A lezione con Ciro, un paziente particolare…

Si chiama Ciro, ha 35 anni, è alto un metro e settantacinque centimetri e pesa settanta chili. Gli studenti che frequentano le lezioni di Medicina interna tenute dal prof. Emanuele Durante Mangoni lo conoscono bene, lo incontrano abbastanza spesso ed anche in orari inconsueti, alle sette del mattino, quando nella sede universitaria di Sant’Andrea delle Dame, nel centro storico di Napoli, il docente sottopone i problemi sanitari di Ciro all’attenzione dei suoi allievi, affinché facciano esperienza ed imparino. È un paziente molto particolare, perché è un manichino. O, per essere più precisi, un simulatore. Un simil-uomo realizzato in plastica, metallo, circuiti elettrici ed altri materiali che può sanguinare dalla bocca, dal naso o dalla cute, può urinare, tossire, raccontare la sua storia clinica per facilitare la diagnosi di chi lo ha in cura. Se ha la febbre o le convulsioni trema. Quando sta davvero male espelle bava dalla bocca. Ancora, può accusare il rantolo di un paziente con edema polmonare, può diventare tachicardico e soffrire di aritmie. Accusa sbalzi pressori e tutti, o almeno buona parte di quegli accidenti che complicano a volte la vita di noi tutti e ci costringono ad andare dal medico. Ciro è uno dei gioielli tecnologici dei quali si è dotato l’Ateneo quando – all’epoca si chiamava ancora Seconda Università degli Studi di Napoli – ottenne una serie di apparecchiature destinate alla didattica virtuale grazie al Programma operativo del Fondo europeo per lo sviluppo regionale 2007/2013. Una strumentazione del valore di circa un milione di euro che comprende, tra l’altro, quattro simulatori di interventi chirurgici in laparoscopia, uno di neonato, uno di donna incinta. Ciro, a volerlo descrivere con la fredda logica delle sigle, in questa folla di manichini ed apparecchiature innovative si identifica con la sigla SymMan3, ma il nome che gli hanno attribuito Durante Mangoni ed i suoi studenti rende certamente meglio ed è dunque sicuramente più appropriato. “Lo utilizzo – racconta il docente – per simulare i principali quadri delle malattie del cuore e del polmone durante le esercitazioni per gli studenti del terzo e del quarto anno del Corso di Laurea in Medicina e del Corso di Laurea in Medicina in lingua inglese”. Prosegue: “Insegno loro la metodologia dell’approccio al paziente e la visita medica. Impiegano su di lui il fonendoscopio. Imparano a riconoscere i principali reperti auscultatori di cuore e polmone. Svolgiamo due ore di lavoro intensivo dalle sette alle nove una volta alla settimana, in gruppi da otto distribuiti ai due lati del corpo”. Il simulatore ha parecchi vantaggi rispetto al paziente in carne ed ossa. “Innanzitutto non si stanca”. Ancora: “può essere osservato e manipolato da più persone contemporaneamente. Se lo si facesse con un paziente reale, ovviamente e giustamente, questi si sentirebbe assediato e pressato. Reagirebbe con fastidio e protesterebbe”. Poi “il simulatore può essere programmato per evidenziare in una unica esecrazione una molteplicità di quadri clinici. L’ammalato reale può avere un soffio sistolico o mitralico. Io nel simulatore posso creare tutti i tipi di soffio in successione e posso mostrare agli studenti nel giro di pochi minuti le differenze. Questo, naturalmente, migliora la comprensione e l’identificazione delle diverse patologie”. A questo punto, però, è d’obbligo anche una precisazione. Ovviamente, sottolinea il professore, “il ricorso ai simulatori non rende superflua e men che meno  obsoleta la pratica sui pazienti in carne ed ossa. Diciamo, piuttosto, che moltiplica le opportunità degli allievi di svolgere esperienze pratiche sin dai primi anni”. Ciro simula i movimenti del corpo umano ed è governato in wireless da un portatile dietro il quale opera il docente. In una sala attigua un gruppo più numeroso di studenti rispetto agli otto impegnati sul manichino può seguire in video le varie fasi dell’esercitazione. “I ragazzi non vedono quello che faccio. Si potrebbe dunque perfino utilizzare il simulatore per un esame. Teoricamente si potrebbe abolire l’esame teorico grazie a strumenti come quello che utilizzo”.
La disponibilità di Ciro e dei suoi simili è dunque anche una sfida per i docenti ad innovare la metodologia didattica. “Io non mi sono laureato moltissimo tempo fa – ricorda Durante Mangoni – eppure rammento che, quando ero studente, una simile occasione non esisteva per la pratica. È pur vero che il Policlinico ospitava più pazienti rispetto a quelli che ci sono oggi ed è anche vero che avevamo più professori”. Conclude: “Da docente, mi si è posto il problema di utilizzare al meglio queste tecnologie. Con altri colleghi ho svolto un tirocinio alla presenza di un ingegnere dell’azienda che produce i simulatori. Ancora adesso può assistermi in remoto se ho un dubbio”. Resta, naturalmente, la curiosità circa i motivi per i quali il docente organizza le esercitazioni con Ciro in un orario così inconsueto, a partire dalle sette di mattina. “Ho un carico didattico – risponde – molto gravoso, e svolgo attività ospedaliera. Quello è l’unico orario nel quale avrei potuto dedicarmi al simulatore. D’altronde alle sette di mattina c’è un silenzio che non sarebbe possibile trovare in nessun altro momento della giornata a Sant’Andrea delle Dame”. I ragazzi come l’hanno presa? “Sono generalmente molto motivati e poi la pratica su Ciro li appassiona”.
Fabrizio Geremicca
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