A lezione con il musicologo Paolo Scarnecchia

Perché fermarsi allo studio della lingua o della letteratura e non approfondire il vasto campo della composizione musicale? Si saranno forse posti questa domanda i 25 studenti che hanno deciso di  seguire il corso di Storia della Musica con il prof.Paolo Scarnecchia, musicologo di fama. “Sono ragazzi che studiano arabo, turco o persiano ed hanno un certo interesse per questa disciplina perché magari sono musicisti che hanno già studiato la musica occidentale e s’interessano a culture musicali extraeuropee, oppure sono studenti motivati da particolari interessi o curiosità”, dice di loro il professore.
Il corso di Storia della Musica, inserito nel contesto degli studi islamici, si articola in tre fasi: lezioni frontali nelle quali si parte da elementi di base della teoria musicale; ascolto di brani;  dibattito sul tema con approfondimenti.
Chi decide di approfondire questa materia deve essere sicuramente molto motivato, anche perché le maggiori difficoltà sono proprio legate alla parte strettamente teorica e musicologica: “con un corso di circa 40-50 ore per semestre si cerca comunque, per motivi di tempo, di privilegiare gli aspetti teorico-estetici e meno quelli più difficili di tipo strutturale”. Ma difficoltà si incontrano anche sotto l’aspetto più  vasto che riguarda l’intero concetto di musica e del perché far musica. “Non esiste- spiega il docente- la distinzione tra musica antica e moderna perché stiamo parlando di una tradizione orale. Quindi questo tipo di musica risponde, comunque, a dettami che sono tramandati dagli antichi. Gli studenti possono studiare, naturalmente, le fonti storiche medievali, però quando ascoltano i brani oggi fanno necessariamente riferimento ad artisti contemporanei”. C’è la piena compenetrazione, dunque, tra antico e moderno in un genere musicale che sicuramente non corrisponde ai nostri schemi occidentali: “quando si parla di musica arabo-islamica le nostre categorie concettuali diventano inutili. E’ impossibile distinguere tra musica colta e musica popolare perché la maggior parte del patrimonio musicale è costituito da musica colta, anche se di tradizione popolare: questo per noi è un po’ difficile da capire e da accettare”.
Per approfondire l’argomento non resta, dunque, che spostarsi nei luoghi di origine di queste tradizioni musicali: “chi è interessato alla materia parte per dei soggiorni studio all’estero, perché questo è l’unico modo per studiare a fondo la tradizione orale. Le mete da preferire sono Egitto, Siria o Tunisia, dove si ha modo di perfezionare anche la lingua”.
Opportunità sono offerte però anche agli studenti che restano a Napoli. “Ogni anno cerchiamo di invitare almeno un musicista e di apprendere la sua cultura musicale, aprire un dibattito. Sono stati da noi, ad esempio, artisti iraniani, afgani, turchi”, spiega il professore che negli ultimi tempi è particolarmente interessato al rapporto tra cinema e musica. L’intento di quest’anno è di avere come ospite un artista proveniente dall’India. “Fin dal primo film sonoro del 1931, il cinema indiano si presenta con parti danzate e cantate, quindi la storia della popular music è profondamente legata al cinema. Questo è sicuramente una fonte inesauribile di conoscenze musicali anche perché è un territorio d’indagine poco esplorato ma estremamente interessante ed anche divertente. Molto spesso viene liquidato come cinema di serie b, invece, io credo che abbia delle peculiarità del tutto particolari”.
Valentina Orellana 
- Advertisement -




Articoli Correlati