Giapponese: “la formula vincente al primo anno è: impegno, costanza e… un’ora di kanji al giorno!

“Diamo il benvenuto ai nuovi iscritti e a tutti i nostri studenti che condividono insieme a noi una grande passione per l’Asia Orientale e la lingua nipponica per eccellenza”, esordisce il prof. Junichi Oue inaugurando l’incontro di orientamento, che si è tenuto il 27 settembre nell’Aula Mura Greche di Palazzo Corigliano. In occasione dell’evento, docenti italiani e madrelingua hanno presentato i corsi di Lingua, Letteratura e Cultura Giapponese per tutte le annualità offrendo chiarimenti specifici alle matricole. Possono studiare questa lingua solo coloro che si immatricolano ai Corsi di Laurea Triennale in Lingue e Culture Orientali e Africane, Lingue e Culture Comparate, Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Al primo anno, il corso è diviso in due gruppi a seconda del cognome, generalmente ognuno composto da 200-300 studenti. “Introdurremo in principio i sistemi di scrittura di kana e kanji, i sillabari e poi lo studio delle strutture sintattico-grammaticali più complesse per consentirvi già nei primi mesi di comunicare in forma elementare”, illustra la prof.ssa Silvana De Maio, responsabile del gruppo A-L per il primo anno. “Le lezioni dei docenti italiani sono vincolanti per quelle dei madrelingua. E per essere chiari sin dall’inizio, non c’è verso di superare le prove scritte – la prima sessione disponibile è a giugno – senza aver seguito le esercitazioni tenute dai lettori. In tutto, sono previste 8 ore di lezioni settimanali”. I corsi di lettorato sono, invece, divisi in tre classi e “ogni lettrice si occuperà di attività diverse: scrittura, dettato, ascolto e grammatica”. Chiaramente, durante lo svolgimento a regime dei corsi, “seguire tutto sarà impossibile a causa delle coincidenze di orario. Pertanto vi invitiamo a dare la priorità al giapponese, perché si presuppone che partiate da zero”. Quanto alle strategie di studio, “la formula vincente al primo anno è: impegno, costanza e… un’ora di kanji al giorno!”, sintetizza efficacemente il prof. Antonio Manieri, responsabile del corso di Lingua e Cultura del Giappone II per gli studenti della Magistrale. Dunque, riprende la prof.ssa De Maio, “tenere il passo al lavoro che si fa in classe: per due ore di lezione si raccomandano almeno due ore di studio a casa. Questo, ovviamente, se volete raggiungere risultati che vi permettano di usare la lingua giapponese in ambito professionale”. Ai fini di una preparazione trasversale, si consiglia l’ausilio di strumenti on line, in particolare il prof. Giuseppe Giordano, in collaborazione con la lettrice Hiromi Imai, ha messo a punto l’anno scorso un programma di e-Learning, da integrare alla frequenza dei corsi ufficiali. “Sono stati caricati sulla piattaforma elettronica materiali didattici strutturati sulla falsariga del libro di testo. Questi esercizi multimediali non sostituiscono affatto le ore in classe, perciò non bisogna sacrificare nessuna lezione frontale”, chiarisce il prof. Giordano, responsabile del gruppo M-Z per il primo e secondo anno. Dal secondo anno in poi, subentra l’insegnamento di Letteratura Giapponese I, impartito per il gruppo A-L dalla prof.ssa Gala Maria Follaco, che si concentrerà su “un periodo vasto della storia giapponese, dall’epoca Nara a quella di Edo”. Prende poi la parola la prof.ssa Claudia Iazzetta, docente al secondo e terzo anno. “La parte letteraria spazierà dalla fine dell’epoca Tokugawa ai periodi Meji, Taisho e Showa e mi piacerebbe introdurre letture in lingua originale per esplorare al di là delle traduzioni la lingua viva della letteratura”. Il terzo anno è decisivo per dare una svolta determinante alla formazione del parlante. “Se abbiamo avuto a che fare finora con manuali di grammatica in italiano, ora è il caso di introdurre un libro tutto in giapponese. Anche la comunicazione tra di noi si svolgerà in lingua, perché bisogna sganciarsi dall’idea di un’applicazione meccanica del giapponese, ritrovando strutture sintattiche già consolidate e scoprendone di nuove”. Ha partecipato all’incontro anche una delegazione di studenti in scambio da alcune Università del Giappone, tra cui Kyoto. “Già al terzo anno i nostri studenti potranno approfittare delle molteplici convenzioni stipulate dall’Ateneo e ricevere una borsa di studio. Un’occasione unica per interfacciarsi con una cultura così distante da quella italiana giovando al percorso formativo e di vita”, dichiara il prof. Oue di Filologia Giapponese, disciplina obbligatoria prevista al terzo anno.
Qualche precisazione per le matricole
“Giapponese I non testa solo la ‘proficiency’, vale a dire la competenza, bensì si basa su un programma da assimilare gradualmente”, riprende il prof. Giordano. “Dico questo perché spesso mi capita al primo anno di avere studenti entusiasti dei fumetti, che già conoscono le forme colloquiali del giapponese e arrivano a lezione tutti esaltati, ma poi cadono all’esame”. Non è, infatti, raro che gli assidui frequentanti non sostengano poi un esame particolarmente brillante. “Va benissimo interagire durante la lezione, anzi è doveroso farlo, però in seguito è necessario lo studio individuale per sviluppare gli automatismi”. Un mix calibrato di determinazione e continuità sono le carte in regola imprescindibili per un esame di successo. “Recuperare l’intero programma all’ultimo momento è sbagliato. Lo ripetiamo di continuo vista la mancata ricettività degli studenti e il conseguente tasso elevato di bocciature”, sottolinea la prof.ssa Iazzetta. Infine, la prof.ssa Follaco richiama l’attenzione sulla stesura del piano di studi, che sarà obbligatorio compilare a partire dal mese di novembre. “Fanno da corredo agli insegnamenti di Lingua una serie di discipline areali caratterizzanti – alcuni dei quali sono a scelta dello studente – che arricchiscono il bagaglio delle conoscenze indispensabili per un orientalista”, nella fattispecie Storia e Civiltà dell’Estremo Oriente, Religioni e Filosofie dell’Asia Orientale, Storia e Istituzioni del Giappone.
Anticipazioni sulla lingua
La pronuncia. “Inizialmente, alcuni aspetti vi stupiranno. Per esempio, le vocali. Esistono 5 suoni vocalici identici a quelli italiani, quindi noi abbiamo molte più agevolazioni e dopo poco la pronuncia non sarà più un problema”, dice la studentessa Clara Angelico, al secondo anno di Lingue e Culture Orientali e Africane. La scrittura. “Il giapponese si scrive con tre tipologie di simboli diversi. Imparare i due sillabari, hiragana e katakana, non è molto faticoso, laddove riscontrerete più difficoltà con gli ideogrammi, i kanji. Basta adoperare il giusto approccio, porvi un obiettivo al giorno organizzando il materiale di studio. Leggere, ripetere e ascoltare in lingua quotidianamente, anche solo per mezz’ora, è l’unica strada per ottenere risultati tangibili”. A detta della platea di studenti già iscritti, il problema maggiore dipende dalla grammatica. “Cominciate tirando un sospiro di sollievo: in giapponese mancano gli articoli, gli aggettivi e i sostantivi non hanno distinzione di genere né di numero. Anche i verbi non si coniugano. Ma fate estremamente attenzione all’ordine delle parole”, ribadisce Davide Bifulco di Lingue e Culture Comparate. “Non mollate tutto la prima settimana pensando di non essere portati né lasciatevi scoraggiare al primo colpo, se vi sembra che qualcuno sia più avanti di voi. È chiaro che non si può imparare in fretta una lingua, tutto diventerà più familiare col tempo”, continua Clara.
Perché scelgo il Giapponese
Bisogna sfatare una leggenda metropolitana dell’immaginario occidentale, che il giapponese sia solo cartoni animati e fumetti. In altre parole, ritenersi degli ‘otaku’, cioè appassionati della subcultura pop di manga e anime, non può essere l’unico criterio di scelta. “Da quando sono piccola, guardavo gli anime doppiati e oggi sono in grado di apprezzarli in lingua originale con i sottotitoli. Ma so perfettamente che un mondo fatto di cosplay e arti marziali costituisce solo una minuscola tessera dell’immenso mosaico sfaccettato che è la cultura asiatica”. Sono le parole della matricola Maria Grazia Pezzella, neoiscritta a Lingue e Culture Orientali e Africane. “Iscriversi a un Corso di Laurea studiando giapponese vuol dire imparare ad amare il paese nel suo complesso, la sua storia, le tradizioni, la letteratura e la religione”, afferma la laureanda Chiara Vitiello. “Se così non fosse, vi conviene valutare sin da subito altre opzioni, perché la laurea non è solo un foglio di carta, o un punto di arrivo, bensì il primo passo nel mondo del lavoro. E non credo che vorreste lavorare a vita con la realtà attuale del Sol Levante se ne amate solo i videogames”. Un altro parametro da prendere con le pinze è quello delle prospettive lavorative. “Il giapponese rientra tra le prime dieci lingue più parlate al mondo (più di 130 milioni di persone) e l’economia del paese è tra le più potenti del pianeta, soprattutto nei settori dell’industria, del commercio e le nuove tecnologie”, insiste Davide. Ma studiare la lingua è ben altro, un continuo arricchimento personale che oltrepassa di gran lunga qualunque considerazione stimabile in merito alle tendenze del mercato occupazionale. “Dovete essere ammaliati dal fascino di una civiltà antica quanto moderna e all’avanguardia che implica un modo di pensare e vivere radicalmente opposto al nostro”, sostiene Maria Mirella, iscritta al terzo anno di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Insomma, probabili opportunità professionali di per sé non costituiscono una valida motivazione per orientare la scelta universitaria. “A volte sento dire ‘studio cinese, giapponese o arabo perché mi permetterà di trovare lavoro più facilmente’. Invece, credo fermamente che non si possano coltivare studi duraturi solo per i futuri vantaggi economici. Un famoso proverbio giapponese recita ‘sonae areba urei nashi’, ovvero ‘se sei davvero preparato, non hai niente da temere’”, conclude la studentessa.
Sabrina Sabatino
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