Dipartimenti e Scuole, Forum a Scienze

Forum dedicato allo Statuto presso la Facoltà di Scienze che il 18 aprile ha ospitato il Rettore Massimo Marrelli. I nodi organizzativi alla luce della riforma sono noti: come armonizzare i rapporti e distribuire le competenze fra i Dipartimenti, per legge le uniche strutture di riferimento, e le Scuole, organizzazioni dedite al coordinamento didattico, ma con poteri estremamente ridotti? Per sfruttare al meglio il personale disponibile, che in mancanza di un serio ricambio generazionale andrà riducendosi, non resta altro da fare che: “distribuire gli incarichi didattici su tutto l’Ateneo, senza più supplenze – ribadisce il Rettore – Questo comporta problemi di coordinamento, ma ha il vantaggio di ridurre le spese e garantire unità ed uniformità alla Federico II”. Altra linea guida: una Facoltà attuale non può diventare Scuola: “non cambierebbe nulla”. Ma quali dimensioni deve avere una Scuola e quali sono i criteri da seguire per costituirne una? “Come ci si comporta se gli specialisti di una materia appartengono tutti ad un unico Dipartimento che eroga i suoi servizi all’intero Ateneo e come si costruisce un’offerta didattica che prima nasceva dal coordinamento di anime diverse? Occorre pensare alla distribuzione dei poteri. Per legge il presidente di una Scuola non può partecipare al Senato Accademico ed al Consiglio di Amministrazione. Questo non va bene. I Poli potrebbero rivestire un ruolo di coordinamento importante per la ricerca e la distribuzione dei fondi”, suggerisce il Preside Roberto Pettorino, dando il via al dibattito. “Numeri troppo ampi non rischiano di impoverire gli ambiti culturali affini?” (prof.ssa Elena Sassi). “Dopo 150 anni non vorrei scoprire che si chiude la Facoltà di Scienze. Dare tutto ai Dipartimenti è una follia, occorrono documenti condivisi da far circolare in tempo reale per avanzare proposte e decidere consapevolmente” (prof. Giulio Spadaccini). “La riforma è una sventura, la pianificazione della fuga dei cervelli” (prof. Franco Buccella). “Individuiamo autonomie e responsabilità, senza infiniti passaggi, prima pensiamo a cosa vogliamo offrire. Dipartimenti e Scuole sono mezzi, non fini. Il sogno sarebbe una School of Basic Science, ma chi la coordina?”, chiede al termine il Rettore, ma le domande sull’autonomia reale delle future strutture organizzative continuano a fioccare da tutte le parti. “La legge dice che possono esserci strutture policentriche solo se c’è stabilità di bilancio e con un accordo di programma con il Ministero, ma da noi alcuni Dipartimenti potrebbero non volersi accorpare” (prof.ssa Giuliana Fiorillo). “Perché eliminare le Facoltà se, come luoghi di concertazione, funzionano? Vorremmo avere libertà di scelta. E come si eleggeranno le cariche, perché conta anche l’elettorato attivo” (Ulderico Dardano). “Vorremmo essere informati e chiamati a decidere in un Consiglio di Facoltà e non convocati in un forum che non ha valore. Non vorrei trovarmi un giorno a prendere atto di decisioni già assunte. Fra i chimici, per esempio, si sta pensando di dar vita ad un unico Dipartimento, qualcuno lo sa?” (prof. Ugo Lepore). Forti anche le preoccupazioni per la qualità della didattica. “Abbiamo un ottimo Corso di Laurea in Biologia, con molti crediti di materie di base, in Matematica, Fisica, Chimica e Chimica Organica, ma, per mantenere questo livello, dobbiamo per forza stare con i colleghi di questi ambiti” (prof.ssa Girolama Lamantìa). “Credo sia una follia che i Dipartimenti sostituiscano totalmente i Corsi di studio” (prof.ssa Laura Fucci). Ci sono anche punti di vista più sereni e maggiormente propositivi. “Questa è un’occasione da cogliere per dare uno scossone all’università che è ancora, più o meno, come l’ha disegnata Napoleone. I Dipartimenti in Italia sono disciplinari e non tematici, al contrario di quanto avviene nel mondo” (prof. Giulio Di Donato). “Sono d’accordo che tutti possano andare dove vogliano, quello che conta è non inventare nomi, ma riunire gruppi in grado di portare avanti dei filoni di ricerca sul lungo periodo. Dobbiamo chiederci quale ricerca, ma soprattutto quale didattica, vogliamo fare. Da questo discenderanno le Scuole e si deciderà in quali confluire”, dice Marrelli anticipando altri incontri “per ascoltare le vostre proposte”.
(Si.Pa.)
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