IL POST DI…. Fra’ Diavolo

I pochi appassionati di storia antica potrebbero aver letto un libro di Luttwak -proprio lui, il consigliere della difesa americano- che analizza le tecniche militari del tardo impero romano.
Prima che passiate al post successivo, vi comunico che una lettura di quei comportamenti può servirci a comprendere alcuni eventi contemporanei e addirittura spiegare l’attuale condizione dell’università italiana.
Al suo apogeo, l’impero romano difendeva i suoi confini nelle aree di maggiore turbolenza ricorrendo a imponenti strutture difensive, munite di mura, fossati e torri di guardia, continuamente presidiate dal suo esercito.
Di fronte al declino socio economico, le tecniche di difesa cambiarono. Secondo Luttwak fu ideata una tecnica dinamica estremamente efficace e meno dispendiosa.
In presenza di una aggressione, le poche truppe disposte al confine arretravano lasciando ampie regioni libere per l’invasore, resistendo nelle città con piccole guarnigioni. A questo punto entravano in gioco le legioni romane, disposte in retroguardia, che, anno dopo anno, ricacciavano oltre le frontiere i popoli che avevano sconfinato.
In questo modo un’unica forza concentrata riuscì a garantire la resistenza dell’impero ancora per decenni. Ovviamente ne derivò la desolazione delle province, ma con questa tecnica l’impero si garantì un paio di secoli di sopravvivenza prima della fine. Era l’inizio della barbarie.
Cosa c’entra tutto questo con l’università, con la cultura superiore?
C’era un tempo in cui si riteneva di dover affermare l’identità nazionale attraverso l’istruzione e la cultura: in tutt’Italia, e ancor più nel mezzogiorno.
L’accademia era la punta di diamante di questa volontà politica. La cultura superiore era difesa, anche nelle più remote aree del paese, tramite la creazione di piccole università, satelliti meno luminosi dei grandi atenei metropolitani.
L’università era il sogno di tutti. Persino chi lavorava rimaneva iscritto a volte tutta la vita per coltivare quel sogno.
Dal maestro di scuola al cattedratico, dal botanico al filosofo, tutti sentivano di appartenere alla stessa legione in lotta per il progresso della società civile.
Quest’onda lunga dell’era moderna nel secolo scorso aveva resistito a due guerre mondiali, ad una guerra fredda e alla rivoluzione degli anni settanta, senza mai conoscere sosta.
Non sta resistendo purtroppo ai colpi del Nasdaq e del Nikkei, alle esigenze del PIL e alla miopia di tutte le forze politiche, incluse le più progressiste.
La legione della cultura perde molti effettivi per la contrazione degli organici. L’accesso limitato alla istruzione di qualità sancisce la fine della mobilità sociale. Le piccole università satellite presto chiuderanno in assenza di finanziamento pubblico. Resteranno solo le università metropolitane a resistere con piccole guarnigioni, mentre il paese procede senza scosse verso la barbarie.
 
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