Convenzione con la Mongolia, potrebbe essere attivato un nuovo insegnamento

“Stiamo per firmare una convenzione con la Mongolia che porterà, spero, in un futuro non troppo lontano, all’apertura di un nuovo insegnamento, anch’esso unico nel suo genere”, anticipa il prof. Michele Bernardini, docente di Lingua e Letteratura Persiana, Direttore del Dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo, “un centro di eccellenza estremamente vitale che si contraddistingue nel panorama italiano per l’alta specificità degli studi e degli insegnamenti offerti”. Un contesto vivace e variegato in cui “l’intraprendenza dei docenti si esprime in numerosi interventi, confronti metodologici e intellettuali, spesso destinati al grande pubblico per favorire la conoscenza dell’Oriente non solo a Napoli ma nell’intero paese”. Negli ultimi anni, “la sinergia molto positiva con gli altri due Dipartimenti ha permesso di sviluppare temi comuni sia nel campo della comparatistica che in quelli dell’archeologia, della linguistica e di altre discipline come lo studio del manoscritto”. Nell’ambito dei numerosi seminari ed eventi culturali, basti citare l’esempio dei cicli di lezioni ‘I saperi dell’Orientale’. “In accordo con il nostro Rettorato, che promuove tale iniziativa, ci stiamo aprendo sempre più verso l’esterno al fine di interagire con il territorio”. Insieme alla propensione attiva verso conferenze e manifestazioni scientifiche, “uno dei motivi principali di lavoro nell’ambito del Dipartimento è stato il complesso rapporto con la crescente volontà di valutare le attività di ricerca e didattica. Questo grande progetto, che rientra nel quadro delle diverse riforme dell’Università, impegna moltissimo del nostro tempo”. Tra le problematiche in evidenza in seno alle riunioni degli organi di governo del Dipartimento, “vi è sicuramente il tempo che dobbiamo sottrarre alla ricerca pura e alla preparazione di una didattica adeguata a causa dell’incredibile crescita degli impegni amministrativi e burocratici ai quali siamo sottoposti”. Nello specifico, “il dover compilare eterni rapporti e valutazioni non giova al buon funzionamento di un’Istituzione per sua natura molto dinamica. In più, la constatazione che si sono fatte ‘le nozze coi fichi secchi’ con le numerose riforme – peraltro, in eterno e magmatico mutamento – provoca una grande frustrazione nel corpo accademico che non è più quello di trent’anni fa, caratterizzato da un certo immobilismo”. Tuttavia, “siamo in un momento sostanzialmente positivo per quanto riguarda il reclutamento di nuovo personale docente e cerchiamo di ovviare con tutte le forze a quelle forme di precarietà che rendono la vita difficile soprattutto agli studiosi più giovani”. Nell’alveo dei recenti consigli di Dipartimento, inoltre, “un punto di grande rilievo è stata la discussione dell’offerta formativa che intendiamo proporre nel prossimo anno accademico. Ci stiamo attivando intensamente per migliorarla nel rispetto dei mezzi di cui disponiamo”. In questa direzione, infatti, “il Dipartimento vuole dinamicizzare il proprio impegno didattico, lo stesso dicasi per i nostri progetti di ricerca in Italia e all’estero che hanno portato a ottimi risultati scientifici negli ultimi tempi”. Si è discusso molto anche “degli spazi in cui lavoriamo e del rapporto con gli studenti che cerchiamo di migliorare il più possibile”. Alla luce della Primavera auspicata per l’Università, quali sono le speranze future? “Personalmente, sono un ottimista ma è tempo che il nostro Stato e chi lo governa si rendano conto del fatto che noi non siamo delle figure negative nella società. Al contrario, come dimostra in pieno L’Orientale, abbiamo un ruolo propositivo estremamente importante. In Europa si investe più del triplo di quanto investe l’Italia per la ricerca, è l’ora che si risolva questo nodo e non ci si limiti a bacchettare le dita di un corpo accademico molto meno peggiore di quanto viene dipinto”, conclude il docente.
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