“Il test d’ingresso non è complesso, soprattutto per chi proviene dal liceo scientifico. Chi invece, come me, ha studiato al classico si deve impegnare un po’ di più”. Mariarita Liguori è una studentessa che l’anno scorso si è sottoposta al test di ammissione, dopo aver partecipato senza successo alle selezioni per entrare a Medicina. “L’impatto con l’Università è stato complicato ma mi sono ambientata presto grazie alla disponibilità dei professori e all’efficiente organizzazione dei corsi”.
Mariarita ha deciso quest’anno di non ritentare il test a Medicina: “anche se il mio sogno era quello di fare il medico, a Scienze Biotecnologiche mi sono trovata così bene che consiglierei a chi ora è impegnato con gli esami di maturità di compiere la mia stessa scelta”.
Anche la cugina di Mariarita, Imma Liguori, è approdata a Scienze Biotecnologiche dopo aver tentato il test a Medicina. “E’ stato mio padre a consigliarmi di provare questa strada ed ora sono indecisa se riprovare il test oppure no. All’inizio mi sono trovata qui per ripiego ma poi lo studio delle biotecnologie si è rivelato molto interessante. Sono però preoccupata per il lavoro futuro, la ricerca in Italia viene snobbata e bisognerebbe andare a lavorare fuori. D’altra parte Medicina mi piace ma prevede troppi anni di studio. Forse però permette più possibilità di inserimento…”
Al di là dell’incertezza legata ad una professione ancora poco conosciuta, i futuri biotecnologi coltivano tutti il sogno di lavorare in laboratorio: “Mi piacerebbe svolgere una ricerca importante per scoprire un nuovo farmaco o una nuova tecnica per curare una malattia” afferma Mariarita. Il mito di una vita in camice bianco trascorsa tra provette e microscopi è condiviso anche da Giulia Cesi, un’altra studentessa del primo anno: “Il futuro è nella realizzazione di nuovi farmaci, il nostro professore di chimica organica Gennaro Piccialli lo dice sempre”. La ragazza, dopo aver scelto il curriculum medico, è adesso indecisa se modificarlo ed optare per quello farmaceutico. “La maggior parte degli esami dei primi due anni è in comune ai due curricula – afferma la studentessa – al terzo anno, invece, le strade si divaricheranno e vi sarà un maggior apporto della parte pratica”.
“Quest’anno di Università è stato tutto sommato come me lo aspettavo, tranne che per l’attività laboratoriale – sostiene Imma Liguori – Sapevo che avrei dovuto affrontare esami impegnativi ma avrei voluto qualche lezione in più in laboratorio”. Attività pratica solo per Chimica organica e Chimica inorganica; insoddisfazione per aver sostenuto l’esame di Informatica solo su supporto cartaceo e per non aver ancora avuto modo di vedere una cellula al microscopio: le lagnanze degli studenti del primo anno.
“Le strutture della Facoltà sono, inoltre, troppo dispersive – si lamenta un’altra studentessa Marisa Farina – Non è possibile che per ritirare uno statino in segreteria dobbiamo arrivare a Mezzocannone e per andare a ricevimento da un professore dobbiamo recarci a Farmacia, al centro storico o a Monte S.Angelo.” La Tensostruttura è infatti solo un aulario, un edificio ad un piano di recentissima costruzione ma in cui “d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo – protesta Imma Liguori – Ci sono aule capienti ma con il pavimento senza alcuna inclinazione per cui chi si siede in fondo non vede un tubo!”. “Sì, la mattina siamo costretti a fare le corse per occupare i primi posti perché, altrimenti, è impossibile seguire senza vedere gli esercizi alla lavagna – conferma Giulia – E seguire è fondamentale perché a lezione i professori spiegano un sacco di cose che non vi sono sui libri”.
La maggior parte degli esami sono scritti e prevedono prove intercorso e prove finali. “Siamo tanti per cui i professori preferiscono correggere i compiti scritti – sostiene Imma – Poi, se lo ritengono opportuno, chiedono a chi vuole migliorare il voto ottenuto di sostenere anche l’orale”. “Io preferirei un’interrogazione orale – interviene Marisa – Alcuni test a risposta multipla sono fatti in modo da farti cadere in errore anche sulle domande più sciocche”.
Tutte e quattro le studentesse sono determinate a continuare gli studi dopo la Triennale, perché ritengono che sia difficile inserirsi nel mondo del lavoro con la sola laurea breve. “Alla Triennale si ha una panoramica delle conoscenze ma non si raggiunge una preparazione sufficiente per intraprendere una professione – afferma Giulia – E poi, se non si prosegue negli studi, non si può accedere ai Master più prestigiosi che sono quelli di II livello”.
Per Marisa il primo anno di Università è stato molto impegnativo perché “gli esami sono lunghi e complicati, soprattutto quelli del secondo semestre”
Gli scogli dell’esordio sono a parere unanime Chimica e Biologia, due esami che divengono particolarmente complessi per chi proviene dal liceo classico. “Un’altra difficoltà è quella di studiare contemporaneamente più esami, dato l’esiguo numero di appelli” aggiunge Marisa, il cui giudizio sulla Facoltà è complessivamente molto positivo. “Non rifarò il test a Medicina – dichiara la ragazza – e dopo la Triennale il mio ideale sarebbe quello di trovare un lavoro part-time ed iscrivermi alla Specialistica”.
Mariarita ha deciso quest’anno di non ritentare il test a Medicina: “anche se il mio sogno era quello di fare il medico, a Scienze Biotecnologiche mi sono trovata così bene che consiglierei a chi ora è impegnato con gli esami di maturità di compiere la mia stessa scelta”.
Anche la cugina di Mariarita, Imma Liguori, è approdata a Scienze Biotecnologiche dopo aver tentato il test a Medicina. “E’ stato mio padre a consigliarmi di provare questa strada ed ora sono indecisa se riprovare il test oppure no. All’inizio mi sono trovata qui per ripiego ma poi lo studio delle biotecnologie si è rivelato molto interessante. Sono però preoccupata per il lavoro futuro, la ricerca in Italia viene snobbata e bisognerebbe andare a lavorare fuori. D’altra parte Medicina mi piace ma prevede troppi anni di studio. Forse però permette più possibilità di inserimento…”
Al di là dell’incertezza legata ad una professione ancora poco conosciuta, i futuri biotecnologi coltivano tutti il sogno di lavorare in laboratorio: “Mi piacerebbe svolgere una ricerca importante per scoprire un nuovo farmaco o una nuova tecnica per curare una malattia” afferma Mariarita. Il mito di una vita in camice bianco trascorsa tra provette e microscopi è condiviso anche da Giulia Cesi, un’altra studentessa del primo anno: “Il futuro è nella realizzazione di nuovi farmaci, il nostro professore di chimica organica Gennaro Piccialli lo dice sempre”. La ragazza, dopo aver scelto il curriculum medico, è adesso indecisa se modificarlo ed optare per quello farmaceutico. “La maggior parte degli esami dei primi due anni è in comune ai due curricula – afferma la studentessa – al terzo anno, invece, le strade si divaricheranno e vi sarà un maggior apporto della parte pratica”.
“Quest’anno di Università è stato tutto sommato come me lo aspettavo, tranne che per l’attività laboratoriale – sostiene Imma Liguori – Sapevo che avrei dovuto affrontare esami impegnativi ma avrei voluto qualche lezione in più in laboratorio”. Attività pratica solo per Chimica organica e Chimica inorganica; insoddisfazione per aver sostenuto l’esame di Informatica solo su supporto cartaceo e per non aver ancora avuto modo di vedere una cellula al microscopio: le lagnanze degli studenti del primo anno.
“Le strutture della Facoltà sono, inoltre, troppo dispersive – si lamenta un’altra studentessa Marisa Farina – Non è possibile che per ritirare uno statino in segreteria dobbiamo arrivare a Mezzocannone e per andare a ricevimento da un professore dobbiamo recarci a Farmacia, al centro storico o a Monte S.Angelo.” La Tensostruttura è infatti solo un aulario, un edificio ad un piano di recentissima costruzione ma in cui “d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo – protesta Imma Liguori – Ci sono aule capienti ma con il pavimento senza alcuna inclinazione per cui chi si siede in fondo non vede un tubo!”. “Sì, la mattina siamo costretti a fare le corse per occupare i primi posti perché, altrimenti, è impossibile seguire senza vedere gli esercizi alla lavagna – conferma Giulia – E seguire è fondamentale perché a lezione i professori spiegano un sacco di cose che non vi sono sui libri”.
La maggior parte degli esami sono scritti e prevedono prove intercorso e prove finali. “Siamo tanti per cui i professori preferiscono correggere i compiti scritti – sostiene Imma – Poi, se lo ritengono opportuno, chiedono a chi vuole migliorare il voto ottenuto di sostenere anche l’orale”. “Io preferirei un’interrogazione orale – interviene Marisa – Alcuni test a risposta multipla sono fatti in modo da farti cadere in errore anche sulle domande più sciocche”.
Tutte e quattro le studentesse sono determinate a continuare gli studi dopo la Triennale, perché ritengono che sia difficile inserirsi nel mondo del lavoro con la sola laurea breve. “Alla Triennale si ha una panoramica delle conoscenze ma non si raggiunge una preparazione sufficiente per intraprendere una professione – afferma Giulia – E poi, se non si prosegue negli studi, non si può accedere ai Master più prestigiosi che sono quelli di II livello”.
Per Marisa il primo anno di Università è stato molto impegnativo perché “gli esami sono lunghi e complicati, soprattutto quelli del secondo semestre”
Gli scogli dell’esordio sono a parere unanime Chimica e Biologia, due esami che divengono particolarmente complessi per chi proviene dal liceo classico. “Un’altra difficoltà è quella di studiare contemporaneamente più esami, dato l’esiguo numero di appelli” aggiunge Marisa, il cui giudizio sulla Facoltà è complessivamente molto positivo. “Non rifarò il test a Medicina – dichiara la ragazza – e dopo la Triennale il mio ideale sarebbe quello di trovare un lavoro part-time ed iscrivermi alla Specialistica”.