Architetti per il sociale: l’esperienza di Simone Sfriso

Architetti giramondo, protagonisti di progetti con una forte impronta etica e sociale. Sono quelli di TAMassociati ed il 29 novembre saranno a Napoli per raccontare la loro esperienza. L’incontro è in programma in aula 10 alle ore 14.30 a Palazzo Gravina. Ci sarà, in particolare, Simone Sfriso, 53 anni, cofondatore del gruppo italiano TAMassociati, già coordinatore del Padiglione Italia alla penultima Biennale veneziana. Parlerà degli ultimi progetti relativi alla realizzazione di diverse scuole ed ospedali in Africa con Emergency e con altre associazioni umanitarie, l’ultimo dei quali con Renzo Piano.
Architetto Sfriso, come è nata l’idea di raccontare la sua esperienza ad Architettura della Federico II?
“L’invito è arrivato dal prof. Nicola Flora e l’ho accolto con entusiasmo, anche perché venire a Napoli è sempre un piacere”.
Come racconterebbe l’esperienza di Tam?
“Tam si occupa dalla fondazione di architettura e comunicazione per il sociale. Ci rivolgiamo al mondo variegato di associazionismo, volontariato e terzo settore da quando siamo nati e, in anni più recenti, siamo arrivati a lavorare nella cooperazione internazionale. Abbiamo condotto esperienze in Italia con committenti come Banca Etica e la cooperativa Altro Mercato. Dal 2005 collaboriamo con Emergency e con essa abbiamo realizzato cliniche ed ospedali in Africa – Sudan, Sierra Leone ed altri Paesi –, strutture sanitarie in nord Iraq ed in Afghanistan. Ora siamo impegnati nel progetto di un grande ospedale pediatrico in Uganda nel quale siamo progettisti con Renzo Piano. Poi lavoriamo in altri progetti di ambito sanitario e strutture per educazione con altre organizzazioni non governative. Ad Architettura di Napoli il 29 novembre racconterò dei progetti realizzati e di quelli in corso. Il racconto sarà una sorta di viaggio di andata e ritorno”. 
In che senso?
“Ai ragazzi vorrei arrivasse il messaggio che l’opportunità e la fortuna di lavorare nel sud del mondo ci ha consentito di reimparare a fare architettura anche nel nostro mondo. Le problematiche possono essere diverse ma attitudine alla sobrietà nell’uso dei materiali e dei budget, pur mantenendo alto il livello nella qualità degli spazi, è il carattere distintivo che cerchiamo di mantenere in ogni progetto a qualunque latitudine. Un uso più sobrio e più responsabile di materiali e risorse è la nostra stella polare. I temi della sostenibilità e della qualità delle risorse per noi sono gli stessi ovunque. Si tratta di un atteggiamento etico e responsabile verso i luoghi, le committenze e le risorse”.
Dove si è laureato e quando ha deciso di progettare nell’ambito della cooperazione?
“Noi di Tam siamo tutti laureati in Architettura a Venezia. La nostra scelta è stata di far coincidere la nostra visione del mondo e le nostre aspirazioni etiche con la professione. Un architetto non può scegliere i clienti, ma può decidere dove collocarsi e fare in modo di essere scelto. L’idea di lavorare nel sociale è stata per noi una scelta di campo”.
“Occorre
un forte senso
di responsabilità”
A quale progetto è particolarmente affezionato?
“Sempre all’ultimo. In questo momento, dunque, a quello che abbiamo inaugurato da qualche tempo a Viareggio. Si tratta di un centro parrocchiale nel quartiere popolare Varignano nel quale ci sono problemi di degrado, marginalità ed abbandono. Abbiamo avuto la fortuna di realizzare un centro che non è solo edificio chiesa, ma locali per attività parrocchiali, spazi esterni, casa canonica. Un luogo di riferimento per un quartiere con qualche difficoltà. Abbiamo avuto l’opportunità di lavorare con una committenza aperta ed illuminata e nel contesto di un percorso partecipativo con la comunità locale per trovare insieme le condizioni che fanno dell’architettura un’opera collettiva”.
Cosa le piacerebbe progettare a Napoli?
“La vostra città è un luogo nel quale il rapporto tra architettura e spazi pubblici è straordinario ed è caratterizzato da vicinanza ed interazione. Io sono veneziano e trovo queste analogie di uso domestico dello spazio pubblico tra le due città. Progettare a Napoli è una cosa alla quale non ho mai pensato. Certamente un progetto di spazio pubblico sarebbe entusiasmante”.
Che cosa non deve mai mancare, al di là dell’impegno nell’acquisire le competenze indispensabili nella professione, ad uno studente di Architettura?
“È fondamentale che ci sia sempre un forte senso di responsabilità”.
A che si riferisce in particolare?
“Architettura è arte sociale e quindi l’architetto è un tecnico al servizio delle comunità dei luoghi dove portare risposte e bellezza. La bellezza è importante tanto quanto la necessità che sta dietro ad un progetto. Il mestiere dell’architetto è complesso e ci si trova di fronte a responsabilità perché il progetto è atto definitivo con il quale si trasforma un luogo per un tempo lungo. Quindi è essenziale che si avverta sempre il peso che hanno per la collettività le nostre scelte, responsabilità perché noi interagiamo con i luoghi e li trasformiamo”.
Riuscite a ricavare margini di utile nei progetti che portate avanti? 
“Il nostro è anche un mestiere. Cerchiamo di fare volontariato sostenibile e per questo utilizziamo in tutta la costruzione di un budget di progetto quella stessa idea di economia e sobrietà della quale parlavo in relazione all’esecuzione di un progetto. Progettare è il nostro lavoro ma cerchiamo di farlo in modo che per tutte le parti alla fine i conti tornino”.
Fabrizio Geremicca
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