“Dico grazie al professor Lanza e lo ringrazierò sempre, perché mi ha saputo prendere. Mi faceva sedere, come stiamo seduti noi adesso, e mi ha sempre detto tutto. È stato un grande uomo. Aveva educazione e rispetto per tutti”. Il professor Salvatore Sciorio parla del suo cammino alla Federico II. Il racconto, che parte dai primi passi con il camice bianco e arriva al rapporto con gli studenti, è guidato da un unico filo conduttore, il pensiero del Maestro Giovanni Giordano Lanza, ricordato a volte con parole cariche di stima e di affetto e altre volte, spesso, con il silenzio di una voce strozzata dalla commozione. Il percorso accademico del professor Sciorio comincia diversi anni fa, quando sedeva dall’altra parte dei banchi: “la tappa fondamentale della mia carriera risale al primo anno di Medicina, quando, da matricola, seguivo in sala settoria, come tutti gli altri. A quei tempi esisteva solo la prima Facoltà. Un pomeriggio, mentre stavamo facendo esercitazione su un cadavere, venne una persona che io non conoscevo ancora. Era il professor Lambertini, il quale, nel descrivere le logge renali, a chi aveva i guanti diceva di guardare e di intervenire sul cadavere. Chiamò proprio me. Questa cosa è stata il lancio. Poi sono stato interno di Anatomia e, dopo un anno col prof Lambertini, passai col professor Borghese col quale sono arrivato qui al secondo piano (dell’Edificio 20 del Policlinico collinare dove adesso il docente ha il suo studio)”. Passa un altro anno e qualcosa cambia: “dopo un anno arrivò Giovanni Giordano Lanza e la mia vita cambiò. Era un uomo, culturalmente parlando, incredibile. Mi ha dato la possibilità di studiare, mettendomi a mio agio. Era una persona eccezionale”. Una persona che, per il professor Sciorio, è riuscita a distinguersi anche in un ambiente a volte a lui ostile: “ricordo che in occasione di una contestazione nei suoi confronti, lui non ha mai mancato a un appuntamento con gli studenti. Faceva sempre un esame non severo, ma serio, modellandolo sulle necessità e le richieste dello studente. Passata la contestazione, Giovanni Giordano Lanza ha aiutato proprio quelle persone che avevano scritto sui muri e gli avevano più volte telefonato. Era un buono. Bastava poco per farlo diventare tenero. Bastava che gli si dicesse: prof. aiutatemi”.
“Vedere, in
Anatomia, è
fondamentale”
Anatomia, è
fondamentale”
Dallo studente al docente. Alla Federico II il professor Sciorio insegna Anatomia, una materia tanto importante quanto ostica: “Anatomia è indubbiamente difficile, è una materia che richiede tempo di studio e lo studio va fatto sempre con verifica, tanto è vero che dico sempre ai ragazzi di munirsi di carta e penna e di fare gli schemi, per vedere e toccare con mano. Io ho iniziato facendo pratica sul cadavere. Adesso ci sono delle regole per le quali questo non si può fare più. Perciò ora li invito a disegnare, perché vedere, in Anatomia, è fondamentale. Credo che molto importante sia la pratica. Come diceva un grande uomo (il riferimento è ancora al professor Lanza), una persona che isola una vena cava inferiore sul cadavere una volta ogni mese, certamente ha meno esperienza di chi lo fa tutti i giorni per due volte al giorno. Ci vorrebbe più pratica e manualità”. Non solo aspiranti medici. Le sue lezioni si tengono anche al corso di Infermieristica e di Ostetricia: “io rispetto tutte le religioni. Dico sempre che ci ha creato un essere superiore che ha fatto sì che ogni cosa dentro di noi avesse una funzione precisa. Ogni cosa ha una finalità, questo lo spiego in tutti i corsi nei quali insegno. A Medicina, forse, è tutto più approfondito perché conoscere la funzionalità degli elementi del corpo umano è molto importante”. Una cosa non cambia mai, a prescindere dal Corso di Laurea. È la disponibilità nei confronti dei ragazzi: “gli studenti sono la mia vita (sorride). La soddisfazione mia è quando su un grosso numero di studenti molti fanno una bella figura, ma non solo in Anatomia. Quando mi dicono di aver superato bene un esame diverso dal mio sono ancora più contento”. Gruppi di studio si riuniscono nel suo ufficio quasi tutti i giorni, sabato compreso. Se gli si chiede chi glielo faccia fare, lui risponde: “il ricordo della gioia enorme che Giordano Lanza aveva quando uno studente si laureava in Medicina e Chirurgia”. Rapporto diretto, faccia a faccia. Perda ogni speranza chi vuole comunicare col prof. attraverso mail o social network. Il professore rispetta la tecnologia, ma proprio non riesce a farla sua: “il computer è una cosa bellissima. Tanti anni fa, quando già iniziava a diffondersi il fenomeno internet, avevo con me un interno al quale dissi di imparare bene a usarlo. In seguito lui entrò in una specializzazione importante perché in quel gruppo mancava chi usasse bene il computer. Ne ho vista subito l’importanza. Io però non lo so usare. Sono legato alla carta e alla penna. Forse per un amore verso il contatto umano diretto”. Un contatto che va curato superando, a volte, quei vincoli formali che spesso modellano il linguaggio accademico. L’importante è farsi capire, usando anche il dialetto se serve: “parlo napoletano senza problemi, perché è la mia lingua. Io sono napoletano (il professore è nato a Marano, in provincia di Napoli), sono contentissimo di esserlo e amo la mia terra che per me è la più bella del mondo. Quindi se devo dire a un ragazzo che adda tuccà co a mano, non ho problemi a farlo”. Perché, in fondo, quello che conta è formare dei buoni medici: “chi si iscrive a Medicina vuole fare il medico. Ricordo spesso ai miei studenti che essere laureato in Medicina e Chirurgia non vuol dire essere medico, sono due cose ben distinte. Noi dobbiamo prepararli a fare questo mestiere. La prima cosa del medico è stare vicino ai pazienti, cioè aiutarli ed entrare nella loro psicologia, valutare il momento e star loro vicino, non avere nessuna difficoltà a informarsi con i colleghi, ad ampliare quello che già si conosce per aiutare quanto più è possibile i malati. E questa è un’altra educazione antica”. L’educazione ricevuta da un grande uomo.
Ciro Baldini
Ciro Baldini