Addio al bagarinaggio allo stadio e ai concerti con una delle tante applicazioni di Bluecode

“Bluenet è una startup innovativa nata nel 2014 con una sede di ricerca e sviluppo a Napoli ed una commerciale a Singapore. A Singapore perché uno dei soci è nato e vissuto lì, dove ha un’azienda di stampe di sicurezza”. Davide Borrillo, 28 anni, laurea in Ingegneria per l’ambiente e il territorio alla Federico II – “sulla depurazione delle acque, per documentarmi trascorsi anche un periodo negli Stati Uniti” – presenta una delle startup in incubazione a Campania New Steel. Da chi è composta la squadra?  “I nostri soci non sono tutti rampolli appena usciti dall’Ateneo. Abbiamo ingegneri con esperienze imprenditoriali e questo ha permesso di impostare estrutturare l’azienda con una visione  più tradizionale rispetto alla classica  startup digitale monoprodotto. PaoloPepori e Nicola Fedele, due tra i soci, hanno inventato il chip del passaporto elettronico. Il primo al mondo è stato inventato a Napoli, precisamente ad Arzano. Un prodotto esportato in Brasile, Sudamerica, Cina”. Cosa fate? “In generale le nostre esperienze derivano dalla programmazione su smartcard e su chip. Ci siamo posti la sfida di superare il concetto della smartcard, di renderla più efficiente e meno costosa. Così è partita una operazione di ricerca e sviluppo e siamo arrivati a due brevetti. Uno si chiama BLUeCODE e l’altro Oscar. Due tecnologie, non prodotti, applicabili a moltissimi ambiti”. Cosa è BLUeCODE? “Un codice bidimensionale esteticamente simile a QR Code. Il principio è inserire in una immagine a punti, in scala di grigi, una quantità di dati. Il QR Code è un sito messo sotto forma di immagine codificata. Protegge un contenuto e lo rende accessibile con scansione da smartphone. I contenuti che visualizzo con la scansione sono on line e li vedo sul sito. Ebbene, noi abbiamo brevettato un codice che, a parità di dimensioni e risoluzione, contiene circa 100 volte il contenuto di QR Code. Posso intrappolare i dati nel codice con una sicurezza ed un livello di crittografia molto maggiore. Abbiamo inserito anche algoritmi per verificare dati facciali ed impronte digitali”. Quali i possibili ambiti di applicazione? “Sono molti. Nella sicurezza alimentare, per esempio, perché è un sistema di garanzia per prodotti che troviamo contraffatti. Un’altra applicazione è nella bigliettazione. La nostra tecnologia rende ogni biglietto personale, perché legato ai parametri biometrici. Prendo l’immagine del viso dell’acquirente, inserisco nel BLUeCODE parametri quali la distanza tra le pupille, la lunghezza del naso ed altro. All’ingresso di un teatro, di un concerto, di uno stadio l’addetto alla verifica, con una semplice scansione tramite smartphone, confronta i dati inseriti nel BLUeCODE con quelli della persona che porge il biglietto”. Un sistema antibagarino, insomma? “Certo, anche un sistema antibagarino. Un modo per evitare la contraffazione, inoltre, e tanto altro ancora. Lo stiamo rendendo non fotocopiabile e questa è un’altra evoluzione. Altro campo applicativo del BLUeCODE è quello dei documenti digitali. Ci candidiamo ad essere un’azienda capace di offrire ai Comuni, alle Regioni, al Ministero, alle Università il servizio del timbro digitale”. Prima parlava di Oscar, l’altro brevetto. Cosa è? “Un chip che rende capace una smartcard di fare il lavoro di 10. Siamo riusciti a migliorare le performance della smartcard in modo che la stessa cambi comportamento a seconda del sistema di lettura che ha davanti. Si riconfigura ed interagisce a seconda che la si passi davanti ad un tornello per entrare in stazione, ad un bancomat, ad un supermercato. Ogni cittadino carica le sue applicazioni utili e con un ponte, per esempio il cellulare, cambia le modalità a seconda delle esigenze. Eviteremo di circolare con tante smartcard per usi diversi”. L’ultima domanda è personale. Cosa ci fa un ingegnere per l’ambiente e il territorio, esperto di sistemi di depurazione, tra i cervelloni dell’elettronica? “Dopo la laurea ho iniziato a collaborare con l’incubatore di imprese di Città della Scienza. Così ho incontrato Bluenet ed è stato amore a prima vista. In una startup come questa c’è una componente tecnica fondamentale, ma serve anche chi si occupi degli aspetti amministrativi, delle strategie di marketing, della comunicazione. Qualcuno che riesca a spiegare cosa facciamo, perché, quali vantaggi potrebbe avere un’azienda a servirsi delle nostre tecnologie. Ecco, io mi occupo di questo e di altro, al fianco dei maghi del chip e dell’elettronica. Il fatto che mi sia laureato su tematiche afferenti alla depurazione
ed ora lavori in un’azienda molto innovativa nell’ambito dell’elettronica è la dimostrazione che una solida preparazione in Ingegneria offre competenze spendibili in settori diversificati”.
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