Cambiamenti climatici: un progetto per contrastare il rischio desertificazione

Innalzamento delle temperature medie e riduzione delle piogge sono due tra gli effetti più noti del mutamento climatico in atto – determinato secondo gran parte degli studiosi dall’attività umana e dall’emissione di gas serra in atmosfera – nell’ambito dei Paesi del Mediterraneo. Questi fenomeni propongono una sfida, tra le altre: adattare ai nuovi scenari le attività agricole e gestire i territori in maniera tale da contrastarne la progressiva desertificazione e da riqualificarli, evitando che diventino lande improduttive ed abbandonate. In quest’ottica si inserisce un progetto Life che ha come capofila l’Università Vanvitelli. Lo coordina, in particolare, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche. La referente è la professoressa Simona Castaldi, che insegna Ecologia Applicata e Rischio Ecologico. Il progetto si chiama Desert Adapt e prevede, in cinque anni, investimenti per 4,06 milioni di euro, 2,43 dei quali provenienti da fondi comunitari. La parte rimanente sarà a carico dei partner dell’iniziativa, che sono 19. Tra gli Atenei, oltre alla Vanvitelli, università portoghesi e spagnole. Ci sono, poi, imprenditori agricoli, allevatori e municipalità o Comuni. Tra questi ultimi, in Italia, Lampedusa e Linosa. Le azioni previste da Desert Adapt si svolgeranno su un totale di 1000 ettari distribuiti tra i due paesi della penisola iberica e l’Italia.
“Il progetto – dice la prof.ssa Castaldi – è una sfida importante. In aree mediterranee dove pressione ambientale, estremi climatici sempre più frequenti e difficoltà del settore agricolo portano inesorabilmente a degrado ambientale e conseguente impoverimento di imprese e municipalità, infatti, solo strategie gestionali mirate, che preservino la qualità ambientale e favoriscano l’adattamento al cambiamento climatico possono portare ad un reale ritorno economico non solo a breve ma anche a lungo termine”.
Lo scopo finale di Desert Adapt è quello di migliorare la redditività di imprese agricole e municipalità, “attraverso una pianificazione di azioni di gestione agroforestale innovative e fatte su misura per ciascuna realtà con il supporto dei partner tecnico-scientifici provenienti da Italia, Spagna, Portogallo ed Olanda. I siti operativi avranno anche la funzione di punti dimostrativi aperti al pubblico con il fine di poter replicare su almeno altri 1000 ettari gli schemi proposti prima della conclusione del progetto LIFE nel 2022”.
Presupposto dell’insieme delle azioni che saranno svolte è che il cambiamento climatico sia in atto e che, in particolare nel Mediterraneo, porterà al progressivo aumento del rischio desertificazione. “Si sta già innescando – sottolinea la docente – un circuito vizioso. Diminuisce la produttività agricola, i suoli sono meno curati, cresce il rischio di incendi, aumenta l’abbandono dei terreni. A questo degrado ambientale si aggiunge il degrado sociale, perché si riduce il reddito delle popolazioni che vivono in quelle aree e cresce l’impoverimento”.
Desert Adapt, per contrastare questi fenomeni, si propone di introdurre un nuovo concetto di gestione del territorio basato su tre pilastri. Il primo è che chi possiede la terra deve lavorare per migliorare la qualità ambientale. Il secondo è che ottimizzare le risorse locali può garantire un ritorno economico. Il terzo si fonda sulla necessità di un coinvolgimento sociale. “In concreto, significa per esempio che proponiamo ai proprietari terrieri che partecipano al progetto di trasformare in fonte di reddito cose che prima non erano valorizzate. Che so, in Portogallo ci sta un arbusto infestante che spunta dopo il fuoco ed è ricchissimo di oli essenziali. Gli agricoltori lo tagliano, ma, se lo raccogli, estrai oli essenziali e li conferisci a ditte che li utilizzano e li trasformano in reddito. Oppure, se invece di mettere il filo spinato o l’acciaio per delimitare la tua proprietà sistemi arbusti che producono piccoli frutti, potrai vendere marmellate od organizzare percorsi turistici dove i tuoi visitatori raccoglieranno quei frutti in un cestino e poi, a fine cammino, pagheranno il peso che hanno raccolto. Ancora, si lavorerà per convincere i proprietari dei terreni a diversificare le loro fonti di reddito. In genere si tende a produrre una o poche cose, specie se sono quelle per le quali ci sono sussidi comunitari. Se, però, quel prodotto va male – per esempio perché è piovuto pochissimo – diventa un dramma. Se la produzione è stata diversificata, si affrontano meglio i rischi legati al cambiamento climatico”. Prosegue la docente: “La parte sociale del progetto  intende, per esempio, stimolare i proprietari dei terreni o le Municipalità, laddove le aree di sperimentazione siano pubbliche, a coinvolgere nei lavori disabili o migranti privi di occupazione o altri soggetti svantaggiati. Ancora, ci sono iniziative per far partecipare alle attività agricole e alla cura dei terreni i ragazzi, in una ottica di educazione ambientale. Se si fa capire che la terra è un valore di tutti e tutti possono avere interesse nel proteggerla, difenderla e riqualificarla, ne traggono tutti beneficio. L’ambiente e la collettività”. Un filone di Desert Adapt sarà la nascita di una società consortile tra i partner che hanno aderito per vendere i prodotti con un marchio comune,  per aiutarli a crescere anche dal punto di vista economico e dimostrare concretamente che, in una prospettiva di medio e lungo periodo, agricoltura ed allevamento esercitati nel rispetto della sostenibilità ambientale convengono e portano reddito e risorse. Agronomi, pedologi, idrogeologi, specialisti delle scienze sociali, forestali, ecologi sono alcune delle professionalità che presteranno la propria opera nell’ambito di Desert Adapt.
“È la prima volta che partecipo ad un progetto Life, una tipologia specificamente orientata verso la ricerca applicata. Finora mi ero cimentata con i programmi Horizon. I Life sono belli perché danno il senso di cambiare le cose. Vedo che la gente lo vuole ed è disponibile a migliorare il mondo”, conclude la prof.ssa Castaldi. 
Fabrizio Geremicca
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