Il buco di bilancio dell’Università Federico II per il 2006 sembra assestarsi sulla cifra di 10-11 milioni di euro, ipotizzata a fine anno. Ma il deficit dell’ateneo “potrebbe raggiungere i 23-24 milioni di euro, se si sommano anche i disavanzi dei precedenti tre-quattro anni”. A confermarlo ad Ateneapoli è il prof. Gaetano Manfredi (Ingegneria), che insieme ai professori Massimo Marrelli (Presidente del Polo delle Scienze Umane e Sociali) e Riccardo Viganò (Economia) fa parte della Commissione d’ateneo per il rientro dal deficit, nominata a gennaio dal rettore Trombetti e dal Consiglio di Amministrazione dell’Università. “Il dato non è ancora definitivo – afferma il prof. Manfredi ad Ateneapoli -. I lavori della Commissione si dovrebbero concludere per metà giugno. Quando riferiremo i risultati al Consiglio di Amministrazione e al Senato Accademico”. Il buco dipende anche da sforamenti della facoltà? “No. Il motivo principale sono i minori introiti statali, la riduzione dell’FFO, il Fondo di Finanziamento Ordinario degli atenei, di provenienza ministeriale, a seguito dei tagli degli ultimi governi. E dagli incrementi stipendiali, per docenti e personale tecnico-amministrativo, ora a carico delle Università, insieme agli aumenti tariffari annui del 2-2,5% per forniture elettriche, telefoniche, riscaldamenti, guardiania, acqua e quant’altro necessario al finanziamento ordinario delle 13 facoltà del Federico II. Strutture che, nel complesso, tra studenti iscritti, specializzandi, docenti e personale universitario, ospitano oltre 120.000 utenti”. Dunque, i finanziamenti pubblici diminuiscono, mentre aumentano le spese? “Esatto”. Ma c’è anche chi sostiene che le facoltà incidono, ad esempio, con il personale assistenziale del Policlinico. “Questo non è esatto. Le spese dell’assistenza sono coperte dalla Regione e dalla Azienda Policlinico. Mentre una parte del personale assistenziale è a carico dell’Università. Ma ciò accade da anni. anche se, indubbiamente, si potrebbe porre il quesito alla Regione, non essendo personale strettamente con funzioni universitarie”. Aggiunge: “invece, complessivamente, l’ateneo ha carenza di personale, anche a causa dei molti pensionamenti”.
Insomma, una situazione preoccupante? “Non direi. La situazione è abbastanza tranquilla e sotto controllo. Certo, c’è necessità di rientrare dal deficit. Ma si tratta di una situazione comune a molti atenei italiani. – Ed alcuni stanno anche peggio di noi -. Il nostro obiettivo è, però, di andare ad una soluzione strutturale”. Dunque tagli e sacrifici attendono le strutture dell’ateneo? Già si è provveduto ad un drastico taglio delle spese telefoniche e sui cellulari, anche negli uffici centrali dell’ateneo. “Io parlerei di una spesa che va tenuta sotto controllo, anche per senso di responsabilità. Le Università italiane hanno comunque chiesto un aiuto al governo, per i maggiori oneri ricaduti sugli atenei, aiuti attraverso l’aumento dell’FFO. Il bilancio del Federico II prevede però anche investimenti, perché l’Università è una cosa viva: non si può solo tagliare, ma occorre anche investire”. I pensionamenti aiutano? “Sì. Perché i docenti e i dipendenti più anziani richiedono maggiori spese, mentre l’assunzione di giovani significa minori spese e nuove energie per la ricerca”. Ci sono dipartimenti che lamentano di non avere neppure la carta per le fotocopie. “Può anche accadere, però mi sorprende. Perché proprio i Dipartimenti sono la parte più dinamica degli atenei, quelli che hanno i rapporti con il mercato, il territorio, che possono attivare ricerche, stipulare convenzioni, attrarre risorse. Molti già lo fanno, purtroppo lo dovranno fare tutti. Del resto, i Dipartimenti hanno i mezzi scientifici, le strutture, il personale di ricerca per potersi attivare”. Dobbiamo attenderci lacrime e sangue, dunque? “No. Scelte condivise e collaborazione diffusa, perché l’ateneo è la casa di tutti”.
Paolo Iannotti
Insomma, una situazione preoccupante? “Non direi. La situazione è abbastanza tranquilla e sotto controllo. Certo, c’è necessità di rientrare dal deficit. Ma si tratta di una situazione comune a molti atenei italiani. – Ed alcuni stanno anche peggio di noi -. Il nostro obiettivo è, però, di andare ad una soluzione strutturale”. Dunque tagli e sacrifici attendono le strutture dell’ateneo? Già si è provveduto ad un drastico taglio delle spese telefoniche e sui cellulari, anche negli uffici centrali dell’ateneo. “Io parlerei di una spesa che va tenuta sotto controllo, anche per senso di responsabilità. Le Università italiane hanno comunque chiesto un aiuto al governo, per i maggiori oneri ricaduti sugli atenei, aiuti attraverso l’aumento dell’FFO. Il bilancio del Federico II prevede però anche investimenti, perché l’Università è una cosa viva: non si può solo tagliare, ma occorre anche investire”. I pensionamenti aiutano? “Sì. Perché i docenti e i dipendenti più anziani richiedono maggiori spese, mentre l’assunzione di giovani significa minori spese e nuove energie per la ricerca”. Ci sono dipartimenti che lamentano di non avere neppure la carta per le fotocopie. “Può anche accadere, però mi sorprende. Perché proprio i Dipartimenti sono la parte più dinamica degli atenei, quelli che hanno i rapporti con il mercato, il territorio, che possono attivare ricerche, stipulare convenzioni, attrarre risorse. Molti già lo fanno, purtroppo lo dovranno fare tutti. Del resto, i Dipartimenti hanno i mezzi scientifici, le strutture, il personale di ricerca per potersi attivare”. Dobbiamo attenderci lacrime e sangue, dunque? “No. Scelte condivise e collaborazione diffusa, perché l’ateneo è la casa di tutti”.
Paolo Iannotti