Dal primo aprile ad Architettura, nella sede di via Forno Vecchio, sono aperte le due nuove aule studio ricavate al secondo ed al terzo piano e ribattezzate “Work and break”, a significare che potranno essere utilizzate sia per lo studio, sia per riunirsi durante le pause tra un corso e l’altro. Spazi da circa 50 posti. Ogni seduta ha la corrispondente presa elettrica collocata al di sotto del tavolo per collegarsi col computer. Alle pareti, pannelli di legno fungono da supporto per affiggere avvisi, annunci e quant’altro possa risultare utile agli studenti. Sospeso, almeno per ora, l’allestimento di divanetti che avrebbero dovuto consentire alle ragazze ed ai ragazzi di leggere, chiacchierare, rilassarsi. Servirebbero fondi che per il momento non sono stati ancora reperiti. L’allestimento delle due aule, nel complesso, è costato circa mille euro, tra la spesa per i materiali, per gli arredi e la manodopera.
Il primo aprile, a metà mattinata, Vittorio Daniso è uno dei ragazzi che hanno preso posto nell’aula “Work and break” al secondo piano e commenta positivamente la novità: “Mancava, qui ad Architettura, un punto nel quale studiare, mangiare, chiacchierare. Soprattutto, si sentiva la necessità di postazioni attrezzate ciascuna con una presa di corrente per il computer. Io ho un portatile, ma la batteria ha un’autonomia molto limitata. Se non trovo una presa elettrica, il pc è inservibile. Finora mi sono arrangiato, qui ad Architettura, con una ciabatta, in maniera da sfruttare i non molti punti di alimentazione elettrica in comune con altri colleghi. Ora questo problema dovrebbe essere finalmente risolto”.
Mentre si completa l’allestimento dello spazio, scatta fotografie il professore Nicola Flora, uno dei docenti che si è fatto carico dell’organizzazione dell’apertura dei due spazi. “Questo è un piccolo passo – dice – verso il traguardo di rendere Architettura una struttura che gli studenti possano vivere al meglio, nella quale possano trascorrere confortevolmente le proprie giornate. La caratteristica più importante delle due aule è che sono spazi totalmente elettrificati. C’è una presa di corrente per ogni postazione”. Aggiunge: “I pannelli in legno sono pensati per offrire agli studenti spazi di comunicazione tramite avvisi e messaggi. Per esempio, serviranno ad affiggere avvisi di vendita di qualche oggetto, di proposta di scambio di materiali, di ricerca di coinquilini. Speriamo che aiutino i nostri ragazzi a percepire Architettura come una seconda casa, come uno spazio da vivere in piena tranquillità, come un posto che appartiene loro e non solo come il luogo nel quale frequentano i corsi e sostengono gli esami”. Anticipa: “A fine semestre prevediamo di aprire una terza aula di questo tipo, sempre qui nella sede di via Forno Vecchio. L’allestiremo al quarto piano”. In prospettiva, aggiunge, c’è il piano più ampio di dotare di una presa elettrica per ciascuna postazione anche i laboratori. “Per realizzarlo – sottolinea il professore Flora – occorrono però risorse che al momento non abbiamo. I laboratori sono infatti una cinquantina. Da tempo Architettura ha avanzato una richiesta di fondi all’Ateneo, ma il contesto è quello che è, le risorse sono limitate per tutti e, ad oggi, ancora non li abbiamo avuti. Speriamo peraltro che arriveranno”. Se lo augurano soprattutto gli studenti. Per ora, prendono atto con soddisfazione della novità delle aule Work and break ed iniziano a frequentarle, accolti benevolmente dal faccione di Einstein che il Dipartimento ha collocato proprio all’ingresso dei nuovi spazi.
Fabrizio Geremicca
Il primo aprile, a metà mattinata, Vittorio Daniso è uno dei ragazzi che hanno preso posto nell’aula “Work and break” al secondo piano e commenta positivamente la novità: “Mancava, qui ad Architettura, un punto nel quale studiare, mangiare, chiacchierare. Soprattutto, si sentiva la necessità di postazioni attrezzate ciascuna con una presa di corrente per il computer. Io ho un portatile, ma la batteria ha un’autonomia molto limitata. Se non trovo una presa elettrica, il pc è inservibile. Finora mi sono arrangiato, qui ad Architettura, con una ciabatta, in maniera da sfruttare i non molti punti di alimentazione elettrica in comune con altri colleghi. Ora questo problema dovrebbe essere finalmente risolto”.
Mentre si completa l’allestimento dello spazio, scatta fotografie il professore Nicola Flora, uno dei docenti che si è fatto carico dell’organizzazione dell’apertura dei due spazi. “Questo è un piccolo passo – dice – verso il traguardo di rendere Architettura una struttura che gli studenti possano vivere al meglio, nella quale possano trascorrere confortevolmente le proprie giornate. La caratteristica più importante delle due aule è che sono spazi totalmente elettrificati. C’è una presa di corrente per ogni postazione”. Aggiunge: “I pannelli in legno sono pensati per offrire agli studenti spazi di comunicazione tramite avvisi e messaggi. Per esempio, serviranno ad affiggere avvisi di vendita di qualche oggetto, di proposta di scambio di materiali, di ricerca di coinquilini. Speriamo che aiutino i nostri ragazzi a percepire Architettura come una seconda casa, come uno spazio da vivere in piena tranquillità, come un posto che appartiene loro e non solo come il luogo nel quale frequentano i corsi e sostengono gli esami”. Anticipa: “A fine semestre prevediamo di aprire una terza aula di questo tipo, sempre qui nella sede di via Forno Vecchio. L’allestiremo al quarto piano”. In prospettiva, aggiunge, c’è il piano più ampio di dotare di una presa elettrica per ciascuna postazione anche i laboratori. “Per realizzarlo – sottolinea il professore Flora – occorrono però risorse che al momento non abbiamo. I laboratori sono infatti una cinquantina. Da tempo Architettura ha avanzato una richiesta di fondi all’Ateneo, ma il contesto è quello che è, le risorse sono limitate per tutti e, ad oggi, ancora non li abbiamo avuti. Speriamo peraltro che arriveranno”. Se lo augurano soprattutto gli studenti. Per ora, prendono atto con soddisfazione della novità delle aule Work and break ed iniziano a frequentarle, accolti benevolmente dal faccione di Einstein che il Dipartimento ha collocato proprio all’ingresso dei nuovi spazi.
Fabrizio Geremicca