Dalla piscina ai musei in mare aperto, i sub del CUS

In mare scendono dai diciotto metri in poi. Quando tutto intorno c’è soltanto acqua salata, le loro mani sfiorano reperti archeologici di migliaia di anni fa. Si immergono in coppia per ragioni di sicurezza. Apprendono nozioni teoriche e si esercitano per conseguire un brevetto riconosciuto in tutto il mondo. Sono i sommozzatori del Centro
Universitario Sportivo di Napoli. Un gruppo composto in parte da giovani universitari e guidato dal tecnico Walter Esposito, ingegnere informatico e Capo istruttore del Gruppo Subacquei Federali Fipsas Napoli, “che lavora per e con il CUS per formare degli atleti e rilasciare brevetti internazionali”. La formazione, che ha luogo presso le strutture di via Campegna, passa innanzitutto dalla teoria: “la preparazione consiste in dodici ore di lezioni durante
le quali si apprendono utilizzo delle attrezzature, principi di chimica e fisica applicati alla subacquea, fisiologia, per capire come il nostro organismo si adatta con l’ingresso in acqua, i pro e i contro di respirare gas ad alta pressione”. E ancora: “insegniamo le tecniche di emergenza, ovvero la sicurezza in mare e come gestire gli inconvenienti”. Usciti dall’aula si passa in piscina per allenamenti di circa due ore: “partiamo con un po’ di apnea per abituare il corpo per poi soffermarci su tutte le tecniche. Gli allievi maneggiano per la prima volta l’attrezzatura, imparano a gestirla e a fare manutenzione”. Si simulano poi emergenze quali: “svuotamento maschera e condivisione dell’area nel caso i cui il compagno dovesse avere difficoltà a respirare dal proprio erogatore. Poi, ovviamente, gli allievi imparano a pinneggiare e a muoversi sott’acqua”. Manovre particolari che, per questioni di sicurezza, è opportuno imparare all’interno di quattro bordi: “solo successivamente sono previste delle immersioni in mare”. Sei le esercitazioni marine previste per ogni livello: “esistono tre corsi base – P1, P2 e P3 – e poi varie specializzazioni, fino ad arrivare al titolo di subacqueo professionista”. Per tutti gli studenti è un modo per “applicare sott’acqua ciò che si impara all’università. Chi studia Ingegneria Edile, ad esempio, è in grado di effettuare in mare le misurazioni che si fanno sulla terra”. I più interessati all’attività sono stati finora gli scienziati:
“gli allievi, in maggioranza, sono biologi. Non mancano gli ingegneri, attratti dalle apparecchiature e dalle tecnologie che servono per scendere sott’acqua. Meno affascinati, invece, sono gli studenti delle materie letterarie”. Chissà che il trend non venga invertito con i nuovi corsi che verranno presentati il primo febbraio nell’aula polifunzionale del CUS: “parleremo del corso P1, per sommozzatori di primo livello, del P2 e del P3 che permette di diventare guida subacquea”. Il corso “dura circa 3 mesi. Alla fine lasciamo spazio per ripetere il libro di testo. Seguono tre verifiche. Una di teoria e due pratiche, una in piscina, l’altra in mare. Se superate tutte, si
riceve il brevetto”. I costi, in base al brevetto da conseguire, oscillano tra i 300 e i 350 euro. Non mancano le occasioni per unire allo sport la cultura: “per le esercitazioni in mare andiamo nei siti archeologici di Baia e Bacoli, appoggiandoci al Sea Point. Sotto ci sono anfore e mosaici bellissimi. Toccare 2500 anni di storia è incredibile. I ragazzi uniscono l’addestramento alla parte archeologica. Non è più un rapporto esclusivo col mare. Ci si immerge con lo spirito di visitare un vero e proprio museo”. Un museo immerso in un teatro naturale che tanto ha colpito Renato Polverino, studente ventitreenne all’ultimo anno di Ingegneria Biomedica e sub in possesso del brevetto di primo livello: “l’ecosistema che si osserva sott’acqua è impressionante. Con il mio brevetto sono sceso fino a diciotto metri di profondità. Quando si alza la testa si osserva qualcosa di unico. La vera bellezza, a mio avviso, è la vastità dell’ambiente e la varietà di colori e specie. Le immagini che si trovano su Internet sono spettacolari, ma dal vivo è tutt’altra cosa”. Proprio da internauta ha letto articoli e visto video sulle immersioni, appassionandosi a un’attività che ha praticato al CUS: “mi ha preparato alla sicurezza. Spesso in questo sport si sente parlare di incidenti. Imparare le norme è fondamentale”. Dopo un anno di esperienza “ho notato dei miglioramenti personali. Ho imparato a gestire con calma le paure”. Il timore più grande quando indossa la muta è “rimanere senza ossigeno. Si è lontani dalla superficie e, prima di emergere, è necessario fermarsi a circa tre metri per evitare embolie. Per fortuna si scende sempre in coppia. Avere un compagno vicino è una grande sicurezza”. Obiettivo per il futuro: “conseguire i due livelli successivi al primo, perché più si scende e più c’è varietà biologica da
ammirare”. Ha già il brevetto di secondo livello Brenda, iscritta al terzo anno di Giurisprudenza: “adesso vorrei specializzarmi per la notturna, per scendere in un ambiente completamente diverso da quello diurno, e per le immersioni su relitti, che mi permetterebbe di visitare le imbarcazioni affondate”. La vita da sportiva incontra quella da studentessa nella quotidianità: “l’attività da sub dà concentrazione. Con il corso abbiamo fatto lezioni su stress e ansia, apprendendo tecniche che si possono applicare nella vita di tutti i giorni”. Lezioni seguite al CUS: “un ambiente che offre gli spazi giusti sia per la teoria, sia per la pratica. Poi c’è il parcheggio che è fondamentale”. Due gli anni di esperienza. A colpirla particolarmente: “la città sommersa di Baia. È molto bella. Peccato non sia tanto conosciuta. Per me è stata la prima immersione. Fu in primavera. L’acqua era torbida per la vegetazione,
ma riuscii comunque ad applicare quanto appreso a lezione”. È un’attività che consiglia a tutti: “si svolge in perfetta sicurezza. Io stessa non ho grandi capacità da nuotatrice, ma il lavoro da sub è un’altra cosa. Basta superare le paure e si va sotto”. Per passare dalla piscina del CUS a musei in mare aperto.
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