Beni culturali, cresce la voglia di mettersi in proprio

Fra laboratori, lezioni, lavoro di squadra su tematiche specifiche, sono quasi trascorse le 1500 ore di formazione previste dal Corso “Management dei Beni Culturali ed Ambientali”, parte del Progetto Mito, organizzato dal COINOR della Federico II. In un turbinio di emozioni, che ha rafforzato la passione e la voglia di fare, 16 i giovani laureati coinvolti nell’esperienza. Quattro i gruppi di lavoro partecipanti: tre con sede a Napoli, uno presso l’Università di Salerno. Ogni gruppo si occupa di ambiti diversi ma con un unico filo conduttore: la scoperta, la valorizzazione e la catalogazione del patrimonio artistico presente sul territorio campano. “Mi sono laureato lo scorso anno in Archeologia e Storia dell’Arte alla Federico II – racconta Mario Coppola, 29 anni, afferente al Laboratorio del prof. Angelo Chianese – Quando ho saputo del bando, mi è sembrato naturale presentarmi”. Durante l’attività laboratoriale “mi sono occupato della ricerca e delle immissioni in un data base di informazioni concernenti i beni culturali presenti a Napoli. Questa sarà la base per poter poi creare in futuro siti internet o applicazioni per smartphone inerenti la promozione dei complessi archeologici. È stato un lavoro di team in cui ognuno metteva a disposizione dell’altro le proprie competenze. Gli ingegneri mi hanno insegnato gli strumenti tecnici da utilizzare”. Mito: “mi ha dato una prospettiva diversa, facendomi aprire ad altre opportunità. Visto le prospettive occupazionali poco allettanti, ed il fatto che i beni culturali sono sempre gestiti dal settore pubblico, con i miei compagni di progetto abbiamo pensato di metterci in proprio. Vorremmo avviare una sorta di cooperativa autofinanziata che gestisca siti di valore culturale sfruttando il provento delle visite dei cittadini. L’esperienza di questi mesi ci ha regalato la possibilità di credere che uniti possiamo ridare valore a ciò che lo merita”. Fa parte del gruppo anche Lidia La Rocca, 26 anni, stessa laurea di Mario, che racconta: “ho potuto approfondire materie come diritto, economia, informatica, che durante il Corso di Laurea avevo affrontato in modo meno specifico”. La sua attività: “la catalogazione, sul piano digitale, della monumentalistica della città di Napoli e della provincia”. Il futuro: “grazie a Mito, potrò diventare manager in questo campo e mettere a frutto le nuove competenze acquisite. Mi piacerebbe continuare con la ricerca, oppure provare un concorso o, ancora, aggregarmi a qualche associazione culturale. Purtroppo, in questo settore a volte bisogna inventarsi il lavoro”. Altro percorso – referente scientifico del Laboratorio il prof. Francesco Bifulco – per Stefano Fusco, 28 anni, laureato alla Federico II in Organizzazione e gestione del patrimonio ambientale e culturale: “profilo che si sposa benissimo con il progetto. Il mio lavoro consiste, infatti, nell’elaborazione di dati derivanti da un questionario distribuito ai visitatori della Mostra Il bello e il vero”. Un lavoro che ha portato a dover implementare conoscenze di statistica, matematica, informatica: “L’attività pratica è stata notevole, soprattutto è stato faticoso lo studio di queste discipline. Di sicuro, però, ho acquisito nuove competenze. Mito è stata la mia prima esperienza dopo la laurea. Una volta terminato il Corso, mi piacerebbe continuare nell’ambito della ricerca in strutture private o all’università”. Anche per Stefano Scanu, 26 anni, laureato dello stesso Corso, partecipare a Mito è stato un naturale proseguimento del percorso di studi. “Volevo specializzarmi nel management – racconta – È stato bello poter lavorare sul campo. Il laboratorio, che ci ha permesso di studiare 1086 questionari e di delineare il profilo dell’utente coinvolto, ci ha fornito strumenti utili per capire come muoversi in un futuro lavorativo”. A Stefano – che, poco tempo fa, ha fondato l’Associazione Nazionale Manager Culturali di cui è Presidente – piacerebbe proseguire “nel settore della ricerca, anche a livello privato, per dare vita ad un’impresa sociale che gestisca siti archeologici. So che sarà difficile, ma penso che bisogna sempre credere nei propri sogni. Del resto, la mia scelta universitaria è stata dettata dalla passione e non dal calcolo”. Svolge la sua attività di ricerca presso il Laboratorio dell’Università di Salerno Maria Paladino, 31 anni, laureata alla Luiss di Roma in Relazioni Internazionali. Un percorso di studi che sembra avere poco da spartire con il mondo dei beni culturali. Però l’interesse di Maria “è sempre stato per il territorio e la sua valorizzazione”. Così, quando ha appreso del bando di selezione per Mito, ha deciso di partecipare: “Se prima mi interessava la carriera diplomatica, ora penso a come tutelare i beni che sono presenti nel mio Paese”. L’attività laboratoriale che la impegna: “Consiste nella valorizzazione del centro storico di Salerno, attraverso la digitalizzazione delle schede informative, passando dal lancio di un programma radio con una rubrica sui monumenti ad un’applicazione per cellulare. Da aspirante geografa, mi interessa capire quali siano le ricadute economiche sul territorio sviluppando queste nuove tecnologie”. Gli obiettivi: “proseguire la carriera universitaria e fare qualcosa per la mia città”. È a Salerno anche Alessandro Terribile, 29 anni, laureato in Archeologia e culture antiche. Spiega: “Mi occupo della parte relativa all’Atlante, un sistema informativo che raccoglie tutte le info archeologiche relative alla città di Salerno. Facciamo prima delle indagini, valutiamo la componente geografica e demografica del territorio, poi digitalizziamo i dati per tutelare il patrimonio esistente”. Questo strumento sarà utilizzabile da Comuni, enti pubblici o privati, associazioni: “per creare percorsi culturali da offrire al pubblico. Mito ci ha dato la possibilità di interagire con altre conoscenze al di fuori di quella umanistica, facendoci interfacciare con il mondo lavorativo. E su questa scia vorrei ritagliarmi uno spazio, collaborando con varie figure professionali, percorrendo strade non ancora battute. Quest’esperienza è servita da filtro, ora sta a noi metterla in pratica”.
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