A Psicologia generale l’esperienza internazionale del prof. Nelson Mauro Maldonato

Ha iniziato gli studi di Medicina a La Sapienza di Roma. Per ragioni familiari, li ha conclusi alla Federico II, specializzandosi poi in Psichiatria all’allora Seconda Università. Il curriculum parla di esperienze di docenza alla SUN, all’Università della Basilicata, negli USA e in Brasile e di molte conferenze internazionali. Del papà la scelta di affiancare al nome Mauro quello di Nelson, perché “desiderava che entrassi nella Marina militare, aspettativa ampiamente disattesa”. Lo scorso ottobre, nelle vesti di docente associato, il prof. Maldonato ha varcato le soglie del Dipartimento di Neuroscienze e Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche della Federico II. Insegnerà Psicologia Generale. 
Professor Maldonato, che Scuola di Medicina ha scoperto dopo questi primi mesi?
“Fin da subito sono entrato in contatto con personalità straordinarie. Si dovrebbe conoscere di più l’importanza del lavoro che viene svolto qui sul piano della ricerca e dell’assistenza”.
Che ruolo ha la Psicologia generale nella formazione dei futuri professionisti della salute ai quali si rivolge?
“Tutte le forme di sofferenza hanno implicazioni psicologiche. Per la mia lunga esperienza, so quanto sia cruciale in ambito clinico l’approccio al dolore. Comunicare una diagnosi, in particolare una diagnosi severa, richiede grande sensibilità e delicatezza. Aspetti che nessun manuale di medicina o di psicologia sarà in grado di insegnare. Le reazioni del paziente, quali incredulità, paura, ansia, rabbia, dolore, rappresentano spesso un mix pericoloso dalle conseguenze imprevedibili. Dal canto suo, il medico o lo psicologo al cospetto del paziente si trova, al tempo stesso, di fronte alla domanda sul senso della vita sua e degli altri, e questo li convoca su un terreno difficile e insidioso”.
In una società complessa come la nostra, sono diffuse situazioni di stress che possono condizionare anche la vita degli studenti. Cosa si può fare per loro?
“Direi cosa viene già fatto per loro. Mi riferisco al lavoro svolto dal Centro Sinapsi, diretto dal prof. Paolo Valerio, un pioniere in Italia, che ha l’obiettivo di favorire la partecipazione degli studenti alla vita universitaria migliorandone l’inclusione. Un’esperienza che è un fiore all’occhiello dell’intero sistema universitario italiano”.
Esperienza, quella del prof Valerio, che dovrebbe concludersi il prossimo novembre con la pensione.
“Intanto il Centro Sinapsi si avvarrà per lungo tempo ancora della sua guida. E lo stesso avverrà sul piano della ricerca. Per la sua generosità non ci farà mancare consigli, indicazioni e sostegno. Per quanto mi riguarda, dedicherò tutte le mie energie per dar seguito al lavoro svolto sin qui, allargandone, se possibile, la prospettiva. È un lavoro di gruppo che faremo tutti insieme, in perfetta armonia, inaugurando terreni di ricerca nuovi, complessi e transdisciplinari”. 
In che modo?
“Portando a compimento una serie di programmi di ricerca centrati sulle basi biologiche della coscienza, sulla personalità, sulla psiconcologia, sul rischio del lavoro stress-correlato. Poi, su quella che potremmo definire la psicologia clinica di consultazione e collegamento, che ha come oggetto di interesse la prevenzione, la diagnosi e la cura delle condizioni psicopatologiche sorte in rapporto a malattie somatiche ed emerse in contesti di medicina internistica”.
Poi c’è il lavoro in aula. Al secondo semestre l’esordio per le sue lezioni.
“Finora ho collaborato con il prof. Valerio nell’ambito di un corso di Psicologia Generale per gli studenti di Odontoiatria. In questo periodo sto tenendo un corso di Psicologia clinica per la Scuola di Specializzazione di Neuropsichiatria infantile. Nel secondo semestre mi occuperò di Psicologia generale al Corso di Laurea Magistrale in Scienze delle professioni sanitarie”.
Esperienze di docenza precedenti?
“All’Università della Basilicata. Prima ancora ho girato un po’ il mondo partecipando a un centinaio di conferenze internazionali su invito”.
È stato Visiting professor in USA e Brasile. Cosa ci racconta di queste esperienze?
“Negli USA sono stato alla Medical School della Duke University (North Carolina), dal prof. Pietrobon che peraltro sarà ospite da noi a maggio, in occasione della Settimana Internazionale della Ricerca. La nostra collaborazione ha avuto come focus l’analisi dei bias cognitivi nelle procedure della ricerca. In Brasile ho svolto attività di insegnamento e di ricerca alla Pontifícia Universidade Católica de São Paulo e all’Universidade de São Paulo dove le mie collaborazioni vanno avanti da molti anni”.
Differenze con l’Italia?
“Non molte. Forse per i mezzi a disposizione per la ricerca, ma i livelli italiani non hanno nulla da invidiare ad altri. Del resto, la coscienza, il decision making, le funzioni esecutive, tutte questioni di cui mi occupo, vengono studiate a livelli elevatissimi nel nostro paese”.
Da Brasile ed Emirati arabi alcuni dei premi che ha ricevuto in carriera. Quale la rende più fiero?
“Se devo scegliere, quello brasiliano (“Vasco Prado” Prize for Arts and Sciences), conquistato nel 2005 all’Universidade de Passo Fundo. Fui premiato per un libro che parlava di coscienza, decisioni e altre storie. Si trattò di una bella sorpresa. Ancora più bella perché condivisi il premio con Edgar Morin, il pensatore francese della complessità, e con il grande Chico Buarque de Hollanda, cantante, musicista e scrittore”.
Torniamo in Campania. Alla SUN, oggi Luigi Vanvitelli, la Specializzazione in Psichiatria. Il o i Maestri incontrati? 
“Ho appreso il rigore scientifico della diagnosi, del ragionamento clinico e del trattamento psicofarmacologico nella Clinica Psichiatrica della SUN. Ho svolto tutto il percorso di studi all’interno di una psichiatria biologicamente orientata. Anni intensi, senza dubbio. Se però mi si chiede chi sia stato il mio Maestro, non ho nessuna esitazione a dire il prof. Bruno Callieri, allievo di Karl Jaspers e di Kurt Schneider, unanimemente riconosciuto tra i più grandi psicopatologi del ’900”. 
Psichiatria, ma non solo. Tra le sue passioni c’è la musica. Sappiamo che nell’agosto scorso ha tenuto un piccolo recital al Conservatorio del Teatro Comunale di San Paolo.
“È da sempre un’esperienza intima, che coltivo con passione e rigore, ma non ci provo nemmeno a definirmi musicista. Comunque, questa storia è vera. Il mio editore, in occasione della presentazione di un mio libro sull’improvvisazione musicale, mi fece una gradita quanto temuta sorpresa, farmi trovare sul palco di una sala, gremita per la presentazione del libro, un meraviglioso gran coda Steinway&Sons. Fu impossibile tirarsi indietro. Il tutto fu impreziosito dalla presenza di una cantante e compositrice brasiliana brava e nota. Insieme abbiamo improvvisato melodie inedite, inventate in tempo reale. Da questo puro gioco estetico è emersa una collaborazione da cui sono nati alcuni brani che tra non molto saranno su iTunes, Google Play, Spotify, ecc. Ma questa è un’altra storia”.
È l’unica passione?
“Pratico karate (terzo dan). È un’attività che per me ha soprattutto una funzione meditativa. Purtroppo l’anno scorso ho riportato una frattura a un gomito, così, almeno per ora, sono in pausa forzata”.
Ciro Baldini
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