Ezio Mauro contro il testo sulle intercettazioni

“Diritto dei cittadini di essere informati; dovere dei giornalisti di informare”. E’ il senso della lezione che Ezio Mauro ha tenuto al centro congressi della Federico II, per celebrare i 20 anni dalla nascita della redazione di Repubblica Napoli.  Per quasi due ore, dopo l’introduzione del decano dell’Ateneo Bruno Jossa e di Giustino Fabrizio, capo della redazione partenopea  del quotidiano, Mauro ha insistito sull’urgenza di una mobilitazione civile, trasversale, al fine di bloccare la deriva autoritaria che sta attraversando l’Italia. “Non amo le parole troppo forti”, ha detto, “ma l’altro giorno, mettendo in fila quel che è accaduto e sta accadendo in Italia da tempo- le leggi ad personam, il conflitto di interessi, la normativa in discussione al Senato sulle intercettazioni – non mi è venuta in mente parola diversa che regime”. 
Proprio da Napoli, il direttore di Repubblica ha dunque lanciato un appello alla mobilitazione contro il testo sulle intercettazioni. “Ci dicono che serve a tutelare la privacy, che gli italiani sono i più intercettati in Europa. Lo ha sostenuto il ministro Alfano. E’ falso, nel 2009 le intercettazioni sono state 120.000. Sappiamo bene, però, che i criminali usano schede diverse, si scende allora a 80.000 intercettati e qualcuno dice perfino a 27.000. Non basta: nello stesso anno le intercettazioni sono state meno che nel 2008”. Più che a tutela della privacy, sostiene Mauro, la legge in discussione al Senato, che limita fortemente per i magistrati le possibilità di ricorrere a tale strumento e vieta ai giornali di dare notizia dei procedimenti in atto fino alla conclusione delle indagini preliminari, è finalizzata a tutelare “la casta”, i colletti bianchi, gli imprenditori e i politici che incappino in inchieste. “Vero”, ammette il direttore, “esiste anche la necessità di impedire che finiscano sui quotidiani le intercettazioni che non hanno nulla a che vedere con il procedimento o che riguardino persone del tutto estranee ad esso. E’ accaduto, in passato. Esiste lo strumento per evitare che questo accada e Repubblica lo ha proposto. Occorre un’udienza stralcio in cui le parti si assumano la responsabilità di decidere cosa sia irrilevante ai fini delle indagini e cosa, invece, abbia un peso. Chi pubblica quel che è rilevante non va sanzionato duramente”. Cosa diversa, ha sostenuto Mauro, “è strozzare le intercettazioni. Non avremmo mai saputo nulla di chi rideva nel letto alle tre di notte mentre a L’Aquila estraevano morti e feriti dalle macerie, non avremmo saputo nulla dei reati commessi ai danni dei pazienti nella famosa clinica di Milano, non avremmo potuto scrivere un rigo delle indagini sui rapporti tra Anemone e Bertolaso. Sarebbe la fine della democrazia, che non esiste senza che i cittadini partecipino alla vita pubblica, essendo informati di quel che accade”. 
Mauro ha dunque lanciato un appello ai cittadini ed agli altri giornali: “Qui non è una questione di destra o di sinistra, non è in ballo questo o quel quotidiano. E’ la battaglia di chi non vuol sentirsi sotto tutela e di chi vuole che i suoi figli continuino ad essere a vivere da cittadini”. 
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