“Non pochi ragazzi stranieri trovano alla Federico II un’isola di pace”

Countdown per tesi sperimentali, corsi integrati di stampo anglosassone, innovazioni digitali, nuovo ordinamento, che dovrebbe entrare in vigore con un anno di ritardo rispetto al percorso in italiano, e presentazione del Corso di Laurea in Medicine and Surgery alle matricole. A parlare è il professor Pasquale Abete, docente di Medicina interna, da qualche mese Coordinatore del Corso rivolto ad aspiranti medici anglofoni.
Professore, il Corso di Laurea compie cinque anni. 
“Oggi contiamo circa 130 studenti di cui almeno 40 non comunitari. Un aspetto importante è la logistica. Tutti sono localizzati all’Edificio 6 con l’attivazione oggi della quinta aula (una per ogni anno di corso). Le classi di 25 studenti favoriscono una didattica innovativa e moderna. Quest’anno sono partite le prime Clinical Clerkships, attività professionalizzanti durante le quali con gli studenti abbiamo parlato in inglese davanti ai pazienti”. 
Quali sono le sfide del futuro?
“C’è un po’ di confusione sul titolo. Qualcuno immagina che la Laurea consenta l’inserimento automatico in paesi in lingua inglese. Non è così, visto che il titolo è totalmente sovrapponibile al percorso in italiano. C’è un tentativo di internazionalizzarlo, soprattutto col governo americano. Una Commissione nazionale ci sta lavorando e potrebbero esserci delle buone possibilità che chi si laurea in lingua inglese possa accedere in futuro all’abilitazione in America”. 
Aspiranti matricole. Quali dati arrivano dal test di ammissione?
“Il numero di candidati si aggira sempre sui 400 per 25 posti disponibili. Una cifra enorme. I comunitari provengono prevalentemente da Italia, Francia e Spagna. Per gli extracomunitari, invece, abbracciamo soprattutto alcuni paesi africani, Israele e Iran. Non pochi ragazzi, in difficoltà nel proprio paese, trovano alla Federico II un’isola di pace. Ho parlato con molti familiari. Per loro Napoli è una meta definitiva”.
Didattica. Il primo anno in italiano parte con un nuovo curriculum che propone insegnamenti come Medicina interna e Medicina dello sport. La novità non riguarda il Corso in inglese, giusto? 
“Solo per adesso. La modifica di ordinamento sarà realizzata l’anno prossimo. Nel 2020/2021 avremo i primi laureati con l’ordinamento classico. Dal 21/22 partirà il nuovo ordinamento che richiamerà il percorso in italiano con lo slittamento di alcuni crediti dagli anni più avanzati al primo. I corsi integrati si chiameranno Basic of Clinical Medicine (Basi della Medicina ed etica Clinica nel percorso in italiano)”. 
Per gli studenti del I ciclo è partito il countdown verso la tesi. 
“Hanno la possibilità di impegnarsi in una tesi sperimentale chiedendola 18 mesi prima dell’esame di laurea. Sono già arrivate le prime richieste. Una novità importante riguarda il tirocinio che è stato portato all’interno del Corso di Laurea e sarà svolto al sesto anno. Prima era realizzato dopo la Laurea, ritardando l’inserimento nel mondo del lavoro. Al quinto anno è stato introdotto un corso integrato di Translational medicine che vuole far affrontare allo studente il mondo della medicina dalla ricerca di base all’applicazione clinica, seguendo un orientamento anglosassone”.
Sempre in chiave didattica, è prevista l’acquisizione di nuovi strumenti?
“Per il sesto anno, che inizierà l’anno prossimo, ho richiesto un’app per smartphone che consenta, attraverso un algoritmo, di passare dal sintomo alla diagnosi, tutto in lingua inglese. Un progetto non semplice, ma che dobbiamo realizzare per fini didattici congiuntamente con i laboratori di Ingegneria”. 
Porte girevoli. Da un lato i laureandi, dall’altro le matricole.
“Abbiamo organizzato un incontro in ingresso con una presentazione in lingua inglese sia del campus sia della Scuola di Medicina. La terremo tra fine ottobre e inizio novembre perché lo slittamento degli studenti non comunitari richiede un po’ di tempo e noi vorremmo che fossero presenti tutti i 25 nuovi iscritti”.
Come va affrontato il percorso di sei anni?
“Con entusiasmo. Lo scambio culturale tra vari paesi è un’opportunità non  concessa a tutti. Favorisce quel processo di integrazione di cui abbiamo bisogno”.
Ciro Baldini
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