Alfredo Fusco: uno scienziato con la testa nel pallone e il Napoli nel cuore

Il calcio è una scienza? Non lo è, almeno secondo il prof. Alfredo Fusco, ma può essere una passione importante per uno scienziato, a quanto pare molto diffusa tra quelli napoletani. “Conciliare l’impegno scientifico con la passione calcistica non è poi così complicato, anzi sono molti i docenti appassionati, tra cui l’Assessore Trombetti, che scrive anche articoli sportivi”. Così anche la cerimonia di assegnazione del Premio Dorso per la ricerca può essere l’occasione per parlare di calcio: “Stavo ringraziando la mia famiglia per il sostegno che mi offre. Il lavoro di ricerca è impegnativo e pesa anche sulla famiglia, viste le lunghe assenze. Ho detto, scherzando, che ringraziavo mia moglie e mia figlia che non solo non mi hanno ancora cacciato di casa, ma mi permettono anche di vedere la partita e quando il Napoli sta perdendo si mettono con me davanti alla tv concentrate per cercare di cambiare le sorti del match. Era, naturalmente, un modo per alleggerire l’atmosfera”, racconta il prof. Fusco, docente di Patologia Generale alla Federico II, ricercatore presso il Ceinge, cui sono attribuiti negli anni diversi riconoscimenti (nel 2003 il ‘Premio Rontgen’, assegnato dall’Accademia Nazionale dei Lincei, e il ‘Premio Merck’ assegnato dall’European Thyroid Association). Socio Corrispondente dell’Accademia dei Lincei per la Classe Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali dal 2005, nel 2008 è stato eletto Presidente della Società Italiana di Cancerologia.
La sua passione per la medicina e per la ricerca è nata dopo quella per il calcio, ed in particolare per la squadra del Napoli: “a cinque anni giocavo a calcio per strada e assistevo alle partite allo stadio Collana, quando il San Paolo ancora non esisteva. Per anni ho seguito la squadra ovunque, in casa e in trasferta. Ho avuto l’abbonamento per 40 anni e, quando, nel 1987 abbiamo vinto lo scudetto non mi sono perso una partita e ho visto Maradona compiere le sue magie”.
Tra curva e tribuna, quindi, il prof. Fusco ha seguito la squadra azzurra crescere e vincere, cadere e poi rialzarsi, passando dalla radio e ’90 minuto fino Sky e NumberTwo. Però ammette: “da tifoso la partita come la si vede allo stadio non la si può vedere in tv! È davvero un’altra cosa. L’emozione che ti dà la curva è unica, anche se non riesci a vedere bene tutto il campo. Dalla tribuna si vede meglio, ma c’è meno calore. In ogni caso, allo stadio si riesce a vedere bene come è distesa la squadra, si possono seguire anche i giocatori non inquadrati dalla telecamera e capire meglio il gioco”.
La memoria storica consente al professore, sfruttando le sue conoscenze matematiche, di compilare statistiche sulla squadra. “Proprio alcuni giorni fa ne ho inviata una al prof. Trombetti in cui dimostravo che il Napoli quando gioca di mercoledì non ottiene mai buoni risultati. Credo sia dovuto al fatto che abbiamo poche riserve per fare dei cambi e quando gareggiamo durante la settimana siamo ancora stanchi, anche perché il nostro gioco è più fisico che tecnico”.
“Le statistiche non sono però oracoli”, avverte il docente, così alla domanda sull’esito di questo campionato si possono azzardare solo previsioni: “Lo scudetto è difficile. La Juve è più forte, la squadra è più assortita ed anche politicamente ha più potere, ma si può sempre sperare in un calo, visto che è impegnata anche in altre Coppe. Bisogna, poi, considerare a nostro svantaggio che adesso il campionato è più lungo, rispetto, per esempio, a quello dell’87: ci sono più squadre e dura circa due mesi in più, quindi una squadra con solo 2 o 3 riserve può arrivare troppo stanca alla fine”. Ma questo non significa che bisogna smettere di sperare perché nel calcio, si sa, c’è anche una dose di fortuna e casualità. “Questo è il bello del calcio: l’imprevedibilità. Ad esempio, lo scorso anno ci si poteva certo aspettare di vincere la Coppa Italia, perché il tabellone era favorevole, ma la finale con la Juve è stata vinta in maniera forse inattesa. Comunque, fino ai tre fischi finali non si può mai dire l’ultima parola!”.
Ad influire sui risultati, poi, ci sono anche i dietro le quinte. Su questo punto Fusco ha un asso nella manica: “Ho un nipote che allena i ragazzi del Napoli e, quindi, spesso mi passa qualche pettegolezzo, qualche indiscrezione su ciò che avviene nello spogliatoio. Ad esempio, so che Lavezzi, a volte, creava un po’ di problemi per il suo carattere esuberante”.
Tra fatalità e statistiche, il calcio si sta facendo sempre più strada: “i capi di Stato si fermano solo per i Mondiali di calcio, non certo per quelli di pallavolo. Questo fa capire come la popolarità di questo gioco stia crescendo sempre più, e a volte assume anche caratteristiche ‘politiche’”.
L’apertura di un settore dello stadio San Paolo alle famiglie è un modo per attirare ancora più pubblico e “allevare i futuri tifosi!”.
Valentina Orellana
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