Si aggiudica il Premio Matteotti, bandito ogni anno dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,nella sezione tesi di laurea, Rosaria Margiotta, 24 anni, originaria di Baragiano in provincia di Potenza, laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a L’Orientale. Oggetto del suo elaborato finale, discusso nel maggio 2016 in Scienza delle finanze, un approfondimento su ‘Povertà e disuguaglianze di Gender in Italia’. “Un lavoro di ricerca
molto accurato sul fenomeno della povertà e l’evoluzione storica di tale problema nel passaggio dal fordismo all’economia delle società contemporanee”, afferma il prof. Amedeo Di Maio, suo relatore, raccontando genesi ed evoluzione del progetto. “Quando Rosaria è venuta a parlarmene, aveva chiaro in mente l’argomento, che rientra tra quelli che trattiamo a lezione, partendo dai criteri di misura di povertà, disuguaglianza e formazione del capitale umano, a seconda delle categorie sociali”. I punti focali del lavoro: come è mutato il concetto di povertà, quali sono i soggetti più a rischio, se esiste un rimedio perseguibile. Benché una tesi triennale richieda in genere una minore elaborazione,Rosaria “si è distinta sin da subito per grande rigore, determinazione e
autonomia d’iniziativa”. Dopo un’attenta analisi e ricerca sui soggetti maggiormente colpiti in Italia, la tesi ha declinato il focus su due aspetti: la questione di genere e il Mezzogiorno. La parola alla brillante studentessa lucana, attualmente a Padova per seguire un Corso di Laurea Magistrale in Lingua Inglese su ‘Human rights and multilevel governance’, il 12 ottobre si recherà a Palazzo Chigi per la cerimonia dell’attribuzione della 13esima edizione del Premio (consistente in 5000 euro e l’eventuale pubblicazione della tesi). Qual è stato lo spunto per la stesura della tua tesi? Un’incongruenza: la povertà cresce e lo sviluppo economico non la debella. Mi sono chiesta: perché l’elevato livello di progresso tecnico-scientifico non ha ridimensionato il numero di persone
considerate povere? Oggi c’è la consapevolezza che la povertà non appartenga ai soli Paesi in via di sviluppo o ad economie emergenti ma sia un fenomeno vicino a noi e nel contempo una realtà presente in tutto il mondo”. Ma in che situazione versa il nostro Paese? “Dal confronto con i Paesi europei è emerso che la povertà assume aspetti diversi, in termini di persone coinvolte, di bisogni non garantiti, di interventi statali compiuti. Si affermano così diverse categorie di poveri, definiti tali in base alle misure di intervento attuate. A partire dalla crisi finanziaria del 2007, in Italia ha preso forma la figura del soggetto ‘povero di lavoro’, indicativo del fatto che il lavoro ormai non protegga più dal rischio povertà”. Quali categorie sono più svantaggiate? E perché? “Le donne, i minori e gli anziani. Le prime costituiscono il riflesso di un’asimmetria di genere in campo professionale, tuttora residuo di una cultura familistico- patriarcale che ha teso ad escludere la donna dal mercato del lavoro. Inoltre, ciò che rinforza le disuguaglianze in termini di salari tra lavoratori e lavoratrici e di posizioni di vertice nelle società è l’assenza di un welfare sociale che garantisca servizi primari, quali asilo nido e assistenza agli anziani. In questa misura, le donne, sopperendo a tali mancanze, costruiscono un welfare invisibile e non retribuito”. E per minori e anziani? “La povertà minorile è in continua crescita. Un problema connesso alla giustizia sociale e alla democrazia, poiché non si può attribuire ai bambini la responsabilità della condizione in cui vivono. Ancora meno accettabile è l’idea che l’origine sociale incida sul loro futuro. Il fenomeno, oltre a comprendere l’assenza di beni primari, concerne soprattutto la sofferenza che coglie i ragazzi europei a causa del rifiuto socialedai compagni, dal momento che mancano risorse necessarie a condurre uno stile di vita simile a quello dei pari: una casa adeguata, vestiti a sufficienza e mezzi tecnologici indispensabili in questa fase storica. In ultimo, ci sono gli anziani, la cui pensione non è bastevole alla sussistenza psico-fisica”. Come sta messo il Sud? S’intravede una soluzione percorribile? “Qui il problema è uno strascico del passato, dovuto al ventennio fascista, alla carenza di interventi economici, alle pratiche clientelari. Con il tempo questi elementi hanno reso marcato il divario Nord-Sud. Poverosi diventa a seconda di come lo Stato interviene. Il mio lavoro, a proposito, sottolinea come doverosa una riforma dell’architettura finanziaria che miri a un maggiore controllo democratico, a una visione economica di genere e a un lavoro dignitoso per tutti”.
molto accurato sul fenomeno della povertà e l’evoluzione storica di tale problema nel passaggio dal fordismo all’economia delle società contemporanee”, afferma il prof. Amedeo Di Maio, suo relatore, raccontando genesi ed evoluzione del progetto. “Quando Rosaria è venuta a parlarmene, aveva chiaro in mente l’argomento, che rientra tra quelli che trattiamo a lezione, partendo dai criteri di misura di povertà, disuguaglianza e formazione del capitale umano, a seconda delle categorie sociali”. I punti focali del lavoro: come è mutato il concetto di povertà, quali sono i soggetti più a rischio, se esiste un rimedio perseguibile. Benché una tesi triennale richieda in genere una minore elaborazione,Rosaria “si è distinta sin da subito per grande rigore, determinazione e
autonomia d’iniziativa”. Dopo un’attenta analisi e ricerca sui soggetti maggiormente colpiti in Italia, la tesi ha declinato il focus su due aspetti: la questione di genere e il Mezzogiorno. La parola alla brillante studentessa lucana, attualmente a Padova per seguire un Corso di Laurea Magistrale in Lingua Inglese su ‘Human rights and multilevel governance’, il 12 ottobre si recherà a Palazzo Chigi per la cerimonia dell’attribuzione della 13esima edizione del Premio (consistente in 5000 euro e l’eventuale pubblicazione della tesi). Qual è stato lo spunto per la stesura della tua tesi? Un’incongruenza: la povertà cresce e lo sviluppo economico non la debella. Mi sono chiesta: perché l’elevato livello di progresso tecnico-scientifico non ha ridimensionato il numero di persone
considerate povere? Oggi c’è la consapevolezza che la povertà non appartenga ai soli Paesi in via di sviluppo o ad economie emergenti ma sia un fenomeno vicino a noi e nel contempo una realtà presente in tutto il mondo”. Ma in che situazione versa il nostro Paese? “Dal confronto con i Paesi europei è emerso che la povertà assume aspetti diversi, in termini di persone coinvolte, di bisogni non garantiti, di interventi statali compiuti. Si affermano così diverse categorie di poveri, definiti tali in base alle misure di intervento attuate. A partire dalla crisi finanziaria del 2007, in Italia ha preso forma la figura del soggetto ‘povero di lavoro’, indicativo del fatto che il lavoro ormai non protegga più dal rischio povertà”. Quali categorie sono più svantaggiate? E perché? “Le donne, i minori e gli anziani. Le prime costituiscono il riflesso di un’asimmetria di genere in campo professionale, tuttora residuo di una cultura familistico- patriarcale che ha teso ad escludere la donna dal mercato del lavoro. Inoltre, ciò che rinforza le disuguaglianze in termini di salari tra lavoratori e lavoratrici e di posizioni di vertice nelle società è l’assenza di un welfare sociale che garantisca servizi primari, quali asilo nido e assistenza agli anziani. In questa misura, le donne, sopperendo a tali mancanze, costruiscono un welfare invisibile e non retribuito”. E per minori e anziani? “La povertà minorile è in continua crescita. Un problema connesso alla giustizia sociale e alla democrazia, poiché non si può attribuire ai bambini la responsabilità della condizione in cui vivono. Ancora meno accettabile è l’idea che l’origine sociale incida sul loro futuro. Il fenomeno, oltre a comprendere l’assenza di beni primari, concerne soprattutto la sofferenza che coglie i ragazzi europei a causa del rifiuto socialedai compagni, dal momento che mancano risorse necessarie a condurre uno stile di vita simile a quello dei pari: una casa adeguata, vestiti a sufficienza e mezzi tecnologici indispensabili in questa fase storica. In ultimo, ci sono gli anziani, la cui pensione non è bastevole alla sussistenza psico-fisica”. Come sta messo il Sud? S’intravede una soluzione percorribile? “Qui il problema è uno strascico del passato, dovuto al ventennio fascista, alla carenza di interventi economici, alle pratiche clientelari. Con il tempo questi elementi hanno reso marcato il divario Nord-Sud. Poverosi diventa a seconda di come lo Stato interviene. Il mio lavoro, a proposito, sottolinea come doverosa una riforma dell’architettura finanziaria che miri a un maggiore controllo democratico, a una visione economica di genere e a un lavoro dignitoso per tutti”.