“Lascio la presidenza di Ingegneria dopo 21 anni – tra i 13 della SUN e gli 8 del Federico II – e non me ne dispiace. Darò comunque il mio contributo per i 6 e passa anni che mi restano di insegnamento prima della pensione”. E traccia quasi un bilancio politico della sua Presidenza il prof. Oreste Greco, 69 anni, professore ordinario di Ingegneria Elettrotecnica dal 1976, preside dal 1985, il più longevo d’Italia fra i presidi di Ingegneria.
“Se non c’ero io credo che questa facoltà di Ingegneria della SUN forse non nasceva proprio. Ho fatto del mio meglio, insieme ad un nucleo ristretto di docenti. Qualche volta ho anche alzato la voce, ma sempre nell’interesse dei miei studenti e dei miei docenti. Sono contento di quasi tutto quello che ho fatto. Me la sono cavata bene grazie all’esperienza. Ma Ingegneria ha sofferto: per carenza di fondi e per disattenzione! Ho un senso di frustrazione, perché uno vorrebbe fare tante cose ma non si riesce a farle”. Una soddisfazione invece: “siamo passati da 6 – 7 docenti agli attuali 73-74; una sede nel 2006 finalmente ristrutturata (sono cose che richiedono tempo) e un aulario a 6-700 metri dall’Annunziata che spero venga utilizzato per la didattica dal prossimo anno. Poi c’è il manufatto abbandonato della vecchia ferrovia alifana sta andando avanti l’idea di farne dei laboratori ed un parcheggio, in parte per la città e in parte per la facoltà. C’è l’assenso del rettore, del Comune e della Regione (assessore Cascetta), favorevoli a questa idea. Complessivamente potremmo avere uno sviluppo importante nel giro di 3-4 anni”.
“La qualità della facoltà credevo fosse fatta dai docenti. Ma mi sono dovuto ricredere: occorrono anche una buona sede e strutture, servizi e laboratori validi”. “Vedere i ragazzi che mangiano un panino sulle scale, tra una lezione e l’altra, fa tenerezza a vederli”.
Autonomia Universitaria. “Sono contrario. Dal punto di vista culturale. Perché ognuno ha messo in piedi corsi a propria immagine e somiglianza. Corsi i cui studenti poi non so cosa faranno”. E poi i fondi? “E’ una vergogna. L’Università è stata sempre finanziata dagli FFO, i fondi di finanziamento ordinario. Ma se poi i contratti li rinnova il Governo e da aumenti, mentre a noi ci da sempre gli stessi soldi, o anche meno, ma come facciamo noi ad andare avanti quotidianamente?”. “E’ l’autonomia dei pezzenti”.
Alla SUN è mancato un progetto. “Sono stato Preside per 15 anni. Oggi faccio autocritica: come Senato Accademico non siamo stati capaci di realizzare un progetto di ateneo capace di uno slancio forte. I docenti, nella loro sintesi, il Preside, il Rettore, che rappresenta il monarca assoluto dell’ateneo, ma è anche sintesi delle diverse istanze, non è stato capace, anzi, non siamo stati capaci, di uno slancio progettuale forte. Anche Mancino, l’ex Rettore, un gran galantuomo, ma si dimostrò non all’altezza”. “Non voglio fare critiche a nessuno, ma insomma, io sono stato in un Senato Accademico pletorico, che non contava nulla. Decideva tutto il Consiglio di Amministrazione. Noi solo le iniziative velleitarie e generiche. Dobbiamo ringraziare la burocrazia se l’ateneo è comunque andato avanti. Invece io sono stato 8 anni nel S.A. del Federico II, dove c’era gente come Carlo Ciliberto, Lorenzo Mangoni (mio maestro), Uberto Siola, Gaetano Salvatore, Peppino Cuomo, Fulvio Tessitore, fior di pensatori ma anche con grandi capacità realizzative. Si badi bene, io faccio un’autoaccusa, come Preside di una facoltà importante e dico che non siamo stati all’altezza: litighiamo, in modo sgradevole, per quattro soldi. Perché non siamo stati capaci di una grande progettualità, di un grande disegno”. “Il Governo Prodi sarà capace di mettere l’Università al primo posto, di dare la giusta attenzione?”, si chiede.
Occorre scegliere delle priorità. “Il Senato Accademico deve essere all’altezza, avere un’idea di ateneo spendibile sul territorio, attraente culturalmente e finanziariamente. Ma tenendo conto delle possibilità economiche”. In pratica, al tavolo “dei pezzenti”, ci sono troppe facoltà: se non ce n’è abbastanza per quelli che già esistono, perché pianificare addirittura la nascita di altre facoltà?, è il suo ragionamento. “E comunque bisogna scegliere le priorità”.
La riforma universitaria. “Io sono per il 3+2. Ma non come è fatto ora. L’idea è giusta, perché non tutti sono, né possono diventare, scienziati. Ma ci deve essere una differenza tra un triennio professionalizzante (per il 70%) ed un + 2 realmente specialistico (per un 30%)”. “Il laureato triennale deve essere un laureato con delle professionalità subito spendibili”. “Attualmente abbiamo un ibrido che non funziona. E non serve né agli studenti, né alle loro famiglie”. “3+2 oggi, quando già prima i 5 anni non bastavano per giungere alla laurea”. “Fortunatamente, gli studenti bravi sono un dono di natura. Esistono a prescindere”.
La ricerca di base. “E’ un fatto nobile, ma non possono farla tutti i colleghi. Perché le vacche grasse sono terminate e l’università deve anche saper essere produttiva”. “In questo i miei colleghi docenti sembrano non capire. Pur essendo in molti di sinistra, sono molto conservatori, contrari ad ogni cambiamento”.
Una personalità forte e dinamica come lui, è difficile vederla ferma. Cosa farà da grande? “Sto ancora sulla breccia e credo di poter ancora dare molto con la mia esperienza”. In che modo? “Intanto sono stato nominato nel Consiglio di Amministrazione dell’Isac, l’Istituto sulle acque, una società consortile mista, Regione Campania ed alcune Università campane, che dovrà occuparsi dell’intero ciclo delle acque: dall’acqua per le abitazioni, all’erosione della costa, alle risorse idriche, al Sarno, all’irrigazione della Campania. Una cosa insomma di enorme importanza ed impegni finanziari. E qui sono anche Presidente del Comitato Scientifico che dovrà dare gli indirizzi”. Tanti gli accademici coinvolti, da Furio Cascetta, a Giuseppe Di Martino, Fabio Rossi, Pavone, etc. Presidente è il prof. Michele Di Natale, neo Preside di Ingegneria SUN, amministratore delegato l’ex assessore regionale all’Ambiente Ugo De Flavis. “E poi spero di scrivere il mio libro di Ingegneria Elettrotecnica”. Auguri Preside.
Paolo Iannotti
“Se non c’ero io credo che questa facoltà di Ingegneria della SUN forse non nasceva proprio. Ho fatto del mio meglio, insieme ad un nucleo ristretto di docenti. Qualche volta ho anche alzato la voce, ma sempre nell’interesse dei miei studenti e dei miei docenti. Sono contento di quasi tutto quello che ho fatto. Me la sono cavata bene grazie all’esperienza. Ma Ingegneria ha sofferto: per carenza di fondi e per disattenzione! Ho un senso di frustrazione, perché uno vorrebbe fare tante cose ma non si riesce a farle”. Una soddisfazione invece: “siamo passati da 6 – 7 docenti agli attuali 73-74; una sede nel 2006 finalmente ristrutturata (sono cose che richiedono tempo) e un aulario a 6-700 metri dall’Annunziata che spero venga utilizzato per la didattica dal prossimo anno. Poi c’è il manufatto abbandonato della vecchia ferrovia alifana sta andando avanti l’idea di farne dei laboratori ed un parcheggio, in parte per la città e in parte per la facoltà. C’è l’assenso del rettore, del Comune e della Regione (assessore Cascetta), favorevoli a questa idea. Complessivamente potremmo avere uno sviluppo importante nel giro di 3-4 anni”.
“La qualità della facoltà credevo fosse fatta dai docenti. Ma mi sono dovuto ricredere: occorrono anche una buona sede e strutture, servizi e laboratori validi”. “Vedere i ragazzi che mangiano un panino sulle scale, tra una lezione e l’altra, fa tenerezza a vederli”.
Autonomia Universitaria. “Sono contrario. Dal punto di vista culturale. Perché ognuno ha messo in piedi corsi a propria immagine e somiglianza. Corsi i cui studenti poi non so cosa faranno”. E poi i fondi? “E’ una vergogna. L’Università è stata sempre finanziata dagli FFO, i fondi di finanziamento ordinario. Ma se poi i contratti li rinnova il Governo e da aumenti, mentre a noi ci da sempre gli stessi soldi, o anche meno, ma come facciamo noi ad andare avanti quotidianamente?”. “E’ l’autonomia dei pezzenti”.
Alla SUN è mancato un progetto. “Sono stato Preside per 15 anni. Oggi faccio autocritica: come Senato Accademico non siamo stati capaci di realizzare un progetto di ateneo capace di uno slancio forte. I docenti, nella loro sintesi, il Preside, il Rettore, che rappresenta il monarca assoluto dell’ateneo, ma è anche sintesi delle diverse istanze, non è stato capace, anzi, non siamo stati capaci, di uno slancio progettuale forte. Anche Mancino, l’ex Rettore, un gran galantuomo, ma si dimostrò non all’altezza”. “Non voglio fare critiche a nessuno, ma insomma, io sono stato in un Senato Accademico pletorico, che non contava nulla. Decideva tutto il Consiglio di Amministrazione. Noi solo le iniziative velleitarie e generiche. Dobbiamo ringraziare la burocrazia se l’ateneo è comunque andato avanti. Invece io sono stato 8 anni nel S.A. del Federico II, dove c’era gente come Carlo Ciliberto, Lorenzo Mangoni (mio maestro), Uberto Siola, Gaetano Salvatore, Peppino Cuomo, Fulvio Tessitore, fior di pensatori ma anche con grandi capacità realizzative. Si badi bene, io faccio un’autoaccusa, come Preside di una facoltà importante e dico che non siamo stati all’altezza: litighiamo, in modo sgradevole, per quattro soldi. Perché non siamo stati capaci di una grande progettualità, di un grande disegno”. “Il Governo Prodi sarà capace di mettere l’Università al primo posto, di dare la giusta attenzione?”, si chiede.
Occorre scegliere delle priorità. “Il Senato Accademico deve essere all’altezza, avere un’idea di ateneo spendibile sul territorio, attraente culturalmente e finanziariamente. Ma tenendo conto delle possibilità economiche”. In pratica, al tavolo “dei pezzenti”, ci sono troppe facoltà: se non ce n’è abbastanza per quelli che già esistono, perché pianificare addirittura la nascita di altre facoltà?, è il suo ragionamento. “E comunque bisogna scegliere le priorità”.
La riforma universitaria. “Io sono per il 3+2. Ma non come è fatto ora. L’idea è giusta, perché non tutti sono, né possono diventare, scienziati. Ma ci deve essere una differenza tra un triennio professionalizzante (per il 70%) ed un + 2 realmente specialistico (per un 30%)”. “Il laureato triennale deve essere un laureato con delle professionalità subito spendibili”. “Attualmente abbiamo un ibrido che non funziona. E non serve né agli studenti, né alle loro famiglie”. “3+2 oggi, quando già prima i 5 anni non bastavano per giungere alla laurea”. “Fortunatamente, gli studenti bravi sono un dono di natura. Esistono a prescindere”.
La ricerca di base. “E’ un fatto nobile, ma non possono farla tutti i colleghi. Perché le vacche grasse sono terminate e l’università deve anche saper essere produttiva”. “In questo i miei colleghi docenti sembrano non capire. Pur essendo in molti di sinistra, sono molto conservatori, contrari ad ogni cambiamento”.
Una personalità forte e dinamica come lui, è difficile vederla ferma. Cosa farà da grande? “Sto ancora sulla breccia e credo di poter ancora dare molto con la mia esperienza”. In che modo? “Intanto sono stato nominato nel Consiglio di Amministrazione dell’Isac, l’Istituto sulle acque, una società consortile mista, Regione Campania ed alcune Università campane, che dovrà occuparsi dell’intero ciclo delle acque: dall’acqua per le abitazioni, all’erosione della costa, alle risorse idriche, al Sarno, all’irrigazione della Campania. Una cosa insomma di enorme importanza ed impegni finanziari. E qui sono anche Presidente del Comitato Scientifico che dovrà dare gli indirizzi”. Tanti gli accademici coinvolti, da Furio Cascetta, a Giuseppe Di Martino, Fabio Rossi, Pavone, etc. Presidente è il prof. Michele Di Natale, neo Preside di Ingegneria SUN, amministratore delegato l’ex assessore regionale all’Ambiente Ugo De Flavis. “E poi spero di scrivere il mio libro di Ingegneria Elettrotecnica”. Auguri Preside.
Paolo Iannotti