“Il Corso di Laurea in Lettere Classiche è finalizzato all’acquisizione di competenze relative all’ambito letterario, linguistico, storico, geografico ed artistico del mondo greco-romano”, spiega Roberta Panagrosso. Poi aggiunge altri dettagli: “In totale sono 15 esami più il laboratorio di informatica. Gli esami più complicati sono quelli in cui si entra in vivo contatto con il testo, quindi Letteratura Greca, Letteratura Latina e Filologia classica. A mio avviso, quest’ultimo è anche l’esame più bello, oltre ad essere altamente formativo”. Ma non è l’unico: “Sono affascinanti tutti gli esami di letteratura, storia e filologia perché aprono una finestra sul mondo passato, da conoscere in maniera necessaria per poter guardare al futuro. Come diceva Marco Tullio Cicerone: ‘chi non conosce la propria storia nella sua vita resterà sempre un bambino’. Gli esami, alla fine, sono tutti fondamentali, perché costituiscono pezzi di uno stesso puzzle”. I corsi, generalmente, si tengono nell’edificio di via Marina 33, nella sede centrale al Corso Umberto, talvolta nel Dipartimento di Filologia Classica in via Porta di Massa. Tante le attività culturali: “convegni su temi stimolanti, visite in diversi luoghi del territorio campano (Nola, Ercolano), programmi didattici come ‘Gli studi classici e la società dell’informazione’”. I consigli: “il percorso si affronta con tanta serenità e desiderio di conoscenza. Non è un percorso semplice, come si tende a credere, ma richiede impegno, sacrificio e molto studio”. Come attrezzarsi per il post-laurea: “è fondamentale acquisire quante più conoscenze possibili, in maniera tale da avere un solido bagaglio culturale. è necessario unire antico e moderno, per rendere fruibile la nostra cultura, anche con l’utilizzo delle nuove tecnologie. L’importante è essere sempre innovati e versatili, senza scoraggiarsi di fronte alle difficoltà presenti, oggi, in tutti i campi”.
Michele Ambrosino illustra: “Si devono sostenere 5 esami al I anno, 6 al II e 4 al III. Tra le materie più complesse ci sono anche Filologia classica e Glottologia, che richiedono una solida base di conoscenze linguistiche e sulle quali si costruisce la professione del filologo classico in senso lato”. Poi passa al bello di questi studi: “amo la propensione a vedere e vivere la cultura come un qualcosa di gratuito, che ha valore in sé e non deve necessariamente essere marcata dalle previsioni di guadagno. Questo non significa che si studia solo per il piacere di farlo, ma credo si possano sempre coniugare passione e ambizione lavorativa. Purtroppo, lo sappiamo, il settore è quello che è”. Michele, però, si dice fortunato: “Ho avuto la possibilità di un’esperienza all’estero nell’ambito del programma ‘Messaggeri della conoscenza’. Si trattava di sperimentare l’applicazione delle tecnologie informatiche alle discipline umanistiche. Io ed altre colleghe, quindi, abbiamo collaborato ad un progetto di encoding per testi antichi, promosso da un Centro di Ricerca dell’Università di Lione. è stata un’esperienza che ci ha aperto una finestra su competenze tecniche che pochi umanisti possiedono e che sono spendibili in futuro”. Le attività non mancano: “Sono molti i progetti a cui partecipare. Parlo anche dell’Erasmus, che consente di avere una visione internazionale degli studi scelti ed un confronto con realtà diverse. Il nostro non è un settore di studi morto, ma bisogna tenerlo in vita con le nuove forme di trasmissione del sapere, senza snaturare la bellezza intrinseca dei classici”.
Per Benito Dell’Aquila, le materie più complicate sono quelle in cui è richiesta una buona conoscenza delle lingue classiche. Il percorso di studi “fornisce l’opportunità di confrontare il proprio pensiero con quello tra i più autorevoli e di comprendere le differenze tra culture, non solo quelle del passato”. Per ottenere risultati soddisfacenti, “c’è bisogno di una grande costanza nello studio”.
Michele Ambrosino illustra: “Si devono sostenere 5 esami al I anno, 6 al II e 4 al III. Tra le materie più complesse ci sono anche Filologia classica e Glottologia, che richiedono una solida base di conoscenze linguistiche e sulle quali si costruisce la professione del filologo classico in senso lato”. Poi passa al bello di questi studi: “amo la propensione a vedere e vivere la cultura come un qualcosa di gratuito, che ha valore in sé e non deve necessariamente essere marcata dalle previsioni di guadagno. Questo non significa che si studia solo per il piacere di farlo, ma credo si possano sempre coniugare passione e ambizione lavorativa. Purtroppo, lo sappiamo, il settore è quello che è”. Michele, però, si dice fortunato: “Ho avuto la possibilità di un’esperienza all’estero nell’ambito del programma ‘Messaggeri della conoscenza’. Si trattava di sperimentare l’applicazione delle tecnologie informatiche alle discipline umanistiche. Io ed altre colleghe, quindi, abbiamo collaborato ad un progetto di encoding per testi antichi, promosso da un Centro di Ricerca dell’Università di Lione. è stata un’esperienza che ci ha aperto una finestra su competenze tecniche che pochi umanisti possiedono e che sono spendibili in futuro”. Le attività non mancano: “Sono molti i progetti a cui partecipare. Parlo anche dell’Erasmus, che consente di avere una visione internazionale degli studi scelti ed un confronto con realtà diverse. Il nostro non è un settore di studi morto, ma bisogna tenerlo in vita con le nuove forme di trasmissione del sapere, senza snaturare la bellezza intrinseca dei classici”.
Per Benito Dell’Aquila, le materie più complicate sono quelle in cui è richiesta una buona conoscenza delle lingue classiche. Il percorso di studi “fornisce l’opportunità di confrontare il proprio pensiero con quello tra i più autorevoli e di comprendere le differenze tra culture, non solo quelle del passato”. Per ottenere risultati soddisfacenti, “c’è bisogno di una grande costanza nello studio”.