formativi. Ebbene, potreste indicarci anche quali siano gli sbocchi più promettenti dal punto di vista dell’inserimento professionale?”.
Opportunità per il
biologo forense
biologo forense
Cosimato: “La maggior parte dei colleghi si sono buttati sulla biologia nutrizionista e pensano di seguire questo filone perché non sanno cos’altro fare. Personalmente, ritengo che sia un settore piuttosto saturo e che quest’attività vada lasciata a chi davvero è motivato ed abbia una robusta formazione specifica. Ricordiamoci che ci sono anche aspetti ed implicazioni legali, perché si ha a che fare con un paziente e se si commettono errori o leggerezze si provocano danni notevoli. Personalmente consiglierei settori diversi. Penso alla biologia forense. Test di paternità, identificazione del Dna e quant’altro sono oggi sempre più richiesti e c’è la possibilità di lavorare come consulenti anche per le Procure e per i Tribunali. Naturalmente, non ci si improvvisa e non basta la laurea. Bisogna seguire anche la Scuola di Specializzazione. Un altro settore dove le prospettive sono discrete è quello del biologo ambientale, che per esempio può trovare occupazione nelle agenzie per la protezione ambientale attive in ogni regione”. A sostegno di queste considerazioni è intervenuta la professoressa Fucci: “Si deve parlare di nuove professionalità. Noi abbiamo ancora la visione del posto fisso, che negli Stati Uniti è superata ormai da 30 anni. Non che io sia un’ammiratrice degli Usa, tutt’altro, ma spesso quel che accade lì anticipa le tendenze. Ebbene, anche per i biologi il futuro – al netto di quelli che potranno essere assorbiti dall’insegnamento – sarà sempre di più quello della libera professione. Può piacere o no, ma è così”.
Una ragazza ha posto una domanda più specifica: “Quale Laurea Magistrale consigliate ad una persona che sia interessata al settore dell’epigenetica?”. Fucci: “Certamente, allo stato, il curriculum molecolare è il più indicato. In futuro potrebbero esserci anche altri percorsi, perché stiamo discutendo su ipotesi di rivisitazione delle Lauree Magistrali”.
Fabrizio Geremicca
Una ragazza ha posto una domanda più specifica: “Quale Laurea Magistrale consigliate ad una persona che sia interessata al settore dell’epigenetica?”. Fucci: “Certamente, allo stato, il curriculum molecolare è il più indicato. In futuro potrebbero esserci anche altri percorsi, perché stiamo discutendo su ipotesi di rivisitazione delle Lauree Magistrali”.
Fabrizio Geremicca