È al terzo incontro del ciclo di seminari su Giambattista Basile che il prof. Francesco Montuori, docente di Linguistica Italiana, presenta il 10 febbraio agli studenti delle scuole superiori, in Aula Piovani, il capolavoro dell’autore seicentesco“Lo cunto de li cunti” sotto l’aspetto linguistico. “Organizzati nell’ambito della rassegna F2 cultura, che ha a cuore la terza missione dell’Università, gli incontri sono studiati per coinvolgere le scuole e la cittadinanza nel programma culturale sul tema Basile, che terminerà il 9 marzo, con l’intervento dello scrittore Giuseppe Montesano”, spiega il prof. Giancarlo Alfano, promotore dell’iniziativa. Montuori introduce dunque la terza giornata dell’opera di Basile: “non ha caratteristiche strutturali particolari, con dieci racconti ed un’egloga finale. I nomi delle fiabe di solito ci spiegano qualcosa, come il ‘Molto molto lontano’ di Shrek. Basile usa nomi talvolta inventati, che possono suscitare il riso, talvolta reali e gioca anche con i nomi di persona come Biasillo Guallecchia, che sta per fiacco. Questo gioco di nomi ammicca al dialetto e al letterario”. L’autore è infatti molto attento alla variazione: “rappresenta realisticamente comportamenti linguistici dei personaggi, tant’è che in un suo racconto una donna dalle umili origini non legge direttamente la lettera rubata ad un messaggero, ma se la fa leggere, come è d’uso con chi ha umili origini. Il dettaglio mostra il realismo dei comportamenti linguistici, che arrivano anche al diverso utilizzo del dialetto nel racconto che ha come protagonista Cicella. Nel trovare i pidocchi sulla testa delle fate, la ragazza li annuncia delicatamente adoperando il dialetto, mentre la sorellastra, meno garbata, usa un’espressione dialettale che equivale ad ‘avete pidocchi grossi come dei ceci’”. Nonostante quest’uso molto realistico del dialetto, Basile è stato accusato di inventarlo, teoria che oggi appare bislacca: “non si è fatta la dovuta differenza tra lingua e stile all’epoca. La letteratura era concepita nel 1600 come qualcosa di poco spontaneo, non genuino, dal momento che la lingua utilizzata non era quella che si parlava quotidianamente, ma quella che si apprendeva a scuola, e il dialetto era relegato ad una funzione antiletteraria. A causa di questo pregiudizio, la lingua di Basile, come quella di Salvatore Di Giacomo ed Eduardo De Filippo poi, verrà accusata di inesistenza”. In realtà quella di Basile è una rivendicazione antitoscanese: “nel 1600 coesistevano più lingue, attribuite a diversi ambiti: lo spagnolo era la lingua delle istituzioni e dei soldati, l’italiano la lingua letteraria e poi c’era il dialetto, che godeva di minor prestigio. La scelta di adoperarlo per un’opera letteraria è ben precisa. Sta a significare che il dialetto può essere usato anche in Letteratura”.
I ragazzi presenti, provenienti dalle diverse scuole della Campania, ascoltano rapiti le parole del prof. Montuori: “in programma abbiamo il 1600, ma Basile lo si tratta poco a scuola. La docente ci ha chiesto di relazionare in classe ciò che abbiamo capito durante questo incontro”, spiega Ludovica Cutolo del Liceo Classico Vittorio Emanuele II. “La nostra è un’attività extrascolastica che non dà crediti. Siamo spinti solo dalla voglia di conoscere e dall’insegnante di Lettere”, aggiunge Jacopo Capuano del Liceo Scientifico Garofalo di Capua. “Anche a noi lo ha suggerito la professoressa di italiano per spingerci a familiarizzare con l’ambiente universitario e a seguire le lezioni, che trovo molto leggere, a differenza di quanto pensavo. I docenti sono molto coinvolgenti”, conclude Carmela Babbo del Liceo delle Scienze Umane di Pozzuoli.
Allegra Taglialatela
I ragazzi presenti, provenienti dalle diverse scuole della Campania, ascoltano rapiti le parole del prof. Montuori: “in programma abbiamo il 1600, ma Basile lo si tratta poco a scuola. La docente ci ha chiesto di relazionare in classe ciò che abbiamo capito durante questo incontro”, spiega Ludovica Cutolo del Liceo Classico Vittorio Emanuele II. “La nostra è un’attività extrascolastica che non dà crediti. Siamo spinti solo dalla voglia di conoscere e dall’insegnante di Lettere”, aggiunge Jacopo Capuano del Liceo Scientifico Garofalo di Capua. “Anche a noi lo ha suggerito la professoressa di italiano per spingerci a familiarizzare con l’ambiente universitario e a seguire le lezioni, che trovo molto leggere, a differenza di quanto pensavo. I docenti sono molto coinvolgenti”, conclude Carmela Babbo del Liceo delle Scienze Umane di Pozzuoli.
Allegra Taglialatela