Chiara Guidi, artista e cofondatrice della compagnia teatrale Socìetas Raffaello Sanzio, incontra gli studenti giovedì 19 marzo per parlare del suo approccio alla messa in scena di testi letterari e, nello specifico, di un adattamento liberamente tratto dal racconto “Tifone” di Joseph Conrad. “«Non tutto è scritto nei libri» è una frase molto significativa di questo romanzo e rende il senso di come un libro non sia un oggetto portatore di verità che ci dà la possibilità di conoscere qualcosa, poiché l’opera d’arte in sé – più che dare delle risposte – deve porre delle domande”, dice la regista teatrale in apertura del seminario. Un appuntamento che si colloca all’interno del corso tenuto dalla prof.ssa Anna Maria Cimitile, docente di Letteratura Inglese, perché “l’università è un luogo di combattimento intellettuale e il centro ideale in cui si può parlare di arte. In realtà, anche l’insegnamento può essere una forma d’arte e i docenti sono artisti nella trasmissione del pensiero, non perché desiderino riempire le teste degli studenti, ma piuttosto farsi sbranare da chi desidera conoscere”, sostiene la regista.
La sperimentazione teatrale di Chiara Guidi prende le mosse da una ricerca critica sul testo letterario ai fini della sua riscrittura: “io non potrei mai fare un teatro succube della letteratura né mettere in scena un testo che si limiti a raccontare in maniera illustrativa quello che il libro dice, altrimenti la conoscenza non sarebbe mai reinventata. Quando scelgo un dramma, significa che la sua lettura mi ha sedotto e voglio comprendere non tanto il significato, ma individuare delle traiettorie che portano con sé altre domande. Ma anche voi non andate a teatro per sentire ciò che potete leggere da soli né tantomeno chiedete di annoiarvi, piuttosto volete un’onda emotiva. D’altronde, sarebbe una bugia dire che si va a teatro o si legge un libro perché l’opera d’arte può dirci come risolvere un qualsiasi momento drammatico dell’esistenza: il potere dell’arte è, invece, quello di trasformarci”.
Ma prima di affondare le radici nel teatro, cosa si intende per ‘racconto’? “Il racconto è una voragine in cui lo scrittore ha la responsabilità etica di rendere giustizia alla realtà, mentre il lettore ha il compito di interrogarsi sul mondo in cui l’autore viveva, sulla genesi e sulla necessità della sua opera attivando un processo di creazione che rigenera il testo con uno sguardo di invenzione”, afferma l’artista. Che continua: “da qui l’intramontabilità delle opere d’arte del passato. Se non tutto è scritto nei libri e non c’è verità assoluta, si sfocia in una situazione di caos, aperto a tante possibilità, e il lettore/spettatore non può fare a meno di cercare ciò che non è visibile nell’arte, anche con l’onestà di aver mal interpretato. La lettura intensa di un’opera o la messa in scena di un lavoro sono come attraversare uno spazio alla fine del quale la ricerca diventa infinita e termina solo quando siamo noi a interromperla”.
All’interno di Socìetas, Chiara Guidi è impegnata in uno studio personale che si biforca in due direzioni: la costruzione e l’emissione della voce dal punto di vista musicale e il teatro per l’infanzia. “In primo luogo, la voce perché si riscatta dal testo e comincia a diventare uno strumento musicale. Prima di salire sul palcoscenico, di solito penso: «come suono la mia voce? E come la mia voce diventa la drammaturgia di un’idea?», perché il teatro, come ogni lavoro artistico, non può solo raccontare o illustrare ma deve rivelare la parola. E poi l’infanzia, perché è tutto ciò che viene prima del linguaggio. In particolare, per interpretare il racconto di Conrad, ho detto alla mia voce di prendere sulle corde vocali tutto il peso del tifone senza l’utilizzo di strumenti elettronici, accompagnata solo da un pianoforte, semplicemente immaginando il ritmo e la danza delle azioni di un vento furioso”, conclude la regista.
Sabrina Sabatino
La sperimentazione teatrale di Chiara Guidi prende le mosse da una ricerca critica sul testo letterario ai fini della sua riscrittura: “io non potrei mai fare un teatro succube della letteratura né mettere in scena un testo che si limiti a raccontare in maniera illustrativa quello che il libro dice, altrimenti la conoscenza non sarebbe mai reinventata. Quando scelgo un dramma, significa che la sua lettura mi ha sedotto e voglio comprendere non tanto il significato, ma individuare delle traiettorie che portano con sé altre domande. Ma anche voi non andate a teatro per sentire ciò che potete leggere da soli né tantomeno chiedete di annoiarvi, piuttosto volete un’onda emotiva. D’altronde, sarebbe una bugia dire che si va a teatro o si legge un libro perché l’opera d’arte può dirci come risolvere un qualsiasi momento drammatico dell’esistenza: il potere dell’arte è, invece, quello di trasformarci”.
Ma prima di affondare le radici nel teatro, cosa si intende per ‘racconto’? “Il racconto è una voragine in cui lo scrittore ha la responsabilità etica di rendere giustizia alla realtà, mentre il lettore ha il compito di interrogarsi sul mondo in cui l’autore viveva, sulla genesi e sulla necessità della sua opera attivando un processo di creazione che rigenera il testo con uno sguardo di invenzione”, afferma l’artista. Che continua: “da qui l’intramontabilità delle opere d’arte del passato. Se non tutto è scritto nei libri e non c’è verità assoluta, si sfocia in una situazione di caos, aperto a tante possibilità, e il lettore/spettatore non può fare a meno di cercare ciò che non è visibile nell’arte, anche con l’onestà di aver mal interpretato. La lettura intensa di un’opera o la messa in scena di un lavoro sono come attraversare uno spazio alla fine del quale la ricerca diventa infinita e termina solo quando siamo noi a interromperla”.
All’interno di Socìetas, Chiara Guidi è impegnata in uno studio personale che si biforca in due direzioni: la costruzione e l’emissione della voce dal punto di vista musicale e il teatro per l’infanzia. “In primo luogo, la voce perché si riscatta dal testo e comincia a diventare uno strumento musicale. Prima di salire sul palcoscenico, di solito penso: «come suono la mia voce? E come la mia voce diventa la drammaturgia di un’idea?», perché il teatro, come ogni lavoro artistico, non può solo raccontare o illustrare ma deve rivelare la parola. E poi l’infanzia, perché è tutto ciò che viene prima del linguaggio. In particolare, per interpretare il racconto di Conrad, ho detto alla mia voce di prendere sulle corde vocali tutto il peso del tifone senza l’utilizzo di strumenti elettronici, accompagnata solo da un pianoforte, semplicemente immaginando il ritmo e la danza delle azioni di un vento furioso”, conclude la regista.
Sabrina Sabatino